Futuro

Perché Marte è invivibile?

Uno studio pubblicato su Nature Astronomy ha ricostruito l’evoluzione della vita sul Pianeta Rosso per capire come è cambiata l’atmosfera (e la potenzialità abitativa)
Rodnae Productions
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15 novembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Uno studio condotto da Boris Sauterey (University of Arizona), Benjamin Charnay (Sorbonne Université, Université Paris Cité), Antonin Affholder (Université Paris Sciences et Lettres), Stéphane Mazevet (Université de la côte d’Azur), e Régis Ferrière (University of Arizona), da poco pubblicato su Nature Astronomy, si è chiesto come si sia sviluppata la vita su Marte, facendo un confronto con la Terra.

Circa 4 miliardi di anni fa la biosfera sulla Terra era molto diversa, e avrebbe fornito un ambiente favorevole allo sviluppo della vita microbica. I primi esseri viventi non avevano ancora attivato i processi di fotosintesi che sono diventati poi la fonte principale di energia.

Queste forme di vita primordiale, infatti, consumavano le sostanze chimiche rilasciate dall’interno del pianeta per ricavare energia; sostanze che, attraverso i sistemi idrotermali e i vulcani, si accumulavano sotto forma di gas nell’atmosfera.

I microbi primordiali si nutrivano di anidride carbonica e idrogeno riuscendo a ricavare l’energia necessaria alla loro sopravvivenza e sviluppo, rilasciando in cambio quantità di metano, un gas serra che si è poi accumulato riscaldando il clima.

Questi microbi sono chiamati metanogeni, ed è anche grazie a loro che si sono verificate le condizioni ideali per la comparsa della vita sulla Terra: consumando l’energia messa a disposizione si sono sviluppati in acqua ed hanno colonizzato la superficie degli oceani terresti.

Sul pianeta rosso si sono sviluppate delle condizioni ambientali simili a quelle che sulla Terra hanno favorito lo sviluppo della vita: i microbi metanogeni hanno trovato riparo, dalle condizioni atmosferiche sfavorevoli, nello strato sottostante la crosta porosa di Marte.

Al riparo dai raggi Uv e con temperature più favorevoli, compatibili con la presenza di acqua allo stato liquido, i microbi si nutrivano abbondantemente di gas rilasciati all’interno della crosta. Gas che, una volta sprigionati, hanno determinato l’atmosfera di Marte e quindi la natura del clima.

Gli studiosi hanno cercato di identificare, attraverso l’elaborazione di dati tradotti in modelli, le caratteristiche chimico-fisiche della crosta di Marte, per comprendere l’effettiva possibilità di presenza di microbi metanogeni.

Quindi, i dati ottenuti sono stati interpolati con un modello finale che ha poi dato origine a una serie di scenari su come fosse Marte 4 miliardi di anni fa: l’obiettivo era identificare quel modello le cui caratteristiche permettevano la reale sopravvivenza dei microbi.

Partendo dall’assunto che i metanogeni marziani fossero simili a quelli terresti, almeno in termini di fabbisogno energetico, si è potuto valutare l’effettiva potenzialità abitativa di Marte.

Riassumendo: da un lato sono stati analizzati i risultati dei modelli sulla composizione chimico-fisica della crosta marziana; dall’altro sono stati analizzati i dati sul clima e sull’atmosfera generati dalla presenza dei microbi. Si è riusciti a combinare la scala microscopica dei microbi con quella globale del clima di Marte.

Raggiunto questo primo obiettivo lo studio ha poi indagato la composizione geologica di Marte: gli indizi geologici indicano che, circa 4 miliardi di anni fa, c’era un flusso d’acqua sulla superficie, a dimostrazione di come il clima fosse più temperato dell’attuale.

Il modello studiato per giustificare questo clima, ipotizza che Marte avesse una atmosfera densa e ricca principalmente di idrogeno, più della Terra, rendendo quindi il pianeta inabitabile.

Questo avrebbe creato un effetto serra amplificato, che comunque non avrebbe garantito la presenza di acqua allo stato liquido necessario per lo sviluppo dei microbi. Per il mantenimento dell’acqua allo stato liquido sulla superficie di Marte vuol dire che c’era uno strato superficiale ghiacciato.

Questo ghiaccio avrebbe impedito all’anidride carbonica e all’idrogeno, presenti in atmosfera, di penetrare nella crosta terrestre abitata dai microbi che si sarebbero quindi spostati nelle zone con clima più favorevole.

In definitiva, anche se non ci sono ancora delle prove concrete dell’esistenza di vita su Marte, è molto probabile che la crosta marziana abbia ospitato una biosfera sotterranea composta da microrganismi metanogeni.

Resta da capire se queste forme di vita marziane avrebbero potuto riscaldare il clima, come è accaduto sulla Terra, permettendo quindi l’evoluzione. Dai modelli sviluppati sembra sia stato impossibile: i metanogeni avrebbero consumato gran parte dell’idrogeno e rilasciato notevoli quantità di metano che avrebbe alterato pesantemente l’atmosfera.

Dagli studi emerge come l’idrogeno sia un gas serra più potente del metano, che genera effetti serra opposti a quelli attuali dell’atmosfera terreste. Mentre sulla Terra la vita primordiale ha contribuito a creare un clima favorevole, su Marte avrebbe raffreddato drasticamente il clima contribuendo alla formazione di ghiaccio.

Gli ipotetici microorganismi avrebbero quindi dovuto cercare condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza, spostandosi verso l’interno della crosta marziana ma più lontani dalla loro fonte energetica disponibile in atmosfera.

In questo modo, le azioni di queste forme di vita avrebbero fatto sì che Marte diventasse meno ospitale per la vita di quanto non fosse inizialmente.

Chissà se il lancio verso Marte, fissato per il 2028, con la missione di recuperare delle provette di suolo marziano da riportare sulla Terra, riuscirà a darci delle risposte in più.

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