Ambiente

Il lato insostenibile delle rinnovabili

Sono le aree più povere del mondo a pagare la transizione energetica. Offrendo lavoratori sfruttati nelle miniere o per realizzare pannelli fotovoltaici
Credit: dailymaverick.co.za
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30 novembre 2022 Aggiornato alle 21:00

Anche la rivoluzione elettrica e rinnovabile ha un impatto, non sempre positivo, per il Pianeta.

Un po’ come il discorso delle emissioni che stiamo tentando di combattere, quelle per cui oggi pagano il conto della crisi climatica soprattutto paesi vulnerabili che poco incidono sulle emissioni globali, anche la transizione energetica nasconde disuguaglianze simili: per permettere l’avvento delle auto elettriche migliaia di cittadini delle zone più povere del Pianeta subiscono l’impatto dell’estrazione di minerali e terre rare, così come per lo sviluppo del fotovoltaico a farne le spese sono spesso i meno abbienti di Cina, Africa e Sudamerica.

Squilibri del genere sono ben raccontati a esempio in un reportage appena pubblicato su RestOfWorld che indaga i danni da estrazione del nichel in Indonesia. Questo elemento fondamentale per esempio nella realizzazione dell’acciaio inox e oggi richiestissimo per batterie e componenti delle auto elettriche a inizio anno ha visto addirittura quadruplicare il suo prezzo.

Con gli obiettivi climatici che si sono imposti Unione europea, Cina, Usa e altre grandi potenze - piani che prevedono percorsi verso la neutralità climatica anche attraverso la grande diffusione delle auto elettriche entro il 2035 - il nichel sarà sempre più richiesto.

Insieme all’Australia uno dei Paesi con maggiori riserve di questo elemento è l’Indonesia.

Qui, a esempio nell’area di Kurisa, operano enormi aziende di estrazione come la Indonesia Morowali Industrial Park (Imip) che grazie al sostegno cinese hanno trasformato interi territori al solo scopo di estrarre.

Per riuscirci, per ottenere più materie destinate alle componenti dei veicoli elettrici, da ormai sette anni sono in funzione enormi impianti alimentati per lo più con combustibili fossili (carbone in questo caso) che hanno portato a un forte inquinamento delle acque e delle foreste indonesiane.

Se da una parte si scava in nome della transizione energetica, dall’altra ambiente e residenti - anche con un aumento di malattie respiratorie - pagano il prezzo.

Il nichel estratto è destinato sia ad aumentare il mercato dell’elettrico in Indonesia, ma anche alla Cina e a nuovi accordi con grandi case (Tesla) che traggono profitti grazie da quanto estratto nel Sulawesi.

Più i mercati globali andranno verso l’elettrico - con l’Europa dove, a esempio, il 18% delle nuove auto immatricolate nel 2021 era elettrico o ibrido - più in Paesi lontani e spesso meno abbienti rischiano di pagare alti prezzi ambientali se non ci saranno ulteriori regolamentazioni e controlli.

Per nichel, litio, cobalto e terre rare - che stanno aumentando vertiginosamente i loro prezzi - sono previsti ovunque massicci sforzi di estrazione.

Questo però può avere conseguenze impattanti: sappiamo già per esempio in Cile come l’estrazione di litio dalle saline dell’Atacama sta privando dell’acqua e di diritti alcune popolazioni indigene, oppure in Congo dove le miniere di cobalto hanno costretto migliaia di persone a migrare.

Anche in Indonesia gli impianti estrattivi stanno già lasciando ferite profonde: a pagarne sono le acque del mare, inquinate e calde, dove è sempre più difficile pescare. Ma è anche l’aria insalubre - per esempio inquinata con anidride solforosa, cenere, ossidi di azoto - oppure la terra che dà meno frutti.

Nella zona di Kawasi nel 2020 sono stati registrati quasi mille casi di infezioni respiratorie acute potenzialmente mortali: la metà riguardava bimbi con meno di quattro anni. Eppure, in quelle zone sfruttate per agevolare l’avvento dell’elettrico nel mondo, ci sono pochissime cliniche, centri ambientali di controllo o sicurezza.

Se questo volto sporco dell’elettrico comincia a emergere, quello relativo all’altra grande rivoluzione necessaria per smarcarci dalle fonti fossili, ovvero le rinnovabili, è ancor più invisibile.

Negli ultimi giorni però il Clean Energy Council di Australia ha avverto sulla crescita di evidenti prove di lavoro forzato e condizioni di schiavitù anche in meccanismi di produzione di pannelli solari, oppure turbine eoliche, esortando i governi ad agire per eliminare queste ingiustizie.

Il rapporto presentato dal Clean Energy Council chiede di agevolare maggiori produzioni locali dei componenti di energia rinnovabile (in modo da avere un controllo più forte) e di promuovere uno schema di “certificato di origine” per contrastare le preoccupazioni relative allo sfruttamento dei lavoratori per esempio in Cina, Africa e Sudamerica.

Il rapporto, che traccia una panoramica globale, cita come circa 2,6 milioni di uiguri e kazaki sono stati “sottoposti a coercizione e programmi di rieducazione” e internamento nella regione dello Xinjiang, nel nord-ovest della Cina, zona che è la fonte del 40-45% del silicio destinato al solare del mondo.

Nella stessa zona, un rapporto dell’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani tre mesi aveva rilevato “gravi violazioni dei diritti umani” e gli Stati Uniti hanno elencato il silicio cinese come materiale che potrebbe essere stato prodotto da lavoro minorile o forzato.

Il report si sofferma poi anche sulle batterie, con i problemi di estrazione nella Repubblica Democratica del Congo, da cui arriva quasi un terzo del cobalto.

Qui, ricorda il Council, Amnesty International ha scoperto che bambini, alcuni di appena sette anni, lavoravano nelle miniere artigianali di cobalto spesso per meno di 2 dollari al giorno.

Anche per l’eolico c’è un’altra faccia della medaglia: per esempio certi tipi di legname come il legno di balsa e altro materiale utilizzato per le pale delle turbine hanno portato i lavoratori nella regione amazzonica dell’Ecuador a essere “soggetti a condizioni di lavoro inferiori agli standard, compreso il pagamento effettuato con alcol o droghe”.

Inoltre la domanda in quell’area del Pianeta ha aumentato la deforestazione. Tutte condizioni che pongono un ragionamento doveroso: per andare verso una transizione dal fossile alle energie pulite, anche i diritti dei popoli e dei lavoratori devono essere trasparenti e soprattutto rispettati.

Come chiosa il rapporto, “industria, governi, il settore finanziario e la società civile devono lavorare insieme per fornire l’accesso all’ energia rinnovabile a costi competitivi e senza schiavitù o in caso contrario la schiavitù moderna rischia di complicare in modo significativo la giusta transizione verso un’economia decarbonizzata”.

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