Ambiente

A che punto siamo con il termovalorizzatore?

Alla domanda “dove sarà realizzato l’impianto?” il presidente Ama, Daniele Pace, non ha saputo rispondere. L’obiettivo rimane sempre lo stesso: liberare la Capitale dalla spazzatura
Impianto di produzione di energia elettrica e teleriscaldamento con impiego di rifiuti combustibili di Aprilia (Crea Plant - Gruppo Altissimi)
Impianto di produzione di energia elettrica e teleriscaldamento con impiego di rifiuti combustibili di Aprilia (Crea Plant - Gruppo Altissimi)
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3 ottobre 2022 Aggiornato alle 11:30

Era aprile quando il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, aveva annunciato la volontà di costruire un termovalorizzatore in una zona non ben definita della Capitale. Passano intanto i mesi, crollano i governi, e si arriva ad agosto alla presentazione del Piano di gestione dei rifiuti per Roma Capitale presentata dal Commissario del Giubileo, previsto per il 2025, nonché primo cittadino dell’urbe.

Il primo passo è l’avvio della fase di consultazione pubblica per l’approvazione della VAS – Valutazione Ambientale Strategica – e a inizio settembre, al tavolo operativo sul Giubileo con l’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi, il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e diversi altri ministri, l’annuncio è dato: il termovalorizzatore si farà.

Finisce l’estate, l’Italia va al voto, e nel pomeriggio del 28 settembre, durante la Commissione congiunta ambiente e bilancio, viene chiesto più volte al Presidente di Ama, “il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali” per il Comune di Roma, Daniele Pace, se è stato individuato il terreno su cui realizzare il termovalorizzatore di Roma: il numero uno della municipalizzata ha ribadito più volte di “non saper rispondere”.

Pace ha inoltre dichiarato di non sapere che tipo di impianto verrà realizzato sul nuovo sito di 10 ettari che Ama ha acquistato in una zona di Roma periferica e confinante con il Comune di Pomezia. Questa zona è da molti considerato il luogo dove sorgerà il termovalorizzatore, che si prevede sia in grado di bruciare 600.000 tonnellate di rifiuti l’anno.

Si prevede di arrivare al 2035 con una differenziata vicino al 70%, riducendo la quota di rifiuti non riciclabili dall’attuale 59% al 43%. Questo 43% di rifiuti non riciclabili sono circa 660 tonnellate l’anno, proprio il numero vicino alla portata del termovalorizzatore.

La strada del Campidoglio è quella del termovalorizzatore, cioè di un impianto industriale che brucia rifiuti indifferenziati producendo energia. Lo studio Libro Bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani realizzato per Utilitalia dal Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Università di Trento e Università di Roma Tor Vergata, mette nero su bianco che l’impatto ambientale dei termovalorizzatori è minimo.

Nello studio, capitolo 4 paragrafo 4.2, si fa specifico riferimento al bilancio ambientale dell’inceneritore rispetto alla discarica e in termini di CO2, l’unico parametro inquinante che non subisce trattamenti di depurazione nemmeno nel termovalorizzatore, in discarica il valore è circa 8 volte superiore rispetto a quello generato dallo smaltimento mediante trattamento termico.

Alla situazione già complessa si aggiunge una lettera preparata dalla “rete tutela Roma Sud”, un network di associazioni cui prendono parte 8 comitati di quartiere, 2 circoli di Legambiente, una sezione d’Italia nostra e una della Cgil, a cui si sommano a una quindicina di consiglieri della Città Metropolitana e altri 8 dell’Assemblea Capitolina.

Nella lettera si legge che “la maggior parte dei Comuni dell’area metropolitana hanno ormai raggiunto percentuali di raccolta differenziata superiori al 70%, contribuendo alla realizzazione del piano rifiuti regionale approvato nel 2020 e al perseguimento degli obiettivi europei di sostenibilità, che vedono come priorità la riduzione e il recupero di materia. È evidente ormai – si legge sempre nell’appello – che la raccolta differenziata porta a porta sia l’unico strumento in grado di responsabilizzare il cittadino e migliorare il decoro delle città, a partire dall’eliminazione dei cassonetti stradali”.

A questa considerazione il presidente Ama, sempre nella seduta congiunta, risponde di voler reingegnerizzare il porta a porta, che non è l’unica maniera per implementare la raccolta differenziata, che inoltre costa più della raccolta su strada e questo stride con la volontà di voler diminuire la Ta.Ri. che a Roma è una delle più alte d’Italia.

La priorità, contemplata dal Piano Rifiuti firmato dal Commissario Gualtieri, è quindi portare la raccolta differenziata nella Città di Roma dall’attuale 45,2% al 65% nel 2030, per arrivare al 70% nel 2035, con o senza incremento del porta a porta e supporto dal termovalorizzatore.

Ovviamente puntare tutto sul termovalorizzatore può portare a una decrescita di rifiuti non differenziati e l’ideale sarebbe bilanciare termovalorizzazione e riciclo, 2 soluzioni distinte che per un risultato ottimale dovrebbero viaggiare in modo parallelo verso un’unica meta: liberare la Capitale d’Italia dal problema della spazzatura.

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