Wiki

Ministero, dicastero, ministri con e senza portafoglio: capiamoci

Manca ormai pochissimo alla formazione del nuovo Governo: è importante fare chiarezza. Ecco in aiuto una breve guida
Giorgia Meloni arriva per l'incontro con Sergio Mattarella per il primo round di consultazioni politiche formali per il nuovo governo al Palazzo del Quirinale, il 21 ottobre 2022.
Giorgia Meloni arriva per l'incontro con Sergio Mattarella per il primo round di consultazioni politiche formali per il nuovo governo al Palazzo del Quirinale, il 21 ottobre 2022. Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI

Nella formazione di un nuovo Governo, uno dei passaggi fondamentali è la creazione dei ministeri e la nomina dei ministri che li guideranno. La Costituzione menziona solo la carica di ministro a capo di un dicastero, con una prassi ormai secolare, ma l’ordinamento italiano ha accettato anche la nomina dei cosiddetti ministri senza portafoglio, con decreto del Capo dello Stato e su proposta del Presidente del Consiglio. Le loro deleghe possono essere definite anche dopo il giuramento, fatto sempre davanti al Presidente della Repubblica. Le deleghe dei ministri senza portafoglio sono spesso cambiate in base al Governo.

Con la formazione di questo nuovo esecutivo e il toto-ministri che impazza, un’altra questione è stata sollevata dall’ipotesi, secondo indiscrezioni, che il possibile nuovo futuro premier Giorgia Meloni, inserisca il dipartimento delle Pari Opportunità in un maxi dicastero insieme alle deleghe Affari Giovanili e Sport. Decisione che non ha trovato ancora conferma, ma che ha già suscitato un vespaio di polemiche provenienti dal fronte della futura opposizione di Governo.

Facciamo quindi chiarezza su cosa sia un ministero e un ministro con e senza portafoglio.

Cos’è un ministero e in cosa differisce da un dicastero?

Sembra una domanda banale, ma effettivamente non tutti sanno cos’è un ministero.

Il ministero statale rappresenta uno degli apparati amministrativi in cui si articola la pubblica amministrazione e al vertice ha un membro del Governo e, quindi, il ministro. Diciamo subito che dicastero è una denominazione poco usata rispetto a ministero, ma in pratica sono la stessa cosa. Nella maggior parte degli ordinamenti si usa la denominazione ministero, per esempio in Italia, Francia, Germania, Spagna, Brasile e Portogallo, mentre viene utilizzata di più la parola dicastero nei Paesi anglosassoni, in Svizzera e nelle Filippine, per fare qualche esempio.

Il numero dei dicasteri varia da Stato a Stato, tra i principali: affari esteri, interni, finanze, difesa, giustizia. Questi sono quelli più antichi, che rappresentano il nucleo originario delle funzioni statali. Con l’estendersi di queste funzioni nel corso del XX secolo si sono aggiunte altre componenti di Governo, competenti in determinati settori come agricoltura, commercio, industria, trasporti e altri. Per l’erogazione di determinati servizi pubblici abbiamo invece istruzione, sanità, poste, altri ancora per determinate politiche economiche o sociali, sicurezza sociale, lavoro, pari opportunità, giovani, cooperazione internazionale, ambiente.

Nell’ambito della sua sfera di competenza, il dicastero esercita funzioni pubbliche, essenzialmente amministrative, in conformità all’indirizzo politico stabilito dal Governo; il membro dell’esecutivo preposto al dicastero assicura la traduzione dell’indirizzo politico nell’attività amministrativa. Le funzioni amministrative attribuite al dicastero possono consistere nell’esercizio di pubbliche podestà e nell’erogazione di servizi pubblici.

Il dicastero è articolato in una pluralità di uffici strutturati con a capo il ministro oppure il Capo del Governo. Il dicastero assegnato a un ministro costituisce il suo portafoglio; vi possono essere ministri preposti a una pluralità di dicasteri e in alcuni ordinamenti, dicasteri ai quali sono preposti più ministri.

Ministro con portafoglio

Per descrivere questo ruolo all’interno del Governo possiamo dire, come prima cosa, che la dicitura ministro con portafoglio non è del tutto corretta: bisognerebbe modificarlo in ministro con portafogli, come veniva chiamata l’antica borsa in pelle che conteneva i documenti privati dei primi Ministri dell’Italia unita durante le loro missioni ufficiali. Il termine, che negli anni si è modificato al singolare ed è diventato un modo per indicare la carica del ministro e anche il ramo dell’amministrazione assegnato, deriva da un vecchio modo di dire usato nell’Italia liberale dell’Ottocento.

Nel nostro Paese il numero dei ministeri e le loro funzioni sono stabiliti per legge, come previsto dalla costituzione (art. 95, comma 3) e la norma che disciplina questi aspetti è il decreto legislativo 300 del 1999 (art. 2).

Il ministro “con portafoglio” è quindi un componente del Governo che è a capo di una parte dell’amministrazione dello Stato e al vertice di un ministero vero e proprio, dotato di una capacità di spesa, di un bilancio, di uffici e funzionari (sono, per esempio, quelli di Economia, dell’Interno, Salute, Esteri, Giustizia, Lavoro, Istruzione, Università e ricerca, Difesa, Infrastrutture e Trasporti, Sviluppo economico, Politiche agricole, Cultura, Turismo e Ambiente).

Ministro senza portafoglio

Il ministro “senza portafoglio” invece è parte del Governo e del Consiglio dei ministri, ma non è a capo di un ministero e non dispone di uffici alle sue dipendenze e generalmente gli è affidato un dipartimento interno alla Presidenza del Consiglio. Quella di nominare Ministri senza portafoglio è una prassi comune fin dai primi anni dell’Italia unita, ma fu regolata ufficialmente solo nel 1988, con la legge numero 400. Nella norma si dice che il compito dei ministri senza portafoglio è quello di svolgere “le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei Ministri”, all’interno del quale i Ministri senza portafoglio hanno gli stessi poteri e prerogative di quelli con portafoglio. In teoria entrambe le figure possono contribuire nella stessa maniera alle decisioni del Governo.

Il compito del ministro senza portafoglio è quello di contribuire a dare l’indirizzo politico del Governo, all’interno dell’area di competenza affidatagli dal Presidente. Giuridicamente sono ministri a tutti gli effetti ma rispetto ai colleghi con portafoglio detengono molto meno potere di gestione amministrativa. Le deleghe dei ministri senza portafoglio cambiano, come detto, di Governo in Governo, motivo per cui la possibile decisione del futuro premier Meloni sull’accorpamento del dipartimento delle Pari Opportunità in un maxi dicastero insieme alle deleghe Affari Giovanili e Sport sarebbe possibile, al di là dei giudizi politici e morali.

Ministro delle Pari Opportunità: compiti e storia

Al centro delle ultime polemiche politiche pre-costituzione del Governo, il Dipartimento per le Pari Opportunità è prima di tutto - e bisogna ribadirlo - un dipartimento e non un ministero. Questo è presente nella Presidenza del Consiglio dei ministri ed è chiamato a coordinare le iniziative normative e amministrative delle materie riguardanti le politiche di pari opportunità. Al vertice di questo dipartimento c’è un ministro - o ministra - senza portafoglio: l’ultima a ricoprire questo incarico in ordine di tempo con il Governo Draghi è stata Elena Bonetti, a cui era affidata anche la delega alle politiche della famiglia.

Facendo qualche passo indietro, questo dipartimento viene istituito nel 1996 come supporto alle attività del ministro senza portafoglio e nel 1997 ne vengono fissate le funzioni principali. Una prima organizzazione del dipartimento si ha con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 405 del 1997 e, successivamente, viene realizzato il primo codice in materia di diritti e pari opportunità. Con il D. Lgs. n. 198 del 2006, viene approvato anche il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

In questo Dipartimento operano vari organismi collegiali con le relative segreterie di supporto, come per esempio la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, l’Osservatorio sul fenomeno della tratta degli esseri umani, l’Osservatorio nazionale contro le molestie gravi e la violenza alle donne e per orientamento sessuale e identità di genere, il Comitato per l’imprenditoria femminile, la Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna, solo per citarne alcuni.

Rispetto alla Prima Repubblica, in una razionalizzazione della macchina amministrativa, il numero di ministeri con portafoglio è stato progressivamente ridotto. Negli anni 2000 abbiamo avuto un’inversione di tendenza, invece, con l’aumento del numero di ministri senza portafoglio. Il governo Berlusconi II (2001 - 2005) ne aveva 9, il Berlusconi III (2005 - 2006) 11, il Prodi II (2006 - 2008) 8. Il successivo Berlusconi IV, pur riducendo ulteriormente il numero di ministri con portafogli (solo 12, rispetto ai 18 del precedente esecutivo) era composto da 9 ministri senza portafoglio.

Leggi anche
I corazzieri durante il primo ciclo di consultazioni politiche formali per il nuovo governo al Quirinale, il 20 ottobre 2022.
Politica italiana
di Giunio Panarelli 3 min lettura
Politica
di Giunio Panarelli 3 min lettura