Economia

Bankitalia: la crisi climatica peserà sul Pil

Il 2022 è l’anno più caldo registrato in Italia dal 1800. Agricoltura e turismo invernali i settori più colpiti, ma l’aumento delle temperature interessa anche la produttività individuale
Credit: ANSA/Alessandro Di Marco
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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4 novembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature avranno effetti negativi anche sull’economia italiana nel medio-lungo termine colpendo in particolare l’agricoltura e il turismo. È quanto emerge dai risultati del progetto di ricerca “Gli effetti del cambiamento climatico sull’economia italiana” realizzato dalla Banca d’Italia con la curatela di Matteo Alpino, Luca Citino, Guido de Blasio e Federica Zeni.

“Un incremento di 1,5 °C – si legge nel rapporto – potrebbe condurre ad avere nel 2100 un livello di Pil pro capite tra il 2,8 e il 9,5% inferiore” rispetto allo scenario di base con temperature stabili. Le ricostruzioni mostrano come tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del XXI secolo la temperatura in Italia è aumentata di circa 2°C.

Secondo Bernardo Gozzini, direttore del consorzio Lamma (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale), in base ai dati Cnr-Isac il 2022 è l’anno più caldo mai registrato in Italia dal 1800, con un aumento delle temperature di quasi un grado centigrado (0.96 °C) rispetto alla media calcolata nel trentennio 1990-2020.

Tra agosto e settembre i rovesci sono stati dalle 2 alle 3 volte maggiori rispetto alla media, e ancora nella settimana del 14-20 ottobre il termometro ha segnato temperature massime con anomalie fino a 4-6 °C sopra la media. Un fenomeno di tropicalizzazione che secondo le previsioni del programma di monitoraggio europeo Copernicus porterà l’Europa ad aver un inverno mite.

Ad essere più esposto al cambiamento climatico è il settore dell’agricoltura, dal momento che temperature e precipitazioni sono input diretti del processo produttivo. Gli effetti negativi sulla resa delle colture si manifestano, a esempio, quando la temperatura sale oltre i 29 °C circa per i cereali e oltre i 32 °C nel caso dei vitigni.

La ricerca sottolinea inoltre come sebbene l’agricoltura sia esposta a eventi estremi come le grandinate, “sono pochi gli agricoltori italiani assicurati contro questo tipo di rischio, nonostante la presenza di sussidi statali”.

Questo in parte perché ai prezzi osservati è conveniente assicurarsi solo per i produttori più a rischio, in parte a causa di un insieme di fattori psicologici e culturali che inducono gli agricoltori a sottostimare il valore dei contratti assicurativi.

Ma l’impatto del cambiamento climatico è evidente anche sul turismo. Un metro in meno di neve nel corso della stagione invernale è associato a una diminuzione dell’1,3% di passaggi negli impianti sciistici. Entro il 2100 si prevede una diminuzione delle precipitazioni nevose il 30 e il 45%.

Secondo le stime di Bankitalia, una riduzione del 40% nella quantità di neve in una stagione implicherebbe una diminuzione media del 7% di passaggi negli impianti, con picchi maggiori nelle località più a bassa quota.

Gli effetti negativi, inoltre, interessano anche la produttività dei singoli individui. L’inquinamento dell’aria, infatti, può avere ripercussioni sulle performance umane, dal momento che secondo la letteratura medica altera la concentrazione e la prontezza mentale. Una peggiore qualità dell’aria, infine, causerebbe un maggior numero di infortuni sul lavoro soprattutto nelle attività che si svolgono all’aperto.

Il progetto di ricerca include anche quattro contributi tesi a valutare l’efficacia di alcune politiche ambientali. “La necessità di raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia, sancita nel piano RePowerEU della Commissione Europea, impone infatti di accelerare la transizione verde, in particolare aumentando la capacità installata da fonti rinnovabili”, sostengono i ricercatori.

”È importante che le misure che l’Europa e i governi nazionali hanno messo e metteranno in atto per ridurre l’impatto della crisi energetica sui bilanci di famiglie e imprese – aggiunge il rapporto – non ostacolino il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione di più lungo periodo”.

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