Diritti

A cosa (non) serve un ministero per le Pari Opportunità?

Ripercorrere le leggi promulgate dal 1945 a oggi per promuovere la parità di genere può essere utile per capire perché è la cultura sociale che deve evolversi per cambiare la mentalità maschilista
Monica Vitti al seggio elettorale, 01 gennaio 1960, Roma
Monica Vitti al seggio elettorale, 01 gennaio 1960, Roma Credit: ANSA
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27 ottobre 2022 Aggiornato alle 06:30

Qualche giorno fa è trapelata la notizia che Giorgia Meloni volesse scorporare le deleghe alle Pari Opportunità e Famiglia per creare un unico mega-dicastero senza portafogli con Affari giovanili e Sport. Alla fine, il nuovo Presidente del Consiglio ha deciso di nominare Eugenia Roccella ministro della Famiglia, della Natalità con delega alle Pari opportunità Comunque, la notizia è bastata per far insorgere sinistra e Terzo Polo. L’ex ministro Bonetti: «Grave». Il Pd: «È contro le politiche per le donne».

Quanta ipocrisia. Ripercorrere le poche cose fatte negli anni dai ministri delle Pari Opportunità potrebbe esser facile per tutti. Pochi provvedimenti incisivi a favore delle donne, nulla o quasi, per correggere le disparità esistenti nella nostra società e non solo tra uomini e donne.

E parla proprio il Pd che ha sempre penalizzato le donne e fino a ieri, in occasione delle ultime elezioni, ne ha candidate così poche in posizione per essere elette, da aver sollevato le ire funeste delle escluse, che hanno accusato di maschilismo i vertici del loro stesso partito.

La corsa ai ripari sarebbe stata la nomina di 2 donne a capo dei gruppi di Camera e Senato. Le conseguenze in direzione maschilista delle modifiche alla legge elettorale voluta proprio dal centro sinistra, vigente un ministero delle Pari Opportunità, sono la prova plastica che non è un ministero delle pari opportunità formalmente autonomo che serve, ma una vera politica di eliminazione dei fattori di disparità.

Può essere interessante ripercorrere quali leggi sono state promulgate dal 1945 a oggi per promuovere la parità tra donne e uomini, con riferimento alla partecipazione alla vita pubblica e lavorativa.

Il 1° febbraio 1945 il decreto legislativo luogotenenziale di Umberto di Savoia conferisce alle donne italiane il diritto di voto al pari degli uomini. È poi nella Carta costituzionale che i cittadini del nuovo stato democratico trovano le risposte primarie alle loro esigenze.

Anno 1948, Costituzione della Repubblica Italiana

L’art. 3 sancisce in via definitiva il principio della parità tra uomo e donna, a livello generale, attraverso il principio di eguaglianza; altre specifiche disposizioni vengono riferite alla famiglia, al lavoro e alle attività pubbliche.

Le disposizioni costituzionali innovano profondamente l’ordinamento previgente, che escludeva le donne da qualsiasi attività di rilievo pubblico e differenziava profondamente all’interno della famiglia la posizione della moglie da quella del marito.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”.

L’art. 37 recita: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione (…)”.

Bisogna attendere il 1963 per avere una prima legge ordinaria che, in attuazione del principio costituzionale, disciplini la parità dell’accesso alle cariche pubbliche. Ma il risultato pratico non appare essere soddisfacente, tanto che si avverte l’esigenza di una nuova modifica costituzionale.

La riforma del diritto di famiglia

La novella legislativa costituzionale giunge nel 2003 (Parlamento e Governo a guida del centro destra) con una riformulazione dell’art. 51. “La Repubblica promuove, con appositi provvedimenti, le Pari Opportunità tra donne e uomini. Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Seguiranno alcune leggi ordinarie prevalentemente incentrate sulle cosiddette “quote rosa” in materia elettorale e in materia di presenza delle donne nelle cariche dei vertici aziendali.

Ma se i principi che tutelano i diritti delle donne italiane e della eguaglianza tra tutti i cittadini sono sanciti dalla Costituzione, essi dovrebbero essere patrimonio dell’attività di tutti i dicasteri e dovrebbero essere rispettati in tutte le leggi e in tutti i comportamenti.

L’esistenza di un Ministero solo per le Pari Opportunità a che serve? A ripulire coscienze? A creare riserve indiane? A consolare gruppi di persone che ritengono di avere bisogno di particolari attenzioni? E le donne vanno ancora messe sotto protezione?

Per fortuna l’evoluzione sociale e culturale ci dice che non sono ministeri specifici a far emergere la grandezza di una donna. Le donne brave, capaci, determinate, libere arrivano al traguardo e nel campo della politica, oggi Giorgia Meloni ne è la conferma. Direte con fatica, dopo tanto tempo, dopo mille ostacoli e pregiudizi, vero, ma non bisogna arrendersi.

È la cultura sociale che deve evolversi e non sarà certo un ministero della Pari Opportunità a far cambiare la mentalità maschilista.

Buon lavoro al primo Presidente del Consiglio Italiano Donna.

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