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Ridere fa bene (davvero) all’umore

La ricerca pubblicata su Nature Human Behaviour prova a mettere d’accordo decenni di discussioni sulla cosiddetta teoria del “feedback facciale”. Iniziata con una penna in bocca
Credit: Ketut Subiyanto
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
26 ottobre 2022 Aggiornato alle 11:15

Dopo decenni di discussioni e contro-argomentazioni, secondo un recente studio pubblicato su Nature Human Behaviour, gli psicologi hanno apparentemente concordato sul fatto che disporre i lineamenti del viso come quando sorridiamo aiuta a rallegrare l’umore.

È la cosiddetta ipotesi o teoria del “feedback facciale”, secondo la quale la risposta sensoriale collegata alle espressioni del volto influenza l’esperienza emotiva e contribuisce all’emozione sperimentata in un determinato momento.

Un esperimento condotto nel 1988 da Fritz Strack, psicologo dell’Università di Würzburg, in Germania, ha evidenziato come le persone che stringevano una penna tra i denti – in modo da costringere i muscoli a simulare un sorriso – trovavano le strisce del fumettista statunitense Gary Larson più divertenti rispetto a quelle che stringevano una penna fra le labbra, una posizione simile a quella del broncio.

Ma quando l’esperimento venne replicato nel 2016 da 17 laboratori indipendenti su circa 1.900 partecipanti, i risultati furono deludenti. Nel 2019 una meta-analisi della letteratura sul feedback facciale sosteneva che i risultati fossero “esigui e variabili”.

Ne nacque un caso. Per risolvere la questione una volta per tutte Nicholas Coles, ricercatore presso la Stanford University, ha organizzato la Many Smiles Collaboration, una sorta di maxi raduno a cui furono invitati sostenitori e critici della teoria del feedback facciale oltre a ricercatori terzi rispetto alla disputa.

Per l’occasione furono reclutate 4.000 persone da 19 Paesi diversi e divise in tre gruppi.

Il primo doveva attenersi a reggere la penna in bocca, al secondo è stato chiesto di mimare le espressioni di felicità sul volto degli attori mostrati, mentre il terzo gruppo doveva muovere gli angoli delle labbra verso le orecchie e alzare le guance usando solo i muscoli del viso.

I risultati, benché limitati, mostrano che gli esperimenti hanno prodotto effetti «di dimensioni simili all’effetto di foto leggermente positive sulla felicità, ovvero il feedback facciale ha avuto lo stesso impatto del contesto emotivo esterno». Diversamente dalle previsioni, il metodo della penna in bocca ha mostrato effetti inferiori agli altri due.

«L’osservazione di piccoli effetti non è coerente con le affermazioni estreme secondo cui il feedback facciale è il determinante principale dell’esperienza emotiva. Tuttavia – si legge nel rapporto – supportano teorie meno estreme che caratterizzano il feedback facciale come uno dei tanti componenti del sistema nervoso periferico che contribuiscono all’esperienza emotiva».

«Alcune persone credono che l’esperienza emotiva sia del tutto cognitiva, guidata esclusivamente dalle nostre valutazioni di ciò che sta accadendo nel mondo – ha dichiarato Coles al Guardian – Questo lavoro, tuttavia, suggerisce che è anche fisiologico».

«L’esperienza emotiva sembra essere costruita, in parte, sul feedback o sulle sensazioni del sistema nervoso periferico – ha aggiunto il ricercatore – Il cuore accelerato può far sentire le persone ansiose, la fronte corrugata può farle arrabbiare e la distensione di un sorriso può farle sentire felici».

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