Ambiente

Greta Thunberg e il Nobel per la Pace. Sarà la “svolta” buona?

Da quattro anni l’attivista è fra i candidati, senza però vincere. Quando arriverà un premio simbolico a chi combatte la crisi del clima?
Credit: EPA/CLEMENS BILAN
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4 ottobre 2022 Aggiornato alle 21:00

Per il quarto anno consecutivo Greta Thunberg è una possibile candidata al premio Nobel per la Pace.

E anche quest’anno, soprattutto visto il conflitto in corso in Ucraina, potrebbe non vincerlo.

Quando Greta è nata, nel 2003, la concentrazione di CO2 in atmosfera era di 375 parti per milione (ppm).

Allora, nonostante da almeno il 1990 il mondo della scienza (vedi primi report Ipcc) era impegnato con costanza ad avvertire dei possibili danni legati al surriscaldamento planetario, il termine “crisi climatica” era ai più sconosciuto.

Quindici anni dopo, nel 2018, l’allora quindicenne svedese manifestò davanti al Parlamento di Stoccolma per il primo “sciopero scolastico per il clima”: le parti per milione di anidride carbonica in atmosfera erano circa 408, non esistevano movimenti globali come i Fridays For Future o l’onda verde dei giovani e l’importanza della lotta al surriscaldamento globale scalfiva appena le coscienze di una piccola parte della popolazione mondiale.

Mentre Greta cresceva e diventava maggiorenne, e dopo che nel 2019 è stata indicata per la prima volta come potenziale Nobel, la CO2 è cresciuta con lei, sino a sfiorare quest’anno le 420 ppm (è andata anche oltre, ma bisognerà attendere dicembre per tirare le medie del 2022).

Nel frattempo però, qualcosa è cambiato: dalla perdita di biodiversità sino agli impatti estremi degli effetti della crisi climatica, come le ondate di calore, le inondazioni e le tempeste che dagli States alla Cina, dalla Germania al Pakistan, dall’Italia all’Australia hanno mostrato tutta la fragilità del Pianeta malato e hanno ucciso migliaia di persone costringendo milioni di cittadini a fuggire, la crisi si è palesata davanti agli occhi di ognuno di noi.

Quella che era una emergenza discussa nelle Cop e i cui allarmi della scienza continuavano a essere ignorati, si è fatta talmente evidente da non poter più essere nascosta sotto al tappeto.

Oggi finalmente i governi del mondo, almeno a parole, intendono prendere di petto la questione climatica, emergenza che riguarda l’intero Pianeta, anche se ogni volta, come accade alle conferenze sul clima dell’Onu, per scelte drastiche si preferisce virare sempre verso i “faremo”.

Uguale per il Nobel per la pace: ogni anno ne si parla, ma poi lo si darà un’altra volta. Non importa che sia Greta, potrebbe essere anche Nisreen Elsaim, attivista sudanese e membro del gruppo consultivo giovanile delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, oppure l’ecologista del Ghana Chibeze Ezekiel, o ancora il celebre naturalista e divulgatore scientifico britannico David Attenborough, o il ministro degli Esteri di Tuvalu Simon Kofe che difende le isole a rischio scomparsa, o ancora una associazione o qualche scienziato impegnato in prima linea contro la crisi climatica.

L’importante è che quel segnale arrivi, un premio simbolico, una indicazione chiara degli sforzi necessari da sostenere nella lotta alla crisi del clima, perché al di là di guerre e delle pandemie, quella del clima è la sfida più difficile che abbiamo davanti nei secoli a venire.