Ambiente

Gli alberi italiani non se la passano affatto bene

Preoccupa l’abbandono di milioni di ulivi, tra crisi climatica e rincari del materiale per la produzione dell’olio. E nella Capitale molte piante sono a rischio crollo
Un albero caduto a causa del forte vento sul litorale romano, nel dicembre 2019.
Un albero caduto a causa del forte vento sul litorale romano, nel dicembre 2019. Credit: ANSA/Emanuele Valeri
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12 ottobre 2022 Aggiornato alle 20:00

Negli ultimi 10 anni il batterio xylella fastidiosa si è portata via 20 milioni di ulivi, ma oggi altri 30 milioni di questi alberi secolari devono essere salvati da nuove criticità.

Tra crisi climatica, che intensifica i fenomeni meteo gravi (dalla siccità alle ondate di calore sino alle tempeste), e crisi economica collegata alla guerra in Ucraina e al caro energia, gli alberi di ulivo in Italia oggi non se la passano affatto bene.

Secondo un allarme lanciato da Coldiretti e Unaprol-Consorzio Olivicolo Italiano, in vista del periodo di raccolta, “sono 30 milioni gli ulivi da salvare in Italia abbandonati a causa del cambiamento climatico e per l’esplosione dei costi che mettono a rischio anche la sopravvivenza di quel patrimonio di biodiversità e storia rappresentato dagli alberi secolari”.

A partire dalla civiltà romana, ricordano le associazioni di categoria, l’Italia ha sempre avuto una storia di grandissima cultura dell’olio, tanto da essere regina in Europa “con il suo patrimonio di 42 Dop e 7 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie, mentre Spagna e Grecia inseguono il nostro Paese a distanza con appena 29 riconoscimenti”.

Attualmente più della metà della produzione nazionale di olii Dop e Igp viene esportata, con il valore degli scambi cresciuto del +55% negli ultimi cinque anni passando da 40 a 62 milioni di euro, ma il 20% del patrimonio nazionale di 150 milioni di ulivi oggi risulta in abbandono. I motivi sono vari: dalle malattie delle piante (vedi i danni da xylella in Salento, batterio che ora sta toccando anche le piante del sud della provincia di Bari) agli effetti della guerra in Ucraina, “gli investimenti in olivicoltura sono oggi difficili. Con l’esplosione dei costi aumentati anche del 200% per le aziende olivicole, quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura” spiegano le associazioni citando i dati Crea (Centro di ricerca Alimenti e nutrizione)

Gli effetti delle tensioni internazionali e delle ricadute sul mercato stanno così portando a rincari che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, “ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica e l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati”.

Cifre che portano, insieme agli effetti della crisi climatica, la stagione olivicola appena iniziata a “un crollo della produzione nazionale di olive con le famiglie del Belpaese devono dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy”.

Da sola, la siccità ha contribuito sulla produzione a un calo del 30%, anche se per fortuna “è salva la qualità che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale” ricordano Coldiretti e Unaprol.

Nel tentativo di salvare più ulivi possibili le due associazioni sono ora impegnate anche “nel recupero e nella manutenzione degli uliveti di alcuni tra i più importanti parchi archeologici italiani” (sono stati avviati studi specifici, per esempio, sull’Albero Bello di Villa Adriana, grazie a un progetto del Crea/Ofa, per individuare caratteri utili per la resilienza al cambiamento climatico e per il comportamento produttivo).

Se l’Albero bello di Villa Adriana a Tivoli potrà essere utile a scoprire segreti per la salvaguardia degli ulivi, nella vicina Capitale però recentemente tanti altri alberi non se la passano bene tra crolli e malattie.

Di recente a Roma in via Cernaia un albero è crollato all’interno del giardino del Museo nazionale romano a pochi metri dalla sede del ministero delle Finanze, ultimo esempio di diverse piante che sempre più spesso tra eventi meteo, fine vita e malattie, cadono all’improvviso e per cui diverse associazioni chiedono “di programmare un piano straordinario per difendere l’ambiente e gli alberi della Capitale più verde d’Europa”.

In diversi quartieri sono scattate operazioni di abbattimento, soprattutto per alberi secchi e ormai pericolosi: 16 acacie di via Furio Camillo e nell’Appio Latino e almeno 2 esemplari di Pinus pinea all’interno di Villa Lazzaroni. Entro un anno, secondo la legge, dovranno essere sostituiti con altre giovani piante.

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