Bambini

Le fiabe che ci scriviamo sulla pelle

Fin dalla notte dei tempi, l’essere umano è un animale che racconta storie e le scrive ovunque. Dalle pareti delle grotte alla propria pelle
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22 ottobre 2022 Aggiornato alle 09:00

Secondo te, cosa ci distingue dagli animali? Non abbiamo piume, squame o scaglie. Non voliamo, non abbaiamo, non barriamo.

C’è però una cosa che noi facciamo dalla notte dei tempi e gli animali no. Ci raccontiamo storie. Ascoltiamo e raccontiamo storie.

Sono le storie che da sempre ci danno le ali per volare, l’allegria di cantare e l’orgoglio di fare la ruota. Sin dall’antichità abbiamo raccontato storie dipingendole sulle pareti delle grotte. Ci siamo ricoperti di piume, pellicce e gioielli. E ci siamo scritti sulla pelle le storie più importanti, tatuandocele per sempre.

Il tatuaggio si è diffuso tantissimo negli ultimi anni, ma non è nato ieri, anzi!

Il tatuaggio esiste sin dalla preistoria.

La mummia Ötzi, che è vissuta nel 3300 a.C., era tatuata.

Gli antichi Egizi si tatuavano. I primi Cristiani, all’epoca di Gesù, si tatuavano. In tutti i continenti, l’uomo e la donna hanno voluto raccontare delle storie sulla loro pelle.

Ma il tatuaggio non racconta una storia a caso. Racconta la storia di chi lo porta e del gruppo a cui appartiene.

I marinai che, nel 1700, scoprirono le isole del Pacifico, cominciarono a scrivere sulla loro pelle le loro avventure. Un tatuaggio di buona fortuna alla partenza, uno all’arrivo e uno quando si tornava a casa: il corpo dei marinai è diventato come un atlante illustrato di posti visti e avventure vissute.

Il tatuaggio serviva anche alla gente di malaffare per riconoscersi fra loro. E come il tatuaggio non si può cancellare, così un criminale non può tirarsi indietro e deve rimanere fedele alla sua banda.

Purtroppo, nella storia, il tatuaggio ha raccontato anche storie molto brutte. Durante l’impero romano, agli schiavi venivano tatuate le iniziali del padrone.

Durante la Seconda Guerra mondiale, invece, chi arrivava nei campi di concentramento veniva marchiato con dei numeri.

Quando il tatuaggio non è usato per parlare di sé o per dire con orgoglio che si fa parte di un gruppo, ma viene imposto con la forza, le fiabe non sono mai a lieto fine.

Il nostro corpo è solo nostro, tutto nostro, nessuno dovrebbe scriverci sopra storie che non ci appartengono.

Da qualche anno, il tatuaggio è diventato una pratica diffusissima. Nel nostro Paese, più di 1 italiano su 10 è tatuato. I tuoi genitori sono probabilmente tatuati. Tante delle persone che scrivono su questo giornale sono probabilmente tatuate.

Ultimamente il tatuaggio non serve a raccontare grandi eventi vissuti in gruppo come un viaggio, un rito di passaggio o una promessa indelebile.

Il tatuaggio serve a decorare il corpo e a raccontare storie più personali, quasi segrete. Ma allora come oggi il tatuaggio serve a questo: a darci le ali per volare, l’allegria di cantare e l’orgoglio di fare la ruota.

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