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Ecomondo: investire nel green, ma alla larga dal greenwashing

A Rimini il panel presieduto da Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la finanza sostenibile, spiega come lo sviluppo abbia bisogno di una finanza più “eco” per scongiurare l’ambientalismo di facciata
Credit: Ash Cork/Pexels
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
9 novembre 2022 Aggiornato alle 21:00

Greta Thunberg, motivando la sua scelta di non partecipare alla Cop27, ha definito la conferenza internazionale sul clima in corso in Egitto un evento di greenwashing globale, una sorta di passerella per i leader mondiali che a favor di riflettori mettono in atto un ambientalismo di facciata e null’altro.

Una posizione netta verso la quale non sono mancati apprezzamenti ma nemmeno critiche da parte di chi sostiene che le linee che delimitano il greenwashing siano estremamente labili.

A prescindere dalle ragioni dell’attivista, il fatto che questo tema sia stato accostato a un evento di tale portata conferma la sua centralità nel dibattito attuale. Se ne è parlato anche a Ecomondo, nel corso di un convegno che ha cercato di fare chiarezza su quale sia, se esiste, il ruolo della finanza sostenibile proprio contro il greenwashing.

Incrementare la finanza sostenibile è imprescindibile per la ripresa post-pandemica e lo sviluppo sostenibile, tanto che secondo Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la Finanza Sostenibile «i due concetti sono collegati perché la prima è un’integrazione della seconda».

Tuttavia, mentre la domanda di titoli finanziari sostenibili continua a crescere, il greenwashing è diventato un aspetto da tenere in considerazione perché se non gestito e prevenuto in modo efficiente può minare gli sforzi verso la decarbonizzazione delle organizzazioni pubbliche e private. «Quando è nata la finanza sostenibile era una realtà di nicchia e la preoccupazione principale era solo incrementarla, mentre ora che è diventata mainstream ci si deve porre il problema di quale finanza sostenibile portare avanti».

Tra le sfide di oggi, quindi, il contrasto al greenwashing risulta essere una delle principali, alla quale tutti devono contribuire. Le autorità pubbliche attuando efficaci misure di policy basate sulla scienza, le aziende impegnandosi in un reporting di sostenibilità chiaro e preciso e gli investitori responsabili mettendo in pratica strategie e decisioni di investimento che non danneggino gli altri.

Anche i consumatori però devono fare la loro parte, chiedendo maggiore trasparenza e orientando le proprie scelte verso marchi più consapevoli.

Secondo Elisabetta Siracusa, senior advisor a Dg Fisma (direzione della Stabilità finanziaria e dei mercati dei capitali) «la finanza deve sostenere la transizione ecologica e porsi a fianco non di chi è già green ma di chi si impegna a diventarlo, e operare secondo i principi di resilienza e inclusione, permettendo non solo ai colossi ma anche alle piccole imprese di investire nel settore».

Tra le misure europee più efficaci per contrastare il greenwashing, Ecolebel Ue, il marchio di qualità ecologica dell’Unione europea istituito nel 1992, che contraddistingue prodotti e servizi che pur garantendo elevati standard prestazionali sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. In vigore nei 28 Paesi dell’Unione Europea e nei Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo – See (Norvegia, Islanda, Liechtenstein) - è un’etichetta ecologica volontaria basata su un sistema di criteri selettivi e su base scientifica, che tiene conto degli impatti ambientali dei prodotti o servizi lungo l’intero ciclo di vita ed è sottoposta a certificazione da parte di un ente indipendente.

«Per la prima volta, in 30 anni dalla sua nascita, il marchio viene applicato alla finanza sostenibile con lo scopo di ridurre il greenwashing - sottolinea Maria Siclari, direttrice generale Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ne cura il supporto tecnico - L’applicazione del Regolamento Ecolabel Ue ai prodotti finanziari è volta a garantire la credibilità del mercato e a rafforzare la fiducia degli investitori, permettendo loro di individuare agevolmente gli investimenti che rispettano i criteri ambientali e sociali».

Oltre a questo strumento, la finanza sostenibile può evitare di incorrere nel greenwashing seguendo due principi fondamentali che viaggiano a braccetto: trasparenza e comunicazione, che come precisato da Isabel Reuss, senior climate and social advisor del Forum per la Finanza Sostenibile si traducono nel «dichiarare esattamente quello che si sta facendo, senza esagerare con i proclami che a una prima verifica potrebbero rivoltarsi contro chi li ha lanciati. Meglio comunicare meno ma essere certi di quello che si dice».

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