Diritti

Africa: l’attivismo digitale delle donne

Uno studio del ricercatore Innocent Chiluwa ha analizzato il ruolo della rete e dei social network in cinque movimenti che lottano per l’emancipazione politica femminile in Ghana e Nigeria
Credit: Wikimedia Commons
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
12 novembre 2022 Aggiornato alle 15:00

L’attivismo digitale, noto anche come cyberattivismo, usa il web e i media online per mobilitare la massa e svolgere azione politica.

In alcune zone del mondo questi mezzi si rivelano indispensabili per dare voce a chi altrimenti, non l’avrebbe, come succede in Ghana e Nigeria, dove i movimenti per i diritti delle donne li sfruttano per sostenere la loro emancipazione in politica.

Come spiega il sito di informazione The Conversation, numerose organizzazioni nei due Paesi africani si battono per il diritto all’istruzione, al rispetto, alla giustizia sociale e all’inclusione nella leadership politica.

Innocent Chiluwa, che insegna Lingua, Media e Comunicazione digitale alla Covenant University, in Nigeria, ha condotto uno studio analizzando le campagne di advocacy online - un’attività che utilizza il web per promuovere qualcosa o qualcuno - di cinque gruppi d’azione al femminile che lavorano nelle due nazioni dell’Africa Occidentale sul Golfo di Guinea: il Nigerian Women Trust Fund, la Nigerian League of Women Voters, la Kudirat Initiative for Democracy, il Gender Centre For Empowering Development e la Network for Women’s Rights.

Il ricercatore ha indagato su come la comunicazione digitale possa aver potenziato o limitato le loro azioni e i loro obiettivi, prendendo in considerazione le informazioni sulle persone che interagiscono online, il loro rapporto reciproco, gli scopi della comunicazione, i temi trattati e il tipo di linguaggio utilizzato.

Concentrandosi sulle campagne per l’emancipazione politica Chiluwa ha scoperto che i siti web in questione hanno uno stile non conflittuale ma informano, promuovono e sensibilizzano. I contenuti, per la maggior parte in lingua inglese, celebrano le donne politiche di successo, esprimono resistenza e speranza, mostrano solidarietà e sostegno alle elette o candidate e invitano a rifiutare l’emarginazione e la vittimizzazione delle figure femminili in politica.

In una cultura fortemente patriarcale la rete aiuta le donne a parlare più liberamente e forse anche per questo i testi non sfidano esplicitamente l’autorità maschile ma chiedono la possibilità di decidere su questioni che le riguardano. Il linguaggio è incoraggiante, e non ostile nei confronti degli uomini.

Il cambiamento chiesto a gran voce sta avvenendo però solo nelle aree urbane, perché in quelle rurali l’accesso al web è limitato. In Nigeria e Ghana la rete non riesce a raggiungere numerose zone a causa dei bassi ricavi percepiti e dei costi di investimento elevati. Le aziende tecnologiche, infatti, non investono dove la popolazione è piccola o scarsamente distribuita e lì le donne sono ancora fortemente sottorappresentate.

In Ghana il 14% dei seggi in parlamento è occupato da donne dopo le elezioni del 2020, mentre in Nigeria la Camera dei Rappresentanti conta 18 donne su 360 membri e il Senato 8 su 109.

Con il sostegno delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana, però, molti Paesi del continente stanno facendo progressi: il Ruanda ad esempio ha il livello più alto al mondo di rappresentanza femminile nel Governo (61%), e nell’Africa subsahariana le donne al Governo hanno raggiunto una media regionale del 23,7% nel 2018.

Per quanto l’informazione online e le piattaforme web abbiano dimostrato di essere ottimi alleati per costruire gruppi di azione collettiva e mobilitare comunità di manifestanti, grazie all’accessibilità, sia economica sia in termini di facilità di utilizzo, alla velocità e alla capacità di raggiungere un gran numero di persone in tutto il mondo, esiste purtroppo il rovescio della medaglia: questi stessi strumenti possono essere utilizzati per diffondere odio e disinformazione.

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