Ambiente

Pianura Padana? Ha l’aria più inquinata d’Europa

La conferma arriva dall’ultimo report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente: il 96% della popolazione urbana Ue è esposta a livelli di inquinamento atmosferico superiori a quelli stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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30 novembre 2022 Aggiornato alle 09:00

La Pianura Padana è la zona con l’aria più inquinata d’Europa. Gli abitanti probabilmente il dubbio lo avevano già da tempo ma a tramutarlo in certezza granitica è stata l’Agenzia Europea dell’Ambiente tramite il suo ultimo rapporto che fotografa la situazione continentale nel 2020.

Analizzandolo una cosa appare subito chiara: anche se molti parametri registrano miglioramenti rispetto al 2005, a livello complessivo parlare di tendenza positiva è azzardato, visto che nell’anno preso in considerazione dal report, nell’Unione europea il 96% della popolazione urbana è stata esposta a livelli di inquinamento atmosferico superiori a quelli di riferimento stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Questo ovviamente ha un duplice e in entrambi casi negativo effetto che si riversa sulla salute dei cittadini e su quella del Pianeta.

Qualità dell’aria

Nonostante le emissioni dei principali inquinanti e le loro concentrazioni nell’aria siano diminuite in modo significativo, la qualità di ciò che respiriamo rimane bassa in molte aree.

La parte del leone la fanno le emissioni di Pm 10, per le quali l’Italia si piazza al primo posto, e in particolare la Pianura Padana, che a causa soprattutto dell’alto numero di industrie e delle sue condizioni meteorologiche e geografiche, sfora molto spesso i limiti.

Sempre nel nostro Paese, ma in generale in tutta l’Europa centro-orientale, si sono registrate anche le più alte concentrazioni di Pm 2.5 e benzo(a)pirene.

I livelli dannosi di deposizione di azoto, inoltre, sono stati superati nel 75% della superficie totale dell’Unione europea, seppur con una diminuzione del 12% dal 2005.

Anche le concentrazioni di biossido di azoto (NO 2) sono temporaneamente diminuite (fino al 25% nelle principali città di Francia, Italia e Spagna), ma in questo caso a incidere sulla flessione è stato un evento specifico e, si spera, irripetibile: la riduzione del trasporto su strada durante i lockdown dovuti alla pandemia.

La percentuale più consistente di emissioni nocive deriva dai sistemi di riscaldamento delle case private e degli edifici commerciali e istituzionali, responsabile del 44% di quelle di Pm10 e del 58% di Pm2.5. L’agricoltura impatta invece per il 94% delle emissioni di ammoniaca e il 56% di metano, e il trasporto su strada per il 37% dell’innalzamento dei livelli di ossidi di azoto nell’aria.

Impatto sulla salute

Questo quadro sconfortante inevitabilmente incide sulla salute dei cittadini con conseguenze a volte irreversibili.

Nel 2020, l’esposizione all’inquinamento atmosferico da Pm 2.5 ha provocato infatti 238.000 morti premature nell’Unione europea, l’esposizione al biossido di azoto al di sopra del rispettivo livello di riferimento 49.000 e quella acuta all’ozono 24.000.

Anche se i decessi attribuibili al Pm 2.5 sono diminuiti del 45% rispetto al 2005, la situazione non si può certo dirsi rosea, anche alla luce dei dati relativi a chi convive con malattie legate a questo fenomeno.

Nel 2019, l’esposizione al Pm 2,5 ha portato a 175.702 anni vissuti con disabilità a causa di broncopneumopatia cronica ostruttiva in 30 Paesi europei e quella al biossido di azoto a 175.070 con disabilità dovute al diabete di tipo 2 in 31 Stati. Nello stesso anno, 12.253 persone in 23 Paesi sono state ricoverate in ospedale con infezioni delle vie respiratorie inferiori derivanti dall’esposizione acuta all’ozono.

Conseguenze sull’ambiente

Per quanto riguarda il Pianeta, i danni più grandi sono dati dagli ossidi di azoto e dall’anidride solforosa.

In particolare, l’ozono troposferico danneggia le colture agricole e la vegetazione e riduce i raccolti e la biodiversità, al punto che nel 2020 i livelli critici per la protezione delle foreste sono stati superati nel 59% della superficie forestale totale dei 32 Paesi membri del See (Spazio Economico Europeo).

Le misure messe in campo dall’Europa

Per far fronte al fenomeno l’Europa con il Green Deal ha stilato un piano d’azione sull’inquinamento zero che fissa per il 2030 l’obiettivo di una riduzione del 25% della quota di ecosistemi interessati dall’inquinamento atmosferico rispetto al 2005 e di oltre il 55% di morti premature attribuite all’esposizione al Pm 2.5.

Inoltre, nel 2020 la Commissione europea ha avviato una revisione delle direttive sulla qualità dell’aria, con l’obiettivo di allineare maggiormente gli standard alle raccomandazioni dell’Oms e rafforzare le disposizioni sul monitoraggio e la modellazione della qualità dell’aria e sullo sviluppo di piani per aiutare le autorità locali a ottenere un’aria più pulita. Parallelamente, sono previsti anche requisiti più severi per contrastare l’inquinamento atmosferico alla fonte, e quindi in agricoltura, nelle industria, nei trasporti e negli edifici.

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