Storie

«Il fatto che facciamo le registe a molti uomini non va giù»

Flavia Triggiani e Marina Loi, autrici di Sulle tracce dell’assassino. Il caso Yara, hanno raccontato a La Svolta la loro esperienza nel mondo delle produzioni audiovisive, un campo che – ci dicono i dati – è ancora una roccaforte maschile
Credit: Sibilla Mercuri
Tempo di lettura 5 min lettura
30 novembre 2022 Aggiornato alle 22:00

Le donne nel mondo del cinema e dell’audiovisivo sono ancora poche. Troppo poche, secondo il Rapporto dell’Osservatorio del MiC sulla Parità di Genere, che ha rilevato come il rapporto tra le donne e gli uomini nella regia dei lungometraggi sia da 1 a 10, mentre le donne nella sceneggiatura, nel montaggio e nella produzione non superino il 25%.

Amiche nella vita e coppia professionale sul lavoro, Flavia Triggiani e Marina Loi, giornaliste, autrici, registe, sono la dimostrazione che fare squadra fra donne (e farlo in un mondo di uomini) è possibile, e dopo il grande successo internazionale del documentario Lady Gucci, firmano la docuserie Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara, in onda il 1 e l’8 dicembre sul canale Nove Discovery Warner Bros.

Ormai esperte di true crime e crimini violenti, a La Svolta hanno raccontato non solo cosa significa fare un mestiere “da uomini”, ma anche come e perché c’è ancora tanta strada da fare quando parliamo della violenza di genere e della sua rappresentazione.

Dopo aver affrontato tanti casi criminali, c’è qualcosa che avete intuito sul perché in Italia ci sia tanta violenza nei confronti delle donne?

Loi: Credo che il femminicidio discenda da una cultura maschilista, da un senso di possesso sedimentatosi nel tempo. Solo fino a pochi decenni fa in Italia era ancora in vigore il delitto d’onore e lo stupro era considerato un delitto contro la moralità e non contro la persona.

Triggiani: Nasce anche da uno sbagliato senso del possesso che deriva da un narcisismo patologico. È la cosiddetta ferita narcisistica che fa sì che una persona, che sia uomo o donna, non possa sopportare l’idea di perdere “qualcosa” che crede sua.

La stampa ha una dose di responsabilità nel trattare questo argomento?

Loi: Leggo spesso titoli agghiaccianti che riguardano le vittime, il victim blaming è un fenomeno ancora attuale ed è inaccettabile. Occorrerebbe un’educazione al rispetto, e crediamo che anche i media potrebbero essere d’aiuto, ma spesso invece alimentano questa cultura distorta.

Triggiani: Noi stesse ci scontriamo spesso con questa visione distorta del femminile. Il fatto che facciamo le registe oltre che le autrici è qualcosa che a molti uomini non va giù. Riusciamo a far valere la nostra voce con l’impegno e la professionalità, ma dobbiamo lavorare più degli uomini per dimostrare il nostro valore.

C’è un eccessivo interesse nei confronti delle storie crime. Non trovate che ci possa essere il rischio che dei criminali diventino degli eroi?

Loi: C’è molto interesse nei confronti del Crime ma non crediamo si tratti solo di morbosità. Le persone spesso hanno bisogno di capire, di vedere quel lato nero che è in fondo a tutti noi. Credo di non aver mai esaltato una persona che si è macchiata di un delitto. Il nostro rispetto per le vittime, per i loro parenti e per il dolore che portano ancora dentro, ci guida e ci spinge a evitare morbosità e mitizzazione dei colpevoli.

Avete mai avuto personalmente a che fare con un ambiente tossico, molesto e discriminante?

Loi: Da giovane ho avuto qualche esperienza di questo genere, amori basati più sul possesso che sul rispetto e sul desiderio del maschio di farti sentire sempre inadeguata per poterti mettere in una sorta di gabbia, anche se solo metaforica. Sono stata anche vittima di stalking al punto che la mia famiglia aveva paura che uscissi di casa. Per fortuna sono qui a raccontarlo ma questa esperienza mi rende molto più sensibile nei confronti delle donne maltrattate. Nessuna di noi si può sentire sicura, perché questo genere di uomini applica una serie di strategie per cui a volte, quando ti rendi conto del pericolo che stai correndo, è troppo tardi.

Triggiani: Anche l’ambiente in cui lavoriamo discrimina le donne. Per fortuna c’è chi apprezza il nostro modo di lavorare, che naturalmente porta con sé una componente femminile, più empatica ma anche molto efficiente.

Come dividete il vostro lavoro e come riuscite a portare avanti un sodalizio che dura da molto tempo?

Triggiani: Riusciamo a lavorare insieme perché siamo complementari, organizzate e sempre in armonia. Il fatto che due donne siano autrici e registe e soprattutto amiche stupisce molte persone perché effettivamente se andiamo a vedere non esistono coppie di donne che lavorano così in sintonia. Ci sono molti uomini che lavorano in coppia, firmano la regia insieme, o scrivono, ma di donne non ho mai sentito. Questo purtroppo è un problema del nostro sesso: il non saper fare squadra. Se le donne riunissero le forze il mondo forse sarebbe tutto un altro.

Loi: Tutte e due facciamo tutto, ma se proprio dobbiamo fare delle piccole distinzioni, io mi occupo più della parte di scrittura, mentre Flavia è una specie di genio al montaggio.

Cosa volevate fare da piccole?

Loi: Da piccolissima volevo fare l’inviata e regista di documentari sulla natura perché ho un amore viscerale nei confronti degli animali. Da adolescente leggevo molti gialli ma anche i casi clinici di Freud. In fondo ho unito queste passioni: la regia, l’investigazione ma anche le trame che si dipanano nella mente di una persona che si macchia di delitti efferati. Nei nostri documentari non mancano infatti criminologi e neuropsichiatri, per cercare di capire il perché di tanta violenza.

Triggiani: Ho sempre sognato di fare la giornalista, e mi ritengo fortunata perché posso fare il mio lavoro in libertà. Le mie esperienze giornalistiche mi hanno aiutata molto anche nella carriera da autrice e regista, fornendomi molti spunti di riflessioni. Quando monto un film ho già in mente come si dipanerà la trama.

Progetti futuri?

Attualmente stiamo lavorando al programma di Giancarlo De Cataldo, Cronache criminali, su Rai 1. Sono in uscita altri due documentari, uno sulla terribile storia di Desirée Piovanelli, uccisa dal branco e l’altro su Isabella Noventa, vittima di un trio diabolico. Stiamo anche scrivendo un documentario sulla vita di Moana Pozzi. Insomma, abbiamo ancora molte storie da raccontare!

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