Diritti

Premier donna: io dico sì, io dico no

Abbiamo chiesto a giornaliste, attiviste, intellettuali cosa pensino della prima - quasi sicura - Presidente del Consiglio donna. Farà bene per il genere? Farà male? E perché?
Giorgia Meloni durante l'elezione del Presidente della Camera il 14 ottobre 2022.
Giorgia Meloni durante l'elezione del Presidente della Camera il 14 ottobre 2022. Credit: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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17 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

I risultati delle urne all’alba del 26 settembre ci hanno consegnato, con ogni probabilità, la prima Presidente del Consiglio donna: Giorgia Meloni. Ma basta questo per auspicare a uno scatto in avanti della condizione femminile nel nostro Paese o serve altro? Lo abbiamo chiesto ad alcune giornaliste, intellettuali, attiviste e professioniste in diversi campi

1) Giorgia Meloni sarà con ogni probabilità la prima donna presidente del Consiglio italiano. Alla luce del fatto che le donne elette in questa tornata siano solo circa un quarto del totale, questa è già di per sé una notizia positiva da festeggiare a prescindere dal proprio orientamento politico oppure non entrando nel merito delle sue idee e del suo programma si finisce per avallare il principio della “donna a caso” purché sia donna?

Secondo Paola Sammarro, giornalista e fondatrice del centro di salute femminile Io Calabria, «una donna su un milione non è una vittoria. Come non lo è mai una voce soltanto contro una discriminazione. Servono pluralità di voci. Serve un coro. Servono quindi tante donne al governo, che possano rappresentarne quante più possibili».

Dello stesso avviso Jennifer Guerra, che in quanto giornalista femminista e attivista, di fronte a una donna di potere si chiede se questa faccia qualcosa per far sì che anche altre possano raggiungere la stessa capacità di autodeterminazione. «Nel caso di Giorgia Meloni per me la risposta non è soddisfacente, a partire dalla sua posizione sull’aborto. Se vuoi dare a una donna il diritto a non abortire, ovvero convincerla a non farlo, significa non rispettare i suoi desideri che possono essere diversi dai tuoi. Questo varrebbero anche per una politica di sinistra perché essere donna non è garanzia di occuparsi del destino delle altre».

Non è fan della “prima donna” nemmeno la communication trategist Ella Marciello. «Meloni non è una leader femminista e non incarna il concetto di parità perché la sua carriera politica è il calco di qualunque altro percorso maschile e maschilista, così come lo sono i toni, le idee e i metodi che usa per piegare il consenso. Lavorare per la parità significa primariamente smantellare gli ostacoli e le costrizioni che ancora oggi esistono in ogni ambito per chi non è nato maschio, bianco, eterosessuale, cisgender, abile e occidentale. Non mi pare che Meloni stia lavorando in questa direzione».

Non crede che una donna valga l’altra neppure Ilaria Dondi, direttrice responsabile di Roba da Donne, che pur non vedendo nell’elezione di Giorgia Meloni una vittoria femminista, non ne misconosce il primato storico, «così come fu per Tina Anselmi prima ministra nel 1976, Nilde Iotti prima presidente della Camera nel 1979, e Maria Elisabetta Alberti Casellati prima presidente del Senato nel 2018. Mi sembra però interessante interrogare l’evidente maggiore capacità della destra di mandare avanti le donne, in Italia ma non solo: da Meloni a Le Pen, a Roberta Metsola, anche se di nuovo non ci vedo femminismo, quanto un’ottima strategia di ricollocamento femminile per garantire e rafforzare la matrice maschilista della politica di Destra».

Parla di notizia positiva, invece, l’imprenditrice Maddalena Tronchetti Provera «ma per la persona, non semplicemente perché donna. Donne candidate purché donne se ne sono viste fin troppe e forse è questo ha portato alle poche elette all’ultima tornata».

Secondo la giornalista Marianna Aprile il ragionamento dovrebbe essere più ampio. «Quando si parla della presenza delle donne in politica c’è quasi sempre poco da festeggiare, per tante ragioni. Il Pd a esempio ha sempre sostenuto di essere sensibile al tema, ma sul totale dei suoi eletti in Parlamento a queste elezioni solo un terzo è donna. E ancora: Matteo Renzi rivendica che il suo governo avesse tante ministre quanti ministri. Vero, l’unico finora. Ma non ricorda mai che quella parità durò pochissimo perché Mogherini e Guidi lasciarono presto per motivi diversi e furono rimpiazzate da uomini. Potremmo continuare ma il punto è già evidente: sì c’è da festeggiare per la vittoria di Giorgia Meloni anche se, come nel mio caso, non si potrebbe essere più lontani dalle sue idee. Ma non perché è donna ma perché è una donna che non si è accontentata di ritagliarsi uno spazio né di farselo concedere: se lo è creato. Basta questo? Affatto. Ma è un inizio, il passo imprescindibile per dimostrare che si può giocare alla pari».

Si sofferma, infine, sul dato delle poche donne elette, Maria Enrica Danese, capo della funzione Institutional Communications, Sustainability, Project & Sponsorship di Tim, «è sconfortante soprattutto perché evidenzia che non c’è un cambiamento ma che la politica resta ferma sui suoi assetti tradizionali e non guida il Paese interpretando i bisogni delle persone. Giorgia Meloni, considerato il suo elettorato, non è stata scelta perché donna, quindi non credo proprio che sia stato avallato il principio della donna a caso purché sia donna, e meno male!»

2) Lei stessa alcune settimane fa ha detto che se fosse giunta a questo traguardo avrebbe sfondato il tanto famigerato tetto di cristallo, dando l’esempio di come anche le donne possano prendersi la leadership. È così o quella di Giorgia Meloni è un’ascesa solitaria che non cambierà nulla per le altre?

«Anche se non sono d’accordo politicamente con lei credo sia brava nel suo mestiere - afferma Jennifer Guerra - Tuttavia è innegabile che militi in un partito fortemente maschile e che al suo successo politico abbiano contribuito quasi esclusivamente uomini, come avvenne a Margaret Thatcher che non aveva, perché non le voleva, donne nello staff. Non so se sia il caso di Meloni però penso che essersi sempre conformata a una formazione politica maschilista abbia giocato a suo vantaggio e che la sua ascesa non possa portare a un miglioramento generale automatico».

Nessun tetto di cristallo infranto nemmeno per Paola Sammarro. «Fratelli d’Italia e non è composta da una prevalenza di donne o dalla metà, ma è un partito con forti valori patriarcali, guidato da uomini, che relegano la donna a una funzione marginale. Meloni non vuole creare spazi nuovi pensati per le donne, semplicemente si trova bene nel sistema così com’è e cerca solo di trarne maggiore vantaggio».

Così come per Ella Marciello. «Giorgia Meloni è una donna che piace agli uomini perché rende il femminile tollerabile. Per sfondare il soffitto di cristallo serve fornire un modello alternativo nelle logiche e nell’esecuzione e portare le altre con sé. Il soffitto si sfonda se la crepa diventa ogni giorno più grande da lasciar passare tutte, non se rimane feritoia angusta in cui lo spazio è sempre lo stesso. A lei manca il concetto di collettività femminile».

Secondo Ilaria Dondi seppur la scalata in solitaria di una leader emblema del sistema maschilista non faccia emancipazione ha comunque aspetti positivi. «La sua presenza nella stanza dei bottoni finora riservata solo ai maschi creerà un precedente dicendo, mi auguro, a bambine, ragazze e altre donne che quel posto possiamo andare a prendercelo, magari la prossima volta non per impersonare ma per decostruire un assetto sociale ad alto tasso di discriminazione, non solo di genere».

Della stessa linea Maddalena Tronchetti Provera secondo la quale «il sistema non cambia ma il fatto che Giorgia Meloni abbia conquistato una leadership fino a ieri riservata solo a uomini potrà dare fiducia ad altre donne e incitarle a lottare per il loro percorso».

Si unisce al coro Marianna Aprile. «Quella di Meloni è un’ascesa solitaria in un partito con pochissime altre donne, e sono abbastanza convinta che non attuerà politiche utili al raggiungimento della parità di genere: basta leggere il programma di Fratelli d’Italia per sentire odore di focolari Anni 50 di cui essere miti angioletti. Ma se la sua ascesa ha un pregio è dimostrare che si può fare. Le donne possono diventare presidenti del Consiglio, leader di partito. Possono addirittura fondarne uno. Le ragazze appassionate di politica ora ne hanno la prova. La sfida, per quelle tra loro che non la pensano come Meloni è riuscire a fare lo stesso portando avanti un’idea meno conservatrice di donna».

«Che ci siano donne capaci e che incarnano perfettamente l’idea di leadership lo do per scontato - sottolinea Maria Enrica Danese - Il problema è superare il gap di genere nella società. La parità sarà raggiunta quando lo diranno i numeri e quando avverrà avremo donne non troppo brave e non tanto leader e ci chiederemo semplicemente qual è la persona giusta».

3) Provi a immaginare un’ipotetica giornata tipo di Giorgia Meloni Premier. Pensando a tutti gli impegni che la vedranno in prima linea, da quelli lavorativi a quelli personali, mettendosi nei suoi panni in quali di essi pensa si troverebbe più in difficoltà?

«Quasi certamente mi troverei a subire tutti quei sottili attacchi sessisti che bersagliano una donna in posizione di leadership, a prescindere dall’appartenenza politica - immagina Jennifer Guerra - Inoltre, probabilmente la conciliazione tra professione e vita privata sarà un tema anche per Meloni e ancora una volta sarà evidente la differenza con gli uomini al potere, per i quali nessuno si pone questi quesiti».

Ella Marciello farebbe molta fatica «a uniformarsi a un mondo in cui la mia identità è osteggiata e relegata ai margini, in cui la retorica della self made woman è l’unica possibile. Penso che Meloni creda genuinamente di avercela fatta da sola, ma a quale prezzo? Quel concetto di forza, di andare a prendersi ciò che si vuole è sano e dovremmo farlo nostro ma il punto è: riesco a farlo senza escludere, schiacciare, fomentare odio, limitare la libertà altrui? Ecco, io non riuscirei mai a stare in quel perimetro».

Paola Sammarro ricorda come Meloni abbia detto di non voler abolire o modificare la legge 194, ma solo aggiungere un diritto, ovvero dare la possibilità chi si sente costretta ad abortire per diversi motivi di fare una scelta diversa. «A chi le fa notare che è molto difficile in Italia avere accesso sicuro a luoghi appositi per praticare l’aborto, a causa dell’alto numero di obiettori di coscienza, risponde che non può intervenire sulle coscienze altrui. Ma come può una donna essere libera di scegliere a queste condizioni? Ecco, credo che mi troverei molto in difficoltà a firmare la “Carta dei principi” dei Pro Vita e affini, mentre altri bambini possono tranquillamente morire in mare, per strada, dispersi chissà dove. Un po’ come a dire che ci sono bambini benedetti da “Dio, Patria e Famiglia” e altri che sono figli di nessuno. Stranieri e basta. Meglio il cimitero dei feti che quello del Mediterraneo».

Secondo Ilaria Dondi «Ci sono temi inderogabili. Siamo alla soglia del collasso eco-climatico e l’unico modo che abbiamo per vederci in un futuro, in cui a governare sia la Destra o la Sinistra poco importa, è ripensare il sistema capitalistico che sta consumando il Pianeta».

Per attuare le misure necessarie per governare al meglio Maddalena Tronchetti Provera pensa si troverebbe in difficoltà «nell’attrezzarmi della necessaria diplomazia per ricomporre i conflitti e pregiudizi in sede europea».

Non ne fa una questione femminile nemmeno Marianna Aprile «La futura Presidente del Consiglio ha davanti un Paese in recessione, una guerra oltre confine, un’inflazione in crescita, una pandemia che stenta a lasciarci, una maggioranza litigiosa e divisa, un’opposizione frammentata, un Paese in cui quasi il 40% degli elettori diserta le urne, una disoccupazione giovanile altissima, il Pnrr da attuare, un tasso di abbandono scolastico in crescita, una disparità incancrenita tra Nord e Sud, una società sempre più povera e incattivita. Mi fermo per non deprimermi troppo ma il punto è che avrà vita difficilissima, un cammino accidentato e sfide da far tremare i polsi. Che quei polsi siano di una donna non sposta di una virgola la difficoltà della sfida».

I problemi interni alla coalizione, invece, sarebbero quelli dai maggiori grattacapi per Maria Enrica Danese. «Giorgia Meloni ha impostato la sua leadership sul costante controllo della comunicazione sulle posizioni di Fratelli di Italia, su cui ha messo la faccia in prima persona. Ora il suo vero problema sarà combattere l’irrequietezza e la voglia di visibilità degli alleati che invece si muovono in maniera più scomposta».

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