Ambiente

Toscana: i problemi con la geotermia

I piani di transizione regionali prevedono di aumentare le centrali geotermiche. Osteggiate però da cittadini e ambientalisti per l’impatto sul territorio e il consumo delle falde acquifere
Impianto geotermico di Lardello (PI)
Impianto geotermico di Lardello (PI) Credit: Via enelgreenpower.com
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18 novembre 2022 Aggiornato alle 16:00

Nei prossimi anni l’Italia dovrà compiere numerosi sforzi per attuare la transizione energetica ed eco-sostenibile, rispettando i nuovi parametri dell’Unione europea che impongono al nostro Paese la riduzione del 43,7% delle emissioni di gas alteranti entro il 2030, nel settore agricolo, dei trasporti, degli edifici e delle Pmi rispetto all’anno 2005.

Per adempiere a questi obiettivi, oltre allo sviluppo delle rinnovabili legate al solare e all’eolico, gli enti statali stanno progettando l’espansione delle centrali geotermoelettriche, spinti anche dagli indirizzi programmatici del nuovo governo. Un’energia teoricamente disponibile in vaste parti del territorio italiano, ma soprattutto nell’area peritirrenica che coinvolge principalmente la Toscana, dove la geotermia è una risorsa sviluppata da molti decenni con 34 impianti.

Non tutti però condividono i pareri positivi degli enti governativi, essendo questo tipo di energia contestata da tempo da numerosi comitati di cittadini e ambientalisti per l’impatto sul territorio e il consumo delle falde acquifere: «Tale fonte energetica non può essere definita né rinnovabile né pulita. Un pozzo di estrazione dura venti, trent’anni. A Larderello dopo settanta e passa anni di sfruttamento è stato stimato che i pozzi abbiano due anni di vita. È energia pulita? Non proprio. Nel mondo le centrali amiatine sono tra le più inquinanti. Fanno a gara con due centrali per il cocktail di gas tossici», ha ammonito l’esperto di geotermia Carlo Carlucci.

Ma la combinazione fra crisi climatica-ambientale e la necessità di ridurre la dipendenza dal gas russo, sta spingendo le autorità ad accelerare i piani nella regione: «Dai dati presentati oggi emerge come il suo sviluppo in Italia abbia subìto una battuta d’arresto da circa un decennio. Credo che, soprattutto in virtù del momento storico che stiamo vivendo, sia doveroso superare gli ostacoli e garantire condizioni normative e finanziarie favorevoli alla crescita del settore. […] Si è prospettato un potenziale di raddoppio della produzione elettrica da geotermia in Toscana conseguibile a breve termine e, secondo i dati presentati al World Geothermal Congress, sarebbe possibile procedere a livello nazionale all’installazione di 360 MW già al 2035», ha dichiarato Emiliano Bravi, presidente del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (Co.Svi.G).

Nel settembre del 2022 il governo ha autorizzato due nuovi impianti, fra cui uno nel Comune di Abbadia San Salvatore (Si), in località Le Cascinelle, dopo che la Regione Toscana aveva dato il via libera alla centrale a ciclo binario proposta dalla società energetica Sorgenia.

L’impianto teoricamente soddisferà il fabbisogno elettrico di 32.000 famiglie producendo 80 GWh annui, evitando l’emissione in atmosfera di 40.000 tonnellate di CO2 all’anno: «Questa tipologia di centrale mi ha trovato subito favorevole e mi sono anche speso perché è quello di cui ha bisogno innanzitutto il mondo. Abbiamo bisogno di energie rinnovabili a impatto praticamente zero come questa. Lo chiede il territorio, perché quella zona va recuperata e riabilitata sotto tanti aspetti. La presenza di questa centrale implica un miglioramento non solo paesaggistico (c’è un bellissimo progetto di recupero dell’area fluviale), ma anche una filiera produttiva», ha affermato il sindaco Fabrizio Tondi di Abbadia San Salvatore.

Questa decisione ha sollevato nette critiche da parte di Cinzia Mammolotti, coordinatrice del Comitato di Salvaguardia Ambiente del M. Amiata, la quale ha spiegato alla Svolta la contrarietà all’impianto: «La tecnologia a ciclo binario proposta da Sorgenia per la centrale Le Cascinelle nella Val di Paglia, non è certo sostenibile e si basa su sondaggi effettuati non oltre i 200 metri di profondità, quando la centrale arriva a 1900 m. Non viene garantita la reiniezione totale dei fluidi a causa della presenza di gas incondensabili superiori all’1%. È previsto per legge il fermo centrale con emissioni a cielo aperto. Tra i maggiori rischi vi è la sismicità innescata come dallo studio del vulcanologo T. Braun commissionato dalla Regione. Rilevanti i prelievi di acqua dal fiume Paglia e notevoli i rischi per le acque termali di S. Filippo».

Inoltre, riguardo all’impatto ambientale derivante dai nuovi progetti ha ribadito che «comporterebbe un’azione devastante sulla risorsa idrica, strategica per 700.000 persone, senza considerare che l’acquifero del Monte Amiata, tra i più importanti della Toscana, già si è ridotto di circa il 50% e tra le cause figura anche lo sfruttamento geotermico. I risultati dello Studio epidemiologico Invetta, poi, non tranquillizzano: rilevanti le implicazioni sulla qualità dell’aria, sulle attività agricole e nei settori economici legati al turismo. L’energia geotermica è un’attività estrattiva mineraria, tra l’altro non rinnovabile né pulita, tantomeno in Amiata, per le caratteristiche geologiche, di origine vulcanica, del suo sottosuolo ricco di metalli pesanti tra cui mercurio, arsenico, ammoniaca, tallio, radon e idrogeno solforato senza considerare le emissioni di CO2 e di metano».

Non si placano quindi le polemiche e i contrasti fra i vari esperti, fra cui alcuni che evidenziano la possibile riduzione delle emissioni grazie a queste centrali. Ma nel frattempo, con il proseguio dei lavori, aumentano i comitati contrari alla geotermia, spaventati dall’alterazione dell’ecosistema locale, specialmente in zone dall’altissimo valore ambientale e caratterizzate da produzioni agroalimentari di eccellenza.

Nei territori del Monte Amiata si replica in piccolo quello che sta accadendo su scala globale, dove i progetti industriali-energetici, anche etichettati come “eco-sostenibili”, producono danni locali e alterazione degli habitat naturali. Nel caso specifico della Toscana, sempre secondo Cinzia Mammolotti, vi è anche una sordità da parte delle istituzioni: «La politica che governa la Regione, e quella provinciale e locale, non ascolta i territori. La Regione Toscana e gli assessori si sottraggono al confronto con la cittadinanza e rifuggono alle richieste di incontri. Nessun coinvolgimento della gente in scelte che saranno irreversibili per il Monte Amiata».

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