Economia

Rincari: quanto costa fare la spesa?

Secondo Istat, a pesare maggiormente nel carrello degli italiani è il burro (+42% rispetto all’anno scorso), seguito da latte, formaggi, uova e pane (+16%)
Credit: Justin Vallée/pexels
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21 novembre 2022 Aggiornato alle 17:30

Negli ultimi mesi l’inflazione è cresciuta in maniera esponenziale, diventando una delle principali preoccupazioni avvertite dalla popolazione a livello internazionale. Nel mese di ottobre i beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono passati dal +10,9 al +12,7%, mentre i prodotti ad “alta frequenza” d’acquisto da +8,4 a +8,9%. Fare la spesa oggi costa quasi il 13% in più rispetto allo scorso anno, un livello record che non si raggiungeva dal 1983.

Gli aumenti riguardano ogni reparto del supermercato, a partire da quelli al consumo che hanno fatto registrare un incremento del 3,4% su base mensile e dell’11,8% su base annua.

Questa forte accelerazione dell’inflazione è dovuta per lo più a motivi legati al rincaro dei beni energetici, sia regolamentati che non, in misura minore ai prezzi dei beni alimentari, sia lavorati che non, e agli altri beni, durevoli e non. Rallentano invece i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, che passano da +5,7 a + 5,2%.

Lo scenario fortemente critico che stiamo vivendo - tra aumento dei costi delle materie prime, guerra in Ucraina e crisi energetica - non lascia molto spazio all’immaginazione e la corsa ai prezzi del cibo era ampiamente prevedibile. Dall’inizio dell’anno i costi di produzione delle aziende alimentari sono saliti del 16% e, a differenza delle grandi imprese, le piccole e medie non sono in grado di assorbire questo genere di costi al proprio interno e sono costrette ad aumentare ancora i prezzi.

Altroconsumo ha stilato una classifica degli aumenti sullo scaffale, come ogni mese, basandosi su 10 prodotti di prima necessità e sul prezzo effettivamente praticato al punto vendita della grande distribuzione italiana. La prima cosa che salta all’occhio è che su 10 prodotti, 9 hanno subito un aumento in percentuale a doppia cifra rispetto allo scorso anno. A guidare la classifica resta l’olio di semi, ma anche la margarina segna rincari consistenti con un +26,5% .

L’ondata degli aumenti è preoccupante soprattutto perché colpisce tutti i beni di prima necessità, creando, dunque, disagi in primis alle famiglie più svantaggiate, che dichiarano di voler contenere la spesa e ridurre l’utilizzo.

Nella graduatoria Istat dei rincari che incidono di più sulla spesa quotidiana, invece, ci sono il burro con un +42,8% rispetto a un anno fa, il riso con un +26,4%, la farina con oltre il 24% in più e il pane con il 16%. Anche i prodotti freschi come latte, formaggi e uova segnano un forte rincaro del 16,3%.

Questi rialzi dei prezzi costeranno 564 euro in più soltanto per la spesa alimentare, aggravando un trend che vede già oltre 2,6 milioni di persone costrette a chiedere aiuto per mangiare.

I costanti aumenti portano il consumatore a essere sempre più attento a cosa acquista e in particolare al prezzo che sta pagando per la quantità contenuta: così inizia a rendersi conto del fenomeno, sempre più diffuso, della shrinkflation. Si tratta di un evento che si osserva ormai da anni e che consiste nella tendenza dei produttori a ridurre la quantità di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce, seppur in misura limitata, un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. È uno stratagemma che viene utilizzato per aumentare i prezzi in maniera poco trasparente, senza che un consumatore poco attento se ne accorga.

La spesa annua per consumi dei nuclei familiari è fortemente diversificata sul territorio, con le famiglie del Nord che spendono di più rispetto a quelle che vivono nel Mezzogiorno, e questo significa che il tasso di inflazione ha effetti diversi sulle tasche dei consumatori.

È stata elaborata una classifica delle regioni italiane dove i listini al dettaglio crescono di più, seguendo i dati Istat diffusi il 16 novembre: al primo posto troviamo la Sicilia, con inflazione al 14,4% pari a 3.487 euro spesi in più all’anno, per famiglia. Al secondo posto troviamo la Liguria con un’inflazione del 13,8%, seguita dalla Sardegna con il 13,6%.

Saltando all’ultimo posto troviamo la Valle d’Aosta con inflazione all’8,8% e un +2.962 euro annui a famiglia. L’unica contromisura adottata dalle famiglie è quella di ridurre i volumi dei propri acquisti. Ad apparire particolarmente in difficoltà è la socialità fuori casa, con oltre il 70% dei clienti di ristoranti e bar che ridurrà la propria frequentazione. Resta comunque molto importante la percezione della gente sull’inflazione, poiché è sulla base di essa che decidono come e quanto spendere.

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