Diritti

Sabino Cassese: «La parità, mancano ancora i mezzi per realizzarla»

Lo storico costituzionalista spiega in un’intervista a La Svolta il suo punto di vista sulle elezioni appena concluse, sia sul presidenzialismo - di cui si è già parlato parecchio - sia sulla misura da trovare tra tutela dell’ambiente e tutela del paesaggio
Sabino Cassese durante la tavola rotonda "Modi di formazione dell'opinione pubblica nell'epoca del digitale" durante il convegno Rai - Agcom dal titolo "Infrastrutture, Accesso e Informazione nella Società Digitale", il19 luglio 2019.
Sabino Cassese durante la tavola rotonda "Modi di formazione dell'opinione pubblica nell'epoca del digitale" durante il convegno Rai - Agcom dal titolo "Infrastrutture, Accesso e Informazione nella Società Digitale", il19 luglio 2019. Credit: ANSA/CLAUDIO PERI
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 6 min lettura
10 ottobre 2022 Aggiornato alle 12:00

Da quando Giorgia Meloni è stata eletta con una maggioranza schiacciante, e si è cominciato a parlare di modifica alla Costituzione, Sabino Cassese - giurista e accademico italiano, già ministro per la funzione pubblica nel governo Ciampi (1993-1994) e giudice della Corte Costituzionale - è intervenuto in diverse occasioni sul tema. Non più tardi di ieri, il suo editoriale in prima pagina sul Corriere della Sera, è un invito a Consiglio di Stato e Ragioneria generale dello Stato a “cogliere i mutamenti intervenuti nella struttura dei poteri pubblici e dotarsi della «expertise» tecnica necessaria”. È uno dei grandi guru del Paese. Ascoltato a destra e a sinistra. Classe 1935, è uno dei grandi vecchi del nostro Paese, più allegro e più vivace di tanti splendidi cinquantenni.

1 - Un commento politico alla vittoria di Fratelli d’Italia. Quali le cause e quali le conseguenze?

C’è stata un’evidente sfiducia nella offerta politica delle altre forze in campo, e il desiderio di sentire una voce nuova. Certo la legge Rosato ha lasciato poca scelta, e questa è stato il risultato.

2 - Come giudica la campagna elettorale appena conclusa? La battaglia contro la “deriva fascista” è stata una strategia perdente, per la sinistra…?

Ho trovato molto carente la parte programmatica, e necessariamente contratto il dibattito, per la carenza di tempo. Inoltre, mediocre nella capacità di mobilitazione a causa della debolezza dei partiti e della scarsa incisività delle loro piattaforme politiche. Quanto alla demonizzazione dell’avversario da parte del Partito Democratico, io credo abbia subìto una valutazione giustamente negativa da parte dell’elettorato perché la competizione democratica deve svolgersi sulla base della critica dei programmi, non ricorrendo a una sorta di delegittimazione degli avversari.

3 - Abbiamo letto in recenti interviste a Corriere e Repubblica la sua idea di Presidenzialismo. Ce la spiega?

L’ipotesi presidenzialista fu considerata nel ‘46 e scartata perché era troppo vicina l’esperienza del Ventennio fascista e il timore dell’uomo forte al comando. Numerosi costituenti erano favorevoli a un sistema Presidenziale: si adottò poi un sistema parlamentare, ma senza le correzioni che pure erano state auspicate. Uno dei molti tipi di Presidenzialismo è stato più volte evocato e proposto negli ultimi quarant’anni. Oggi ci troviamo in una situazione difficile, con il governo nazionale polo debole tra due poli forti, quello substatale e quello sovranazionale. Comuni e regioni hanno sistemi di tipo presidenziale. L’Unione europea ha anch’essa un esecutivo stabile. Quindi si tratta di correggere la Costituzione nel suo punto più debole, quello che ha consentito la successione di 67 governi in 74 anni. Tuttavia, di presidenzialismi ne esistono molti e si tratta di scegliere quello più idoneo all’Italia.

4 - Quali riforme costituzionali secondo lei, avrebbero senso?

La Costituzione nel suo complesso ha retto bene, per cui non c’è bisogno di molte modifiche. Bisognerebbe rafforzare le norme che prevedono l’accesso agli uffici pubblici e alle corti con procedure di carattere meritocratico. Bisognerebbe rafforzare l’indipendenza delle autorità amministrative indipendenti, riconoscendole anche nella Costituzione. Queste e poche altre minori modifiche potrebbero accompagnarsi a quelle che introducono una qualche forma di stabilizzazione dell’esecutivo.

5 - È stato giusto tagliare i parlamentari? E la riforma di Renzi, che idea si era fatto?

Sarebbe stato opportuno migliorare la qualità dei parlamentari piuttosto che ridurne la quantità. Ma ormai la riforma è in vigore e occorre adeguare alla riforma strutture e funzionamento interno delle due Camere. La proposta di Riforma Costituzionale di Renzi del 2016, come quella di Berlusconi del 2006, non ha avuto successo ed è ormai un capitolo chiuso.

6 - Pensa che una leader “non femminista” possa far bene il suo lavoro, in favore delle politiche di genere?

L’articolo 3 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso. Con tanti anni di ritardo, questo principio è diventato realtà, anche se non si è affermato dovunque. Penso che oggi tutti ne siano convinti. Mancano quegli strumenti e mezzi realizzativi che possono permettere a tutte le persone, qualunque sia il loro genere, di dedicarsi in condizioni di parità alle funzioni pubbliche.

7 - È peggio un “uomo solo” al comando o “una donna sola”?

Sia un uomo solo sia una donna sola al comando sono da temere perché la storia lenta dell’affermazione dei principi democratici dimostra la necessità che il potere vada sempre bilanciato, contenuto, controllato, limitato.

8 - Pensa che oggi ci siano dei rischi sulla tenuta delle istituzioni? Se sì e se no, perché? Secondo lei l’articolo 11 è compatibile con l’invio di armi?

La democrazia italiana, quella introdotta dalla costituzione del 1948, ha ormai tre quarti di secolo di vita, è abbastanza matura. I principi democratici sono condivisi dalla società: il pluralismo è assicurato e ci sono robusti contro-poteri. Quanto all’invio di armi, l’articolo 11 della Costituzione è chiaro: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa, ma consente l’uso di armi come strumento di difesa, tant’è vero che l’Italia ha un esercito. Se il ripudio della guerra fosse totale, sia come strumento di offesa, sia come strumento di difesa, non dovremmo neppure avere un esercito.

9 - Recentemente, lo scorso febbraio, sono state aggiunte alla Costituzione delle tutele dell’ambiente, nell’articolo 9 e nell’articolo 41 che scriviamo qui per i lettori. Quali conseguenze avranno queste modifiche?

Articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

Queste due modifiche portano al livello costituzionale il riconoscimento di importanti interessi collettivi che hanno già avuto un ampio riconoscimento a livello legislativo ordinario. Costituiscono, in altre parole, la costituzionalizzazione i principi già condivisi dalla nostra società. Richiedono ora attuazione concreta e impongono difficili bilanciamenti che, però, non debbono rallentare l’azione dei poteri pubblici, quando questi debbono fare una ponderazione tra interessi tra di loro confliggenti, come quelli della tutela dell’ambiente, della tutela del paesaggio, della tutela dei beni culturali, della tutela dello sviluppo economico.

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di Cristina Sivieri Tagliabue 4 min lettura