Diritti

Medicine cercasi

La carenza nelle farmacie è dovuta dalla forte domanda, dagli ostacoli burocratici dell’industria farmaceutica e dai costi dei trasporti e dei materiali d’imballaggio
Credit: Anna Shvets/pexels
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
27 ottobre 2022 Aggiornato alle 16:45

«Non si tratta più di un momento estemporaneo e limitato ad alcuni prodotti di cui si è fatto largo uso in piena pandemia, ma oramai si tratta di una vera e propria cronicità: mancano medicinali salvavita, tante referenze di largo consumo. Particolarmente allarmante è la mancanza di farmaci a uso pediatrico».

È l’allarme lanciato da Riccardo Maria Iorio, presidente di Federfarma Napoli (Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani), che parla di «una situazione sempre più difficile da fronteggiare per i colleghi al banco i quali si vedono quotidianamente costretti a respingere le legittime richieste di farmaci da parte dei cittadini».

A determinare la carenza di farmaci – tra cui l’ibuprofene, il Bisolvon anti-tosse o lo Zoloft antidepressivo – sarebbe, secondo diversi analisti, un mix di fattori diversi: la domanda ancora alta a causa del protrarsi del Covid-19, la difficoltà di reperire le materie prime e i maggiori costi dell’energia per il trasporto e del materiale per il confezionamento (vetro, carta, plastica, alluminio).

«Prima della crisi si viaggiava con un Otif (“on-time and in-full”, un indicatore logistico delle prestazioni di consegna del prodotto, ndr.) intorno all’80%. A settembre di quest’anno il valore è sceso al 22% - dichiara a La Svolta Enrico Giaquinto, Direttore delle operazioni industriali di Angelini Pharma - Significa che una consegna su 5 avviene come dovrebbe, le altre 4 arrivano in ritardo o sono inferiori alla richiesta. Angelini Pharma, nonostante il deterioramento di questo indicatore, grazie a un’attenta politica delle scorte, è riuscita a non interrompere mai i processi produttivi nei propri impianti».

Il caso particolare dell’ibuprofene dipende anche dal fatto che non se ne produce a sufficienza. «A breve ci sarà bisogno di altri stabilimenti, e diversi player globali stanno già investendo in Europa per la costruzione di nuovi impianti», dichiara Giaquinto, che avverte sulla tendenza all’accaparramento dei farmaci sulla scorta di un «andamento emozionale» della domanda dettato dall’insicurezza del momento storico.

Ad aggravare la vulnerabilità dell’industria farmaceutica contribuiscono inoltre le alte barriere alla modifica dei processi operativi. «L’ambiente è regolato al punto che l’elasticità dei fornitori è molto bassa», aggiunge Giaquinto. «Se non dispongo più di un flacone di plastica perché la domanda è troppo alta l’unica soluzione è qualificare un altro fornitore – conclude – e questo implica studi di fattibilità e qualità che allungano i tempi di un trimestre».

Secondo quanto dichiarato da alcuni farmacisti, però, si tratta di un problema ciclico attribuibile in parte all’export parallelo nei Paesi europei dove il prezzo dei medicinali è più alto e, di conseguenza, è più conveniente per i distributori vendere i farmaci all’estero rispetto all’Italia.

«La scarsità di medicinali, acuitasi in periodo estivo, non sembra normalizzarsi, anzi, anche quando i colleghi riescono a reperire i farmaci, gli stessi arrivano a singhiozzo e in minimi quantitativi», aggiunge Iorio. Per questo Federfarma ha deciso di rivolgersi direttamente all’industria farmaceutica allo scopo di avere chiarimenti e sollecitare un intervento tempestivo.

Ma il carovita non incide solo sulla disponibilità dei farmaci. Secondo Sergio Daniotti, presidente di Banco Farmaceutico, sempre più persone povere rinunciano a medicine non rimborsate. «Nelle ultime settimane stiamo vedendo che gli enti che assistono chi ha bisogno ci stanno richiedendo molti più farmaci – antipiretici, antinfiammatori – rispetto allo stesso periodo pre-invernale degli anni precedenti», sottolinea Daniotti, che stima un aumento del 20-30%.

Molti farmaci infatti non sono mutuabili, il loro costo cioè non è sostenuto dal servizio sanitario nazionale. «Chi ha bisogno di un antidolorifico, di un antipiretico – aggiunge il presidente del Banco farmaceutico – deve acquistarlo. Ma le possibilità di spesa nelle famiglie povere sono scarsissime».

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