L’Italia s’infiamma per il caro bollette

“Aumentano gas, luce, benzina. E i salari?”. È la domanda scritta su uno dei cartelli che animano la manifestazione indetta a Roma dall’Unione Sindacale di Base (Usb) davanti alla sede centrale di Cassa depositi e prestiti di via Goito.
La controllata del Tesoro è azionista di maggioranza di Eni, tra i giganti dell’energia di cui si chiede che vengano tassati gli extra-profitti generati dall’impennata dei prezzi del gas per finanziare gli aiuti a cittadini e imprese.
«Tassare gli extra-profitti del 25% vuol dire fare un regalo del 75% alle aziende energetiche – dichiara a La Svolta Pierpaolo Leonardi di Usb –. Il fatto che le aziende che erogano energia elettrica siano tutte partecipate dallo Stato attraverso Cdp o dai comuni attraverso le loro municipalizzate (Acea, Hera ecc.) rende gravissimo quanto sta accadendo».
«Inoltre – aggiunge – diverse aziende partecipate dallo Stato hanno fatto ricorso sulla proposta di tassazione del 25% fatta da Draghi, quindi lo Stato ricorre contro sé stesso per non dare soldi allo Stato e consentire così che vengano abbassate le bollette delle famiglie».
Proteste analoghe, in questi giorni, si sono date appuntamento da Nord a Sud nelle principali città italiane per mobilitare il governo contro il caro bollette. A Torino, Bologna, Napoli, Cagliari, Taranto, sindacati, cittadini e associazioni avanzano le stesse richieste.
Alcuni, come Beatrice Gamberini di Potere al popolo, sostengono la necessità di nazionalizzare il settore energetico «che sta scaricando direttamente sulle fasce popolari il costo dell’inflazione», e ribadiscono la necessità di cessare l’invio di armi per trovare una soluzione diplomatica alla guerra in Ucraina.
Infine i manifestanti danno fuoco alle bollette. Un rito simbolico e senza vendetta, un rogo che serve a estinguere, più che a incendiare, un debito che il corpo sociale percepisce come estraneo, contratto da attori di una partita che i contribuenti vorrebbero fosse arbitrata in modo più equo dallo Stato.
«Molte persone non riescono neppure a pagare l’affitto delle case popolari», testimonia Michelangelo Giglio che gestisce gli sportelli di Asia (Associazione Inquilini e Abitanti) Usb a San Basilio e Casal Bruciato. «Ci vengono richiesti i pacchi alimentari perché alcuni non riescono più a fare la spesa», conclude.
«Qualche pazzo pensa che in questa condizione sia possibile abolire il reddito di cittadinanza – aggiunge Leonardi all’indirizzo di Giorgia Meloni –. Vorrebbe dire mettere a ferro e fuoco il Meridione, con milioni di persone che finirebbero senza sostentamento».
Ma contro le misure una tantum, come il bonus da 150 euro previsto dal decreto Aiuti ter, i manifestanti rivendicano il diritto al salario minimo e all’adeguamento degli stipendi.
«Da 26 anni percepisco uno stipendio di 1.000 euro al mese», afferma Loredana, educatrice di asilo nido monoreddito con un figlio a carico e un mutuo sulle spalle che per questo oggi ha deciso di scioperare. «Alle famiglie e ai lavoratori non servono le mancette del governo – aggiunge – ma interventi strutturali sui salari».
