Bambini

Sudan: i bambini han perso la scuola

Inondazioni, guerre e povertà. Così un terzo dei piccoli non ha più accesso all’istruzione: è una “catastrofe generazionale”
Credit: Jordan Rowland/ Unsplash
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8 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

C’è un aspetto all’interno della narrazione delle crisi che spesso viene trascurato, considerato secondario. E questo aspetto è quello legato all’istruzione. Istruzione che si dà per scontata, o considerata una perdita minore in un contesto in cui guerra e catastrofi ambientali sono all’ordine del giorno.

Eppure è una perdita devastante, sia dal punto di vista umano che sociale, una perdita che, un giorno, presenterà il conto da pagare alle generazioni attuali e a quelle future. E quanto sta accadendo in Sudan non è che un tragico esempio.

In Sudan, infatti, le recenti inondazioni e i continui attacchi delle milizie hanno distrutto oltre 600 scuole soltanto nei mesi di agosto e settembre, scuole che, nella maggior parte dei casi, sono solo gusci di edifici, privi di mobili, acqua corrente o servizi igienici.

«Tutte le aule sono crollate nell’alluvione – racconta Mahmoud Isagh, insegnante di 55 anni e padre di 16 figli, di cui uno morto a causa delle inondazioni – Gli alunni si sono trasformati in venditori nei mercati e così anche gli insegnanti. Ora vendo cipolle al mercato invece di insegnare, e alcuni dei miei figli mi aiutano, ma la maggior parte sono ragazze e non possono lavorare».

E ora si prova a ripartire, ma milioni di bambini non sono ancora in grado di andare a scuola, lasciando il Paese di fronte a una “catastrofe generazionale”. Le cause sono molteplici, e vanno dalla povertà alla mancanza di insegnanti qualificati, dagli scioperi del personale docente agli effetti scatenati dalla pandemia.

In questo contesto, secondo Unicef e Save the Children, quasi 7 milioni di bambini sudanesi tra i 6 e i 18 anni non vanno affatto a scuola. E lo Stato più colpito è il Darfur centrale, dove il 63% dei bambini non va scuola; fanno seguito il Darfur occidentale, con una percentuale del 58% e lo Stato orientale di Kassala, con il 56%.

Nella dichiarazione congiunta dei due enti umanitari, inoltre, si legge che l’istruzione di altri 12 milioni di bambini sarà pesantemente interrotta a causa della mancanza di insegnanti, infrastrutture e assenza di un ambiente di apprendimento adeguato.

E la maggior parte di coloro che hanno avuto la possibilità di rimanere in classe hanno subito gravi danni nell’apprendimento: secondo l’Unicef, il 70% dei bambini di 10 anni nelle scuole pubbliche non riesce a leggere una semplice frase. Le classi sono sovraffollate, e gli insegnanti non riescono a svolgere il loro lavoro.

«È una catastrofe generazionale – afferma Owen Watkins, capo delle comunicazioni Unicef Sudan – I bambini sono sempre il futuro di un Paese. Investire in loro è la cosa giusta da fare e contribuiranno enormemente al futuro PIL del Paese».

A sottolineare ulteriormente la drammaticità della situazione è Ahmed el-Safi, un insegnante ed ex preside di una scuola a Um-Oshar, nella periferia meridionale di Khartoum: nella sua strada di 20 case, da tre a quattro bambini per famiglia non frequentano la scuola. «Molti di loro devono andare al mercato per vendere sacchetti di plastica o qualsiasi altra cosa per nutrirsi», dice.

E aggiunge: «Nonostante sia stato insegnante e preside di una scuola, ho scoperto che mio figlio saltava le lezioni per andare a vendere i biglietti in un cinema a Omdurman. Quando gli ho chiesto perché lo facesse, mi ha detto che non poteva andare a scuola se nella sua vita mancavano alcune cose essenziali. Gli stipendi degli insegnanti sono bassi, e non riusciamo a nutrire adeguatamente i nostri figli».

Una crisi, quella dell’istruzione, che non può e non deve essere considerata di minore importanza. Perché i bambini di oggi saranno gli adulti di domani. E senza istruzione non può esserci futuro.

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