Diritti

Onu: «Russia e Ucraina hanno torturato i prigionieri»

L’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani riferisce di trattamenti disumani da parte di entrambe le parti in conflitto, e invita Mosca a consentire il libero accesso ai detenuti
Credit: TIM BRAKEMEIER
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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18 novembre 2022 Aggiornato alle 16:00

Russia e Ucraina hanno torturato i prigionieri di guerra durante i nove mesi del conflitto ancora in corso iniziato a febbraio di quest’anno. A riportarlo è l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), che ha analizzato i risultati raccolti dal gruppo di monitoraggio sulla base delle interviste realizzate su 159 prigionieri di guerra detenuti dalla Federazione Russa e 175 detenuti dall’Ucraina.

L’Osservatorio delle Nazioni unite, si legge nel rapporto pubblicato il 15 novembre, ha documentato «trattamenti che possono equivalere a torture o trattamenti disumani». Tra questi percosse, minacce di violenza sessuale e scosse elettriche distribuite con il taser o mediante il telefono militare “Tapik” TA-57.

Molti prigionieri ucraini hanno affermato che i soldati russi li hanno trattati con rispetto al momento della resa e che gli ufficiali li avevano protetti da qualsiasi tentativo di umiliarli, minacciarli o picchiarli. Tuttavia la maggioranza di loro si è lamentata del saccheggio dei propri averi, inclusi denaro, carte bancarie, gioielli, abiti, stivali e orologi.

Un prigioniero ucraino è morto in una struttura di detenzione improvvisata tre giorni dopo la sua cattura perché non gli era stata fornita un’adeguata assistenza medica. Diversi altri sono stati internati in celle sovraffollate o in luoghi come garage, fienili e fabbriche, senza servizi igienico-sanitari o condizioni di vita dignitose.

«La maggior parte dei prigionieri di guerra catturati da entrambe le parti in conflitto è detenuta in strutture di detenzione preventiva e colonie penali, in violazione del diritto umanitario internazionale (Diu), il quale prescrive che i prigionieri di guerra non debbano essere tenuti in isolamento e debbano essere accolti in condizioni favorevoli», afferma il rapporto dell’Onu.

Oltre l’80% degli ex prigionieri di guerra ucraini intervistati dall’Ohchr si è lamentato della quantità insufficiente o della scarsa qualità del cibo, al punto che «alcuni hanno identificato la fame come la sofferenza più grave subita durante la prigionia». In alcuni casi il cibo è diventato strumento di umiliazione, alcuni prigionieri hanno riferito di essere svenuti o di aver perso fino a un quarto del loro peso.

In genere agli ex prigionieri ucraini intervistati non era richiesto di svolgere un lavoro durante l’internamento, ma in un caso documentato dall’Ohchr i prigionieri sono stati utilizzati per caricare munizioni di artiglieria, in violazione dei diritti sanciti dalla Terza convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra.

Degli ucraini intervistati solo una manciata di loro è stata autorizzata a chiamare o inviare messaggi ai propri parenti, su base informale, e a nessuno è stata data la possibilità di inviare lettere. «Non riesco a spiegare quanto sia difficile per me. Ma la parte più difficile di tutto questo è continuare a spiegare alla nostra figlia piccola perché suo padre ha smesso di chiamare», ha riferito all’Ohchr la moglie di un prigioniero ucraino.

«Il divieto di tortura e maltrattamenti è assoluto, anche, anzi soprattutto, in tempi di conflitto armato», ha dichiarato Matilda Bogner, capo della Missione di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina. La prevenzione della tortura inizia con la garanzia che osservatori indipendenti abbiano accesso ai detenuti», ha aggiunto.

«La Federazione Russa – ha concluso – deve consentire, su base regolare, l’accesso pieno e senza ostacoli ai luoghi in cui possono trovarsi i prigionieri di guerra, in particolare i luoghi di internamento, anche consentendo colloqui riservati con i prigionieri di guerra. L’Ohchr rinnova i suoi appelli alle autorità russe affinché lo facciano prontamente».

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