Economia

Superbonus 110%: si avvicina la resa dei conti?

La scadenza per la misura è fissata al 31 dicembre. Il problema non è solo il rinnovo quanto una riforma completa del sistema. Sul tema già iniziano a circolare le prime ipotesi
Credit: Becca Taper/ Unsplash
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5 ottobre 2022 Aggiornato alle 12:00

«Chi ha disegnato il Superbonus è colpevole. E ora dobbiamo salvare le imprese in difficoltà». Le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi pronunciate a fine luglio al Senato risuonano ancora nella testa degli italiani. Per questa misura, amata dal Movimento Cinque Stelle e fortemente criticata da altre forze politiche, si avvicina la resa dei conti. Migliaia di contribuenti e di imprese sono col fiato sospeso: hanno programmato i lavori e spesso li hanno iniziati, ma non sanno se e quando li potranno finire.

La scadenza

Il 31 dicembre scade il superbonus per le abitazioni indipendenti, il bonus barriere architettoniche e il bonus facciate. Il problema non è tanto il rinnovo (l’addio al bonus facciate nella forma attuale è dato per scontato), quanto una riforma completa del sistema dei bonus. Sul tema già iniziano a circolare le prime ipotesi, mentre ogni giorno aumentano gli appelli per una proroga dei termini.

Il Superbonus oggi

Allo stato attuale il superbonus è ancora praticamente bloccato. Il problema principale è quello della responsabilità solidale del cessionario: ovvero il rischio che, se si evidenziasse una qualche irregolarità nella richiesta di bonus da parte del contribuente, il cessionario si vedrebbe bloccato il suo credito fiscale.

Le nuove norme prevedono che il cessionario può essere giudicato corresponsabile solo in caso di sua colpa grave o dolo nell’acquisto del credito. E se sul dolo i dubbi sono pochi, più complessa è la situazione sulla colpa grave. In particolare quando il cessionario è una banca, cioè nella stragrande maggioranza dei casi.

Una circolare dell’Agenzia delle Entrate di giugno non è riuscita a stabilire criteri chiari su questo tema. Per esempio è indicativo di mancata diligenza aver acquistato un credito di importo sproporzionato rispetto al valore dell’immobile o al reddito del contribuente. Un’indicazione che rende ambigua, per esempio, la posizione di un pensionato che abita in una casa popolare. E così finché la situazione non viene chiarita, le banche evitano il rischio di macchiarsi di mancata diligenza e la situazione non si sblocca.

Addio 110%

Un aspetto del superbonus molto criticato da Draghi è che una misura che prevede la restituzione del 110% di quanto speso non dà al contribuente alcun incentivo a contrattare sui prezzi delle opere e pertanto questi aumentano a dismisura.

L’idea che circola in questi giorni è quindi quella di abbassare le aliquote attorno al 70-60%. L’idea sarebbe di lasciare il superbonus al 110% per chi ha già iniziato i lavori, mentre per chi non ha ancora cominciato l’aliquota sarebbe più bassa.

Questo porterebbe comunque il bonus, anche se ridotto, a diventare strutturale o perlomeno a lungo termine. Si penserebbe anche a benefici differenziati per tipologia immobiliare (aliquote più basse per le seconde case) o a seconda del reddito (si pensa di abbassare le aliquote per le case di lusso).

Una misura più iniqua?

Un’altra critica spesso mossa al Superbonus finora è stata quella di essere universale e quindi non fare differenze tra chi ha effettivamente bisogno di un aiuto da parte dello Stato e chi no. Porre un’aliquota più bassa del 110% può però far sorgere barriere di accesso che vanno a svantaggio delle fasce più deboli.

Ipotizzare un bonus al 70% significa che su una spesa di 50.000 euro (difficile stare sotto) per un appartamento in condominio almeno 15.000 ne rimarrebbero a carico del contribuente.

Il pensionato che vive in una casa popolare non sempre avrebbe la possibilità a spenderli e così un’agevolazione che già oggi è considerata “regressiva” (che favorisce cioè chi ha più soldi) lo diventerebbe ancor di più. Le insidie non mancano. E il 31 dicembre si avvicina.

Chi sarà il “colpevole”?

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