Economia

Ricerche a tema ambiente su Google? Un risultato su cinque è greenwashing

Le big del petrolio si fanno ecologiche, su internet. L’obiettivo è influenzare la nostra percezione, quando facciamo ricerche sull’ambiente.
Credit: Paolo Celentano
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 gennaio 2022 Aggiornato alle 11:00

Lo ha scoperto il quotidiano britannico Guardian insieme a InfluenceMap, l’organizzazione di ricercatori londinese che analizza il condizionamento che le aziende esercitano sulle politiche ambientali dei governi. Nella loro ricerca hanno cercato 78 termini correlati al clima, come “net zero” - zero emissioni - o “energy transition” - transizione energetica -, e successivamente analizzato i risultati mostrati dalla piattaforma.

Più di una pubblicità su cinque, delle oltre 1600 apparse, è stata inserita da aziende che hanno interessi significativi nei combustibili fossili. Qualche esempio? ExxonMobil, Shell, Aramco, McKinsey e Goldman Sachs, che secondo il Guardian sarebbero tra i primi 20 inserzionisti per i termini di keywords.

Un sondaggio del 2020 condotto da Varn, la piattaforma di matematici, sviluppatori e analisti di dati, ha mostrato come il 58% degli intervistati non fosse in grado di riconoscere gli annunci su Google. L’aspetto degli ads, abbreviazione di advertising, ha subito molte evoluzioni negli anni: oggi, per esempio, si differenziano dagli altri risultati tramite la piccola scritta in grassetto “Annunci”, di fianco al sito pubblicizzato. Ma, nella versione inglese di Google, è abbreviato in “Ad”, ed è quindi molto più difficile da scovare. D’altronde si tratta di una delle principali entrate del search engine, che fa in modo che l’utente, distrattamente o consapevolmente, ci clicchi sopra. Secondo l’analista di InfluenceMap Jack Carbone, “Google sta permettendo ai gruppi come Shell e Aramco di pagare per influenzare i risultati che un utente si trova davanti quando cerca di informarsi sulla questione climatica”.

Il settore del petrolio e del gas non contesta più la scienza del cambiamento climatico, ma ha cambiato strategia: ora cerca di influenzare il dibattito pubblico sulla decarbonizzazione. A suo favore.

Gli annunci di Shell, per esempio, sono apparsi 153 volte, nell’86% delle ricerche a partire dal termine “net zero”. E in queste pubblicità la società petrolifera anglo-olandese promuove il suo impegno ad azzerare le emissioni entro il 2050.

Gli annunci di Goldman Sachs, che ha stretto affari con Shell per quasi 19 miliardi di dollari nel 2020, sono apparsi in sei ricerche su dieci alla voce “energia rinnovabile”. Mckinsey in otto su dieci, cercando “transizione energetica”.

Gli annunci recitavano “McKinsey lavora con i clienti su innovazione e crescita che promuovono la sostenibilità”. Eppure, secondo il New York Times, l’azienda ha stretto accordi con 43 delle 100 aziende più inquinanti al mondo.

Johnny White, avvocato dell’organizzazione benefica per l’ambiente ClientEarth, ha detto al Guardian che “questo tipo di greenwashing è diventato endemico: per debellarlo dobbiamo legiferare divieti su tutte le pubblicità di combustibili fossili, proprio come è successo con il tabacco”. Google, però, ha dichiarato di aver lanciato una nuova politica che vieta esplicitamente gli annunci che promuovono la negazione del cambiamento climatico. Una politica che si applica a tutti gli inserzionisti, comprese le società energetiche e gli istituti finanziari. “Bloccheremo o rimuoveremo qualsiasi annuncio con contenuti che violano la policy”, ha detto un portavoce della piattaforma. Intanto, sta agli utenti tenere gli occhi aperti di fronte allo schermo del proprio pc o del telefono: gli ads sono dietro l’angolo. E il greenwashing anche.

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