Diritti

Usa&Università: addio alle minoranze?

Dagli anni ‘60, per essere ammessi a Harvard e alla University of North Carolina oltre al merito viene valutata l’etnia per differenziare il corpo studentesco. Ora, la Corte Suprema a maggioranza conservatrice potrebbe cambiare le cose
Sostenitori dell'affirmative action si riuniscono davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti mentre i giudici si preparano ad ascoltare le arringhe orali in due casi che mettono in discussione l'uso della "razza" nelle ammissioni ai college a Washington, DC, USA, 31 ottobre 2022.
Sostenitori dell'affirmative action si riuniscono davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti mentre i giudici si preparano ad ascoltare le arringhe orali in due casi che mettono in discussione l'uso della "razza" nelle ammissioni ai college a Washington, DC, USA, 31 ottobre 2022. Credit: EPA/JIM LO SCALZO
Tempo di lettura 4 min lettura
2 novembre 2022 Aggiornato alle 18:10

Per combattere la discriminazione razziale, negli anni ‘60 le università statunitensi svilupparono delle politiche per diversificare gli iscritti, prendendo in considerazione anche l’etnia tra i criteri di ammissione. Più di mezzo secolo dopo, si teme che la fine di questa iniziativa, chiamata affirmative action, sia ormai molto vicina.

Lunedì, presso la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, a Washington, sono iniziate le audizioni nel caso Students for Fair Admissions v. Harvard University e University of North Carolina: l’associazione studentesca fondata e guidata dall’attivista conservatore Edward Blum chiede alla Corte Suprema di ribaltare il caso storico Grutter v. Bollinger che ha sostenuto le politiche di ammissione inclusive in un’università statale, diffondendo l’iniziativa in molte altre. La Corte Suprema, in tutti questi anni, si è sempre espressa a favore delle affirmative action, ma stavolta le cose potrebbero cambiare: la maggioranza dei giudici conservatori potrebbe essere solidale con il gruppo capeggiato da Blum.

Uno di loro, il giudice John Roberts, aveva scritto nel 2007 un parere in merito all’uso dell’etnia nell’assegnazione dei bambini alle scuole pubbliche: “Il modo per fermare la discriminazione sulla base della razza è smettere di discriminare sulla base della razza”. Students for Fair Admissions, riporta la Cnn, è composta da diversi ex impiegati del giudice Clarence Thomas, da sempre critico delle affirmative actions. Negli ultimi anni, poi, la Corte Suprema ha costantemente bocciato i programmi che cercavano di correggere le disuguaglianze razziali prendendo esplicitamente in considerazione questo fattore.

Come spiega il news website Axios, nel 2003 la Corte Suprema aveva sancito che college e università potessero prendere in considerazione l’etnia come criterio per decidere quali studenti ammettere, al fine di creare un corpo studentesco diversificato. Harvard e la University of North Carolina, secondo Blum, avrebbero discriminato gli studenti asiatici americani, dando maggiori possibilità di ammissione ai gruppi sotto-rappresentati delle comunità nere, latine e indigene. Che senza questa iniziativa temono che torneranno a essere largamente discriminati. Harvard e l’Unc, che sono appoggiate da una serie di altre scuole e organizzazioni imprenditoriali, sostengono che la diversità sia essenziale per l’esperienza educativa e che l’unico modo efficace per garantirla sia renderla una parte esplicita del processo di ammissione.

Inoltre, negli atti legali, spiega la Bbc, Harvard ha negato le accuse, affermando di utilizzare la razza come fattore di ammissione entro i parametri della legge, così come lo status economico e il credo religioso: criteri volti a creare classi che rappresentino accuratamente la diversità razziale ed etnica del Paese. In una nota per il tribunale gli avvocati hanno scritto che “Gli americani sono arrivati ​​​​a considerare la diversità come parte integrante dell’apprendimento e hanno fiducia che il percorso verso la leadership sia aperto a tutti”.

Annullare i precedenti sulle affirmative action “minaccerebbe la fiducia del pubblico in quei principi fondamentali”, hanno avvertito. Ma i sondaggi mostrano opinioni discordanti: quello condotto da Gallup nel 2021 ha rilevato che il 62% degli americani era a favore delle affirmative action, mentre l’indagine pubblicata dal Pew Research Center nel 2022 ha rilevato che il 74% degli americani, inclusa la maggioranza degli intervistati neri o latini, credeva che la razza non dovesse essere presa in considerazione nei processi di ammissione al college.

I fautori dell’iniziativa credono che aiuti a diminuire le disuguaglianze sociali, economiche e storiche che impediscono ad alcuni gruppi minoritari di accedere alle istituzioni educative più elitarie negli Stati Uniti. Per i critici, invece, si tratta di una pratica discriminatoria che va a scapito di altri gruppi o singoli studenti. Oggi 9 Stati americani, tra cui California, Florida, Georgia e Michigan, vietano l’uso dell’etnia come fattore di ammissione alle università pubbliche. La sentenza sulle affirmative action è attesa per l’estate.

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