Ambiente

Discorsi… da alberi

La teoria del Wood Wide Web - nata negli anni ‘90 - ipotizza l’esistenza di una rete sotterranea di radici e funghi collegati fra loro, per scambiarsi sostanze nutritive e segnali elettrici
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Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
18 novembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Sono poche le teorie scientifiche che, in tempi recenti, sono riuscite ad accendere l’immaginazione del pubblico come ha fatto il Wood Wide Web: una fitta rete di radici e filamenti fungini attraverso la quale gli alberi comunicherebbero fra loro, scambiandosi addirittura sostanze nutritive.

L’idea è nata sul finire degli anni ‘90 da studi che dimostravano come il glucosio, ma anche il carbonio e l’azoto, fosse capace di fluire tra gli alberi: in alcune foreste, i ricercatori avevano individuato dei funghi in grado di collegare le radici degli arbusti fra loro. I risultati degli studi - condotti dal team di ricerca coordinato dalla dottoressa Suzanne Simard e pubblicati nel 1997 sulla rivista Nature - suscitarono molto scalpore. Così, è stata coniata l’espressione Wood-Wide Web, mentre il dibattito in seno alla comunità scientifica - e non solo - divampava. L’articolo di Simard ha raccolto negli anni quasi 1.000 citazioni e il suo TED Talk del 2016 , How trees talk to each other, è stato visto più di 5 milioni di volte.

Nel suo libro The Hidden Life of Trees (William Collins, 13,75 dollari, 288 pagine) che ha venduto più di 2 milioni di copie, Peter Wohlleben, guardaboschi tedesco, ha citato Simard descrivendo le foreste come reti sociali e i funghi micorrizici come “cavi Internet in fibra ottica” che aiutano gli alberi e si informano vicendevolmente sui pericoli in vista, come la siccità. Queste teorie hanno pian piano scardinato la visione convenzionale delle foreste come un semplice agglomerato di arbusti e alberi.

Gli apici radicali - una parte delle radici - controllano lo sviluppo della pianta e ne determinano le forme e le direzioni di crescita. All’interno degli apici risiede la cosiddetta zona di transizione che, a dispetto delle dimensioni, inferiori al millimetro, sembra svolgere il ruolo di “cervello” della pianta. Questa minuscola sezione mostra il maggior consumo di ossigeno nella pianta e un’attività elettrica non molto diversa da quella dei nostri neuroni. Gli apici delle radici lavorano collaborativamente, creando un immenso network naturale che si estende per decine di chilometri e copre superfici di diverse centinaia di metri quadrati.

Alcuni scienziati, però, si sono spinti ben oltre, ipotizzando che circa l’80% delle piante abbia sulle radici un particolare fungo, lArbuscular mycorrhizal, che vive e si estende nel sottosuolo creando una rete di connessioni vegetali. Mentre il fungo rifornisce le radici con acqua e altre sostanze nutritive, la radice “cede” zuccheri al fungo: un rapporto simbiotico in cui entrambi gli organismi traggono reciprocamente vantaggio. Ma potrebbe esserci di più. Secondo alcuni studiosi, lungo i filamenti che connettono i funghi presenti su varie piante potrebbero scorrere sostanze nutritive e segnali elettrici: quindi anche informazioni.

Simard e decine di ricercatori dopo di lei hanno tentato di dimostrare l’incredibile somiglianza tra il funzionamento della rete Internet e di quella presente sotto le foreste, con nodi e alberi hub capaci di nutrirne altri, anche a grande distanza. Si tratta di ricerche in grado di dispiegare applicazioni pratiche importanti: per esempio per rendere i boschi più resilienti di fronte ai cambiamenti climatici o per sviluppare un settore agricolo sempre più biologico. Ma anche rispetto al settore tecnologico, con i cosiddetti “plantoidi”: ibridi robot pianta capaci di trovare petrolio, minerali rari o fare da sentinella in caso di inquinamento e persino, chissà, esplorare un giorno pianeti lontani.

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