Diritti

Querela, querela, qualcosa resterà

L’utilizzo dello strumento legale - o della minaccia dell’utilizzo della querela via social media - da parte dei politici sta diventando un problema. Perché per un giornalista, è possibile solo difendersi. Mai contrattaccare
Credit: Nick Fewings/pexels
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 3 min lettura
29 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

Ieri sera Matteo Renzi ha annunciato una querela al direttore di Domani, Stefano Feltri, per un intervento durante il programma Otto e Mezzo. Ha risposto a una domanda di Lilli Gruber sulla ricerca di consenso dei politici, circa gli evasori fiscali.

Ieri l’altro Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha scritto su Twitter che ha dato mandato al suo studio legale di agire perché - scrive - “sono certo che le condanne in sede civile e penale siano l’unico metodo che direttori, editori e giornalisti possano intendere, di fronte alla diffamazione. Il mio ora è un obbligo istituzionale: quello di difendere il Dicastero”. La vicenda è relativa a un articolo di Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi, sempre di Domani.

Lungi dal voler entrare nel merito di queste specifiche controversie, la questione della denuncia per diffamazione comincia a preoccuparmi.

Quando un politico o una politica denuncia un giornalista, fa un atto unilaterale. Infatti mentre il giornalista può essere giudicato - spesso e volentieri poi, queste querele finiscono nel nulla, per fortuna, ma gli avvocati occorre pagarli e costan caro - non vale il contrario.

Se il giornalista volesse denunciare il politico di diffamazione per averlo offeso o diffamato, o anche solo di averlo intimidito sottoponendolo al pubblico ludibrio di agenzie stampa o internet, non potrebbe. Perché chi sta in Parlamento ha l’immunità parlamentare e non può essere processato. E così prevede la Costituzione: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.

Per cui, la denuncia da parte di un politico non prevede reciprocità. Il politico, può vincere, pareggiare, ma mai perdere. È un gioco in cui perde solo la stampa, che infatti negli ultimi anni non ha solo perso lettori, copie, e fatturati, ma autorevolezza.

E perché ha perso autorevolezza? In parte, perché siamo sommersi da querele temerarie - ovvero cause di diffamazione con richieste di risarcimenti altissimi e basate su poco niente - fatte da persone molto benestanti che possono permettersi le parcelle di ottimi studi legali. E di conseguenza pur di evitare querele di quel tipo molti scelgono di autocensurarsi. Non per nulla, quest’anno l’Italia è scesa dal 41° al 55° posto nel World Press Freedom Index.

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