Diritti

A cosa serve il dipartimento per le Pari Opportunità?

Nato nel ‘96, la scorsa settimana ha visto l’arrivo di Eugenia Roccella come nuova ministra. Ma non basta essere donne per essere femministe
Eugenia Roccella durante la discussione generale sul ddl sulle unioni civili nell'Aula della Camera, il 9 maggio 2016.
Eugenia Roccella durante la discussione generale sul ddl sulle unioni civili nell'Aula della Camera, il 9 maggio 2016. Credit: ANSA/ GIORGIO ONORATI
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27 ottobre 2022 Aggiornato alle 06:30

Il Dipartimento delle Pari opportunità è stato istituito nel 1996 allo scopo di coordinare le iniziative normative e amministrative in tutte le materie collegate alla progettazione e all’attuazione delle politiche delle pari opportunità: si occupa dell’elaborazione delle problematiche inerenti alle stesse e del coordinamento delle iniziative di studio. Gestisce inoltre la definizione di nuove politiche di intervento e promozione di progetti e iniziative, curando la raccolta e l’organizzazione delle informazioni, attraverso la creazione di banche dati, assieme alla promozione e il coordinamento delle attività di controllo, di verifica e di formazione e informazione nel campo delle pari opportunità stesse.

Si occupa inoltre di promuovere le necessarie verifiche in materia, da parte delle amministrazioni competenti attraverso la cura dei rapporti con le amministrazioni statali, regionali, locali, nonché con gli organismi e gli enti non governativi operanti in materia di parità e di pari opportunità come l’Unione europea, il Consiglio d’Europa l’Ocse e le Nazioni Unite.

Anna Finocchiaro, Laura Balbo, Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Elena Bonetti, sono solo alcune delle ministre che l’hanno guidato fino a oggi. Nel governo Meloni, la nuova ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità è Eugenia Roccella, 68 anni (sempre una ventata di freschezza), bolognese, antiabortista e antifemminista. A ben vedere, il suo passato risulta discordante con il suo presente.

È figlia della pittrice femminista Wanda Raheli e di uno dei fondatori del Partito Radicale Franco Roccella. Anche grazie all’influenza dei genitori, entra sin da giovane nel Partito Radicale conducendo negli anni ’70 battaglie per il diritto all’aborto. Nel 1979 arriva a candidarsi alla Camera dei deputati con i Radicali stessi.

Negli anni ’80 a seguito di svariate polemiche, decide di abbandonare il partito e ritirarsi dalla scena politica per più di un ventennio. Ventennio in cui matura delle posizioni politiche ben differenti. Dopo essersi laureata in lettere moderne, infatti, torna sulla scena pubblica occupandosi principalmente di bioetica e diventando nel 2007 co-portavoce del Family Day. Nel 2008 viene eletta con il Pdl (Popolo della Libertà) alla Camera dei deputati entrando, più di recente, in Fratelli d’Italia.

«Penso che la legge sulle unioni civili, approvata dal governo Renzi, sia il grimaldello per la progressiva distruzione della famiglia, della genitorialità e dell’identità sessuale definita»; «Io sono femminista e le femministe non hanno mai considerato l’aborto un diritto. L’aborto è il lato oscuro della maternità»; «C’è un obiettivo politico: arrivare all’eutanasia facile e libera. C’è un obbiettivo culturale: distruggere l’idea di intangibilità della vita».

Queste sono solo alcune delle frasi della nuova ministra che, oltre a rifiutare ogni tipo di progresso portato avanti con fatica in questi anni nel Paese, abusa anche della parola “femminista”, svilendola. Perché, come abbiamo ribadito, non basta essere donne per essere femministe, e imporre un ruolo alla donna, decidere cosa fare del proprio corpo e della propria vita, ha tutto tranne che femminismo in sé.

Eugenia Roccella, fondatrice del primo comitato italiano contro l’utero in affitto Di mamma ce n’è una sola, è la donna che rappresenterà le donne italiane nei prossimi 5 anni.

Il Ddl Zan, il miglioramento della 194, l’eutanasia legale, il matrimonio egualitario, sono ormai speranze andate in fumo. Speranze che non hanno mai trovato un reale spazio in questo Paese, di cui in pochi si sono mai realmente interessati. Perché i diritti civili in Italia sono sempre stati visti come qualcosa di secondario, qualcosa da poter evitare, un lusso. Ma i diritti civili decidono la vita e il futuro delle persone.

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