Diritti

Cop27: un incontro al maschile

Secondo un’analisi della Bbc, le donne rappresentano solo il 34% dei negoziatori presenti all’attuale conferenza sul clima dell’Onu. Alcuni team sono composti per oltre il 90% da uomini
Female activists holding banners and shout slogans as they celebrate Gender Day at the 2022 United Nations Climate Change Conference (COP27)
Female activists holding banners and shout slogans as they celebrate Gender Day at the 2022 United Nations Climate Change Conference (COP27) Credit: EPA/SEDAT SUNA
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
16 novembre 2022 Aggiornato alle 17:00

Sappiamo dell’esistenza della crisi climatica. Sappiamo che a pagarne le conseguenze maggiori sono, in particolare, i Paesi meno sviluppati. E sappiamo anche che sono le donne a sopportare un peso sproporzionato per il climate change. Ma, nonostante questa consapevolezza, la Cop27 si è rivelata una conferenza sui cambiamenti climatici che ha riunito molti uomini e pochissime donne.

Un’analisi dell’emittente britannica Bbc ha rilevato che le donne costituiscono meno del 34% dei negoziatori dei Paesi presenti al vertice delle Nazioni Unite che si sta svolgendo a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Alcuni team sono composti per oltre il 90% da uomini.

Il loro compito è di discutere questioni climatiche fondamentali, come i finanziamenti e la limitazione dell’uso dei combustibili fossili. E secondo funzionari governativi e attivisti, senza una maggiore rappresentanza femminile non è possibile affrontare queste questioni al meglio e la vita delle donne peggiorerà drammaticamente.

Nel 2011 i Paesi si erano impegnati ad aumentare il numero di donne presenti a questi negoziati, ma dal 2009 al 2021 la percentuale è aumentata di soli 8 punti, raggiungendo quota 38%. E ora è nuovamente scesa.

Nella foto di rito inaugurale in cui hanno posato tutti e 110 i leader mondiali riuniti alla Cop27, solo 10 erano donne (tra cui la neo presidente del Consiglio Giorgia Meloni, unica premier donna al G20). Nel 2009 solo il 10% dei capi delegazione erano donne e nel 2021 la cifra è salita al 13%.

Per la Women’s Environment and Development Organization, che tiene traccia della partecipazione femminile a questi eventi, si tratta di una delle più basse presenze femminili ai vertici Onu sul clima. Il declino è stato registrato nel 2015, con solo il 9% di donne tra i leader internazionali, mentre il record massimo è stato raggiunto nel 2017, con il 26%.

Solitamente la partecipazione femminile alle Cop è più alta nelle delegazioni dell’America Latina, dell’Europa occidentale e orientale, che spesso arriva al 45% - 50%, mentre rimane molto bassa in quelle africane e asiatiche, al 30%. “A questo ritmo, la parità di genere nelle delegazioni nazionali della Conferenza sul Clima non sarà raggiunta prima del 2040”, avverte la Women’s Environment and Development Organization.

Secondo Shirley Djukurna Krenak, un’esponente indigena del popolo Krenak di Minas Gerais, in Brasile, le donne sono sempre state «combattenti» per il Pianeta. Alla Bbc ha spiegato che capiscono «cosa significhi vivere in collettività» e prendersi cura degli altri e del mondo naturale. Le donne delle comunità indigene, in particolare, sono sempre state in prima linea per la protezione dell’ambiente e «devono essere rispettate e ascoltate».

La presidente del Comitato ristretto degli Stati Uniti sulla crisi climatica, Kathy Castor, ha definito «fondamentale» per l’azione climatica l’educazione delle giovani donne, «ma ciò significa che devono avere un posto al tavolo delle conferenze internazionali». Secondo l’ex ministra dell’ambiente canadese Catherine McKenna, avere più donne al tavolo potrebbe anche portare a risultati più durevoli perché storicamente hanno sostenuto soluzioni più eque e inclusive per il cambiamento climatico.

Le Nazioni Unite stimano che l’80% degli sfollati climatici siano donne, mentre un recente rapporto dell’organizzazione benefica ActionAid ha ribadito che siano donne e ragazze ad affrontare rischi maggiori e specifici con l’aggravarsi della crisi climatica: nelle nazioni in via di sviluppo, hanno una maggiore responsabilità nell’assicurare acqua, cibo e carburante per le loro famiglie, cosa che può essere più difficile durante inondazioni, siccità o altre crisi legate al clima. Le donne, poi, costituiscono la maggior parte dei lavoratori agricoli, e in caso di gravi eventi climatici il loro reddito può essere drasticamente ridotto.

Ma secondo le Nazioni Unite, alcune delle cause legali più famose intentate contro i governi per inerzia sul cambiamento climatico sono state intentate da donne, e il direttore globale per il genere presso la Banca mondiale, Hana Brixi, ha affermato che ci sono prove crescenti che la partecipazione delle donne migliora i risultati nei negoziati globali come la Cop27. È tempo di accettarlo.

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