Ambiente

Quattro stagioni, un lontano ricordo

Gli animali hanno perso l’orientamento in un autunno con circa 6/8 gradi in più rispetto alla media stagionale. Gli alberi sono in fiore. Intanto, i fiumi soffrono la siccità e, in montagna, la neve latita
Credit: Zhang Yanlin/Xinhua ZUMA Press
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31 ottobre 2022 Aggiornato alle 14:00

Una domenica di fine ottobre, un sole che spacca le pietre e un cielo azzurro, che più azzurro non si può. È irrefrenabile la voglia di mettere una t-shirt, di quelle che hai ancora nel cassetto perché “fa ancora caldo per fare il cambio di stagione nell’armadio’’, e guidare fino al lungomare per una passeggiata vista spiaggia in una calda giornata autunnale.

Una giornata “calda’’ e “autunnale”: un ossimoro, su per giù. Un autunno estivo. Un altro ossimoro, su per giù.

È fine ottobre e fa caldo. Il termometro segna ancora temperature oltre i 20 gradi, con circa 6/8 gradi in più rispetto alla media stagionale. Il clima è come impazzito e noi, anziché tirare fuori giacche e giubbotti, rispolveriamo top e canotte e al bar non ordiniamo ancora la cioccolata calda, ma gustiamo ancora ottimi gelati artigianali. Gli animali e le piante sono più confusi di noi: hanno perso il senso del tempo e ora vivono disorientati in un disequilibrio che rischia di procurare danni davvero enormi.

«Negli ultimi 700.000 anni — spiega Lorenzo Ciccarese, esperto di foreste dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) — il clima è stato abbastanza stabile. Gli animali, le piante e i loro patogeni hanno avuto il tempo di stabilire un equilibrio. Ora i parametri stanno cambiando. Capire quali saranno gli effetti non è facile».

«Insetti e invertebrati avrebbero già dovuto essere nel periodo di svernamento. Invece sono ancora attivi», conferma Simona Bonelli, zoologa dell’università di Torino. «Così rischiano di consumare le risorse che gli serviranno in primavera per riprodursi».

Infatti, come spiegato da Francesco Ficetola, zoologo dell’università di Milano, durante l’estate, gli animali accumulano le riserve che gli permetteranno di attraversare il periodo di ibernazione e poi di riprodursi in primavera. Ma se quelle riserve le consumano ora, andando in giro, rischiano di non avere la forza per affrontare il periodo riproduttivo.

Il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature fuori stagione, inoltre, rischiano di consegnarci un pianeta pullulante di insetti invasivi, come le zanzare, capaci di adattarsi facilmente al clima. Sangue dolce o meno, siamo stati tutti punti dai fastidiosi insetti negli ultimi giorni e…alzi la mano chi non ha esclamato “Ma ci sono ancora zanzare!”. Dovrebbero essere in quiescenza, ma sono ancora all’attacco.

Risvegliate in anticipo durante una primavera particolarmente calda, quest’anno andranno anche a dormire in ritardo, considerate le temperature di questa famosa “ottobrata”: così, se generalmente le zanzare compiono 8 cicli riproduttivi a stagione, quest’anno sono arrivate a compierne addirittura 10. Parola di Fabrizio Montarsi, entomologo che, per conto dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie si è occupato di censire la specie in cerca di virus pericolosi come il West Nile.

Ma se gli effetti del caldo anomalo e fuori stagione giovano alle zanzare che ampliano la stirpe e continuano a svegliarci la notte con il loro ronzio, diverso è l’impatto sulle tartarughe. «Il sesso dei nascituri di questi animali, infatti, dipende dalla temperatura a cui sono conservate le uova. Se supera i 28-29 gradi a maggio, nel periodo di schiusa, a nascere sono quasi solo femmine, spiega lo zoologo Ficetola. «Le specie terrestri riescono a trovare zone in ombra più fresche, ma le tartarughe marine depongono le uova sulle spiagge e rischiano di ritrovarsi con pericolosi squilibri fra i sessi».

Impatto negativo e pericoloso anche la pernice bianca, che muta il piumaggio in base alla stagione: bianco in inverno e screziato in estate. La colorazione invernale la aiuta a mimetizzarsi tra la neve, ma se fa troppo caldo e quest’ultima manca, la pernice diventa facile preda.

Gli altri uccelli, invece, sono spaesati e disorientati: alcuni hanno ritardato il momento della migrazione, altri vi hanno rinunciato: come denunciato dal Wwf gli uccelli migratori europei arrivano nei territori riproduttivi mediamente un giorno prima ogni 3 anni dagli ultimi 40 anni, e quelli che svernano a nord del Sahara hanno ritardato il passo di 3 – 4 giorni.

A risentire della situazione climatica, però, non sono solo gli animali. Anche la vegetazione sembra non riuscire a trovare pace in un clima pieno di anomalie e irregolarità: «Alcuni alberi hanno perso le foglie ad agosto a causa della siccità», ricorda Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione forestale all’università di Milano e scrittore. «Ora le condizioni sono un po’ migliorate. Un periodo di stress è terminato o si è alleviato e le temperature sono miti. In una parola, gli alberi sono convinti che sia arrivata la primavera e sia tempo di far sbocciare i loro fiori».

Nelle aree montane, invece, la stagione vegetativa è sempre più anticipata e i pascoli d’alta quota non offrono ai capretti il foraggio adatto alla loro nutrizione nel momento critico dello svezzamento. La loro sopravvivenza è scesa dal 50% negli anni ‘80 al 25% di oggi. Ne muoiono cioè 7-8 piccoli ogni dieci che ne nascono.

Se dalla terra passiamo all’acqua, la situazione non fa altro che peggiorare. Vi dice niente il termine bleaching? È lo sbiancamento dei coralli causato dal cambiamento climatico e dall’innalzamento delle temperature che rischia di uccidere gli invertebrati marini. All’attuale livello di riscaldamento e acidificazione delle acque rischiamo di perdere le barriere coralline entro il 2050. Uno degli ambienti più ricchi di biodiversità sul pianeta rischia di scomparire.

A proposito di acqua, non se la passa bene neanche il Po, che soffre come se fossimo in estate, con un livello di acqua pericolosamente basso. Secondo la Coldiretti il corso d’acqua si è abbassato a -2,3 metri rispetto allo zero idrometrico (che in pratica è il suo livello normale).

A fargli compagnia in questa tragica situazione ci sono, come denunciato dall’Anbi (Associazione dei consorzi di gestione delle acque irrigue), i corsi d’acqua del Centro Italia, dove il Sud della Toscana, l’Umbria, il Nord del Lazio (Tuscia e Reatino) così come la provincia di Frosinone e il Sud delle Marche soffrono ancora per la carenza idrica, tanto che la competente Autorità di bacino distrettuale le definisce a “siccità severa”.

Una situazione critica per tutti, quindi. Campanelli d’allarme che continuiamo a confondere per “splendide e calde giornate di ottobre”.

Nel 1984 l’autore Enzo Tiezzi scriveva un libro che si sarebbe rivelato profetico: Tempi storici, Tempi biologici. Tra le pagine del capitolo 7, intitolato “Le quattro stagioni sono due’’, Tiezzi rivelava che sarebbe arrivato certamente un momento in cui le mezze stagioni sarebbero scomparse e solo l’inverno e l’estate sarebbero sopravvissuti a un aumento di temperatura che avrebbe turbato un equilibrio ecologico.

Quel momento è arrivato. L’equilibrio ecologico è stato rotto, gli animali hanno perso l’ orientamento climatico, vitale per la loro sopravvivenza, e gli alberi fioriscono nei giorni in cui le foglie dovrebbero colorare di giallo e arancione i viali delle città.

Le stagioni sembrano impazzite, ma si sono solo dimezzate. Così, l’autunno è solo un’estate prolungata che lascerà repentinamente il posto alle rigide temperature invernali, per tornare a maggio con le giornate roventi che si travestiranno di quella che i telegiornali definiranno “la primavera più calda degli ultimi anni’’.

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