Diritti

Opere d’arte: quanto ti costa imbrattarle?

Due attivisti di Just Stop Oil Belgium sono stati condannati a due mesi di carcere per aver lanciato della polpa di pomodoro sul dipinto di fama mondiale “La ragazza con l’orecchino di perla”. E gli altri?
14 ottobre 2022, Londra, Inghilterra, Regno Unito: due manifestanti di Just Stop Oil si sono incollate al muro del museo e poi hanno gettato zuppa di pomodoro sulla famosa opera d'arte "Girasoli" di Vincent Van Gogh del 1888-9, alla National Gallery.
14 ottobre 2022, Londra, Inghilterra, Regno Unito: due manifestanti di Just Stop Oil si sono incollate al muro del museo e poi hanno gettato zuppa di pomodoro sulla famosa opera d'arte "Girasoli" di Vincent Van Gogh del 1888-9, alla National Gallery. Credit: Just Stop Oil/ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
6 novembre 2022 Aggiornato alle 20:00

Tutto è iniziato da una fetta di torta lanciata sulla Gioconda di Leonardo da Vinci al Museo del Louvre di Parigi. Il responsabile, in un apparente gesto di protesta contro il climate change, mai rivendicato da alcuna organizzazione ambientalista, ha gridato: «Pensate al Pianeta!».

Il suo gesto, per cui è stato arrestato ed è stata aperta un’indagine per danneggiamento di reperti culturali, ha ispirato molti attivisti nei mesi successivi: non tutti avrebbero immaginato che, da lì in avanti, varie opere d’arte sparse per l’Europa sarebbero state prese di mira da numerosi attivisti per richiamare l’attenzione sulla crisi climatica. Non senza conseguenze.

Venerdì 4 novembre, a Roma, alcuni attivisti del movimento ecologista “Ultima Generazione” hanno gettato del passato di verdura su un’opera di Vincent Van Gogh esposta a Palazzo Bonaparte. Dopo aver imbrattato “Il seminatore”, hanno gridato al pubblico presente: «Siete arrabbiati perché abbiamo sporcato un vetro che domani sarà pulito ma tra qualche anno i vostri figli non potranno più mangiare […] Dovreste essere arrabbiati per questo e non per questa stupidaggine».

Il neo ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano l’ha definito un «atto ignobile» e ha detto che «i reati contro i beni culturali sono puniti gravemente» e gli autori «sono perseguibili penalmente». Il dipinto, protetto da un vetro, non presenta danni.

Due giorni prima dell’atto di protesta in Italia, un tribunale olandese ha giudicato due attivisti di origine belga che la scorsa settimana avevano hanno preso di mira “La ragazza con l’orecchino di perla” di Johannes Vermeer, al museo Mauritshuis dell’Aia. Sono stati condannati a due mesi di carcere con l’accusa di distruzione e di manifesta violenza contro il dipinto. Uno dei due, come mostra un video da oltre 11 milioni di visualizzazioni, si appiccica al dipinto mentre l’altro gli versa addosso una confezione di sugo di pomodoro.

L’opera d’arte, protetta da un vetro, è tornata nella galleria il giorno successivo, intatta, anche se secondo il pubblico ministero era stata danneggiata dall’azione di Just Stop Oil Belgium, affiliata all’omonimo movimento britannico: si tratta di una coalizione di gruppi che lavorano insieme per impedire al governo del Regno Unito di impegnarsi in nuove licenze riguardanti l’esplorazione, lo sviluppo e la produzione di combustibili fossili. Con la sentenza nei confronti dei due attivisti, però, il giudice ha specificato di non voler scoraggiare le altre persone a manifestare, riporta l’agenzia Reuters.

All’inizio del mese di luglio, due attivisti di Just Stop Oil si sono incollati alla cornice di un dipinto di Vincent Van Gogh, “Peach Trees in Blossom”, appeso all’interno della Somerset House di Londra. Un tribunale di Westminster li ha accusati di aver causato danni per un valore di 2.200 sterline alla struttura in legno, ma ad agosto i due si sono dichiarati non colpevoli. Il processo si terrà il 22 novembre.

Un altro episodio molto noto è quello del 14 ottobre 2022, quando due attiviste di Just Stop Oil, in una sala della National Gallery di Londra, hanno imbrattato di salsa di pomodoro una delle versioni dei “Girasoli” di Vincent Van Gogh. Il museo, in una nota pubblicata su Twitter, ha descritto le condizioni del quadro, smaltato e dunque protetto da eventuali danni: “C’è qualche piccolo danno al telaio, ma il dipinto è illeso”. Anche loro, comparse davanti a un tribunale di Londra a ottobre, si sono dichiarate non colpevoli di averlo danneggiato.

Il pubblico ministero ha affermato che la coppia non ha rovinato il dipinto a olio, ma il telaio: il giudice distrettuale le ha rilasciate su cauzione in attesa del processo che si terrà il 13 dicembre a Londra, a condizione che non portino più vernici o sostanze adesive in un luogo pubblico.

Simile anche il gesto di un altro gruppo ambientalista, “Letzte Generation” o “Last Generation”, che ha lanciato del purè di patate contro il dipinto “Grainstacks” dell’impressionista francese Claude Monet nel Museo Barberini nella città tedesca di Potsdam. “Poiché l’immagine è smaltata, l’immediata indagine di conservazione ha mostrato che non ha subito danni di alcun tipo”, ha scritto il museo su Twitter. Anche se il dipinto è rimasto illeso, i manifestanti sono stati indagati per danni alla proprietà.

Vista l’ondata crescente di questo tipo di azioni, il ministro della Cultura francese ha invitato i musei del Paese a raddoppiare la vigilanza.

Un portavoce della città di Colonia ha dichiarato all’emittente tedesca Deutsche Welle che «i musei della città di Colonia sono stati avvertiti dagli attacchi e risponderanno con un’attenzione speciale».

Remigiusz Plath, esperto di sicurezza della Associazione dei musei tedeschi e della Fondazione Hasso Plattner, che gestisce il Museo Barberini, ha consigliato di impiegare più personale e di smaltare le opere d’arte, cosa che però non è sempre possibile con i grandi formati: «A volte basta posizionare una lastra di vetro davanti a un dipinto, ma queste misure costano un sacco di soldi, e non tutti i musei possono permetterselo. Un’opera è sicura al 100% solo se conservata in cantina».

Leggi anche
Sostenibilità
di Emanuele Bompan 5 min lettura
attivismo
di Martina Micciché 5 min lettura