Ambiente

Piante da appartamento: sono “green” per davvero?

Forse no. Queste verdi oasi domestiche potrebbero infatti non migliorare la qualità dell’aria indoor. E nemmeno essere ecofriendly
Credit: Dettagli Home Decor
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
23 novembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Vedere le nostre case piene di verdi piante rigogliose ci fa sentire bene con noi stessi e con il pianeta.

Aria più pulita, alta instagrammabilità e massima sostenibilità. O forse no.

Se anche tu sei unə fierə possessorə di una lussureggiante oasi domestica, forse dovresti sapere che non è esattamente così. Secondo un’analisi della Cnn che riassume numerose ricerche sul tema, infatti, non solo le piante da appartamento non avrebbero effetti significativi in termini di miglioramento della qualità dell’aria come si credeva inizialmente, ma avrebbero soprattutto un impatto sul pianeta, smentendo il loro aspetto ecologico.

I “plant parents” orgogliosi sono in crescita, come è evidente anche da una semplice occhiata sui social: l’hashtag #plantsoftiktok (uno tra i tanti) ha accumulato oltre 6 miliardi di visualizzazioni. Solo negli Stati Uniti, nel 2019 c’erano più di 2.300 coltivatori di piante da interno e le vendite sono state pari a 691 milioni di dollari, secondo un rapporto del censimento del Dipartimento dell’Agricoltura. Numeri che oggi sono sicuramente in crescita, se è vero che già l’anno successivo le ricerche di piante da appartamento come “pothos” hanno fatto registrare un picco tra i trend di Google. Del resto, creare oasi in perfetto Pinterest-style in casa è diventato facile e veloce, grazie anche a siti di consegna a domicilio che offrono alternative ai negozi locali.

Eppure, spiega Jaqui Palumbo, in tutto questo verde di “green” ce n’è meno di quello che potremmo pensare. Se l’effetto benefico sull’aria che respiriamo era già stato ridimensionato da uno studio del 2019 dal titolo “Potted plants do not improve indoor air quality”, ora anche l’aspetto della sostenibilità delle piante è in discussione, anche se potrebbe sembrare un controsenso.

«Dietro il tuo negozio di piante locale o e-retailer c’è un’industria multimiliardaria che richiede un’enorme quantità di risorse per coltivare e trasportare la vegetazione per raggiungere la tua casa», spiega Palumbo.

Sebbene i benefici del giardinaggio (indoor e outdoor) siano innegabili, è però fondamentale essere consapevoli dei costi nascosti e di tutte le risorse necessarie per coltivare e mantenere le piante d’appartamento, per cercare di trovare un equilibrio che possa fare bene a noi e all’ambiente.

Non solo il consumo di acqua necessario all’irrigazione può mettere in crisi le aree già soggette a siccità, ma è soprattutto l’utilizzo di fertilizzanti che può avere un impatto ambientale dannoso. È il caso, a esempio, dei nitriti che secondo un rapporto del 2012 dell’Uc Davis hanno contaminato la baia di Chesapeake, il più grande estuario degli Stati Uniti, e l’acqua potabile della California, o del protossido di azoto, un gas serra emesso da questi fertilizzanti che riscalda l’atmosfera quasi 300 volte di più dell’anidride carbonica.

Fare a meno di fertilizzanti e pesticidi, però, non si può: «le piante da interno e altri prodotti per vivai sono prodotti estetici», ha spiegato alla Cnn il dott. Loren R. Oki, specialista in orticoltura ambientale presso l’Università della California, e condirettore presso l’Università della California Nursery and Floriculture Alliance. «Devono essere perfette. Se la pianta ha una foglia marrone sopra, la gente non la comprerà. Quindi ci sono anche le pressioni del consumatore che anche i coltivatori devono soddisfare».

Anche le torbiere da cui proviene la torba che costituisce gran parte del terriccio sono in crisi, ovviamente non solo a causa del giardinaggio indoor ma di incendi e, più in generale dello sviluppo. Questo, però, ne rende particolarmente difficile l’uso in orticoltura. La sua capacità di assorbire e immagazzinare carbonio, infatti, è fondamentale per proteggere l’ambiente: le torbiere danneggiate fanno il contrario, emettendo almeno 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno, secondo Nature.

A rendere poco sostenibile il mercato delle piante di appartamento è però anche un altro aspetto: dai vasi ai sacchi di terra, alle etichette fino alle buste, l’utilizzo della plastica monouso è ancora estremamente diffuso. Per fare un esempio tra tutti, se guardiamo ai vasi di plastica in cui arrivano le piante d’appartamento, scopriamo che secondo l’Usda i grandi coltivatori e vivai usano decine di milioni di vasi di plastica in una sola stagione. Per la maggior parte non sono riciclabili e il 98% finisce nelle discariche. Nel 2009, l’Usda ha calcolato che l’industria delle colture in container aveva prodotto 4 miliardi di unità, pari a 750.000 tonnellate di plastica.

Le alternative ci sono – anche se, ovviamente, sono più costose e di minore reperibilità – e oltre a fare bene al pianeta sono la scelta migliore anche per le amate pargole verdi: i vasi biodegradabili, infatti, mantengono le piante più sane perché permettono più scambio di aria e acqua e, a seconda del materiale, possono aiutare a fertilizzare le radici.

I bio-vasi, però, sono solo uno degli aspetti che è necessario considerare quando si parla di piante da interne e sostenibilità. Quello che dovrebbe davvero cambiare è l’approccio: è importante acquistare con consapevolezza, proprio come facciamo quando pensiamo al cibo che arriva sulla nostra tavola o agli indumenti che indossiamo.

Scegliere rivenditori locali e piante del territorio può essere un primo passo per ridurre quello che Palumbo chiama il nostro “plant miles” e le emissioni collegate al nostro acquisto, così come informarsi da dove e come arrivano da noi le piante che acquistiamo online. Ma anche smettere di acquistare e utilizzare le talee per creare nuove piante, magari da quelle di un amico plant-addicted, può essere una nuova, più sostenibile, strada da percorrere.

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