Diritti

Meloni: se l’accusa è preventiva

Il caso Jebreal, i moniti circa il ritorno del fascismo, i mille proclami. Vedere nero non serve. Sparlare e disprezzare, tantomeno
Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI
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3 ottobre 2022 Aggiornato alle 06:30

Avvertenza: questo pezzo nasce da una sensazione di “pancia”.

Qualcosa che è scattata dopo l’elezione di Giorgia Meloni e di fronte ai vari attacchi, improperi, insulti che sono arrivati da sinistra.

L’ultimo, quello di Rula Jebreal, che in un post su Twitter ha tirato in ballo il padre della quasi certa futura premier, sbagliando completamente il bersaglio.

La sensazione di questi giorni, dunque, è questa: un desiderio, più che di attaccare, di comprendere e persino aiutare. Una percezione abbastanza consistente che in questo frangente storico e geopolitico occorra radunare le forze, appoggiare chi deve costruire, pena il collasso collettivo. Evitare attacchi non significa “inciuci” in nome della responsabilità.

Qui è necessaria una premessa fondamentale.

Aiutare, qualunque cosa significhi, la neopremier non significa in nessun modo passare “dall’altra parte”.

Personalmente parlando, i miei valori - che pure non coincidono con certi valori di una sinistra stereotipata - non sono né saranno mai i valori della coalizione di centrodestra.

Non basta questo chiarimento, ne serve un altro più importante: veniamo da anni di coalizioni-inciucio, passatemi il termine, di ammucchiate politiche, passatemi anche questo termine.

Il desiderio di avere il potere, governare in ogni caso ha portato in particolare il Pd, ma anche la Lega, a fare scelte politiche errate, ammantate sotto la scusa della responsabilità e per il “bene del Paese”.

Quanto sbagliata è stata questa decisione si è vista con le elezioni, dove il “Paese che voleva Draghi”, come lo raccontavano in maniera asfissiante alcuni quotidiani, ha votato in buona parte per l’unico partito non al governo.

È fondamentale chiarire dunque che qui non si tratta di “governare insieme”, nè di non avere chiaro il proprio posto all’opposizione, sia pure solo culturale, nè di rinunciare a una critica severa, dura, anzi durissima a tutti i provvedimenti negativi che eventualmente verranno fatti.

Mettersi in ascolto, osservare, invece di gridare.

Quando dunque parlo di aiutare penso soprattutto, più che a vere e proprie azioni, a un atteggiamento, forse mutuato da una visione un poco buddista della vita.

Mettersi in attesa, assumere una postura silenziosa - mi è molto piaciuto che la vincente Meloni non abbia festeggiato in alcun modo e abbia chiesto ai suoi di non farlo -, di ascolto. Aspettare prima di gridare al fascismo, alla distruzione del Paese.

Osservare con attenzione, cercare di approfondire, evitare come la peste certi titoli di giornale che creano inquietudine senza aderire in alcun modo alla realtà.

Da ultimo, va chiarito che non si tratta di astenersi dalle critiche perché siamo di fronte a una donna, per quanto non nego che mi susciti maggiore empatia: non ho mai detto che le donne non possono essere criticate perché tali o perché dobbiamo fare fronte comune contro gli uomini, come tante invece sostengono. Ci sono donne intelligenti e non intelligenti, buone o malvagie, punto.

Il femminismo ha a che fare con altro, col tentativo di costruire una società più giusta per le donne, visto che a oggi resta ancora profondamente squilibrata.

Ma tornando alle sensazioni di pancia, che pure molto possono dirci sulla realtà, dopo la vittoria della Meloni non ho provato rabbia, e non solo perché si trattava di un risultato scontato.

Piuttosto preoccupazione, ma non solo perché è lei a essere al potere ma per il momento storicamente drammatico, anzi tragico che stiamo vivendo: di fatto, pur se non formalmente, dentro una guerra lacerante che sembra non avere fine, anche perché a nessuno sembra interessare che ce l’abbia, tranne i cittadini, e che ci sta colpendo veramente duramente sotto forma di bollette insostenibili e inflazione altissima. Il rischio di un conflitto nucleare e mondiale. Una crisi climatica che ovviamente non retrocederà, anzi, proseguirà il suo cammino devastante. Un impoverimento generale, soprattutto di chi era già povero, i prezzi saliti di oltre il dieci per cento, le borse che crollano da mesi. Se il compito che attende Meloni è tragico.

C’è davvero quasi da compatire chi andrà al governo e dovrà rispondere a una serie di crisi globali e locali forse inedite fino a ora. È probabile che la futura premier Meloni abbia consapevolezza di questo e sicuramente anche paura del compito dell’attende.

Paura che non è sintomo di debolezza femminile, ma di intelligente lettura del reale. È per questo che mi chiedo, senza correre in nessun modo il rischio di passare per chi cambia idea dopo le vittorie, come tanti fanno, né per chi pur di avere potere collaborerebbe col suo peggior nemico, come si è visto già nelle dichiarazioni di Renzi e Calenda sulle riforme: mi chiedo, ripeto, se non sia il momento di aiutare, appunto, di evitare attacchi violenti, insulti di sorta ma creare un’atmosfera di vera responsabilità, di consapevolezza della tragedia del momento, di attesa vigile ma non per forza ostile. Un atteggiamento che, di nuovo, non è in contrapposizione col fare una critica e un’opposizione dure.

Forse, anzi, è più capace di essere critico e più credibile nell’esserlo chi non ha preso aprioristicamente una posizione di disprezzo. La vittoria della Meloni potrebbe essere perfino un’occasione, lo è sicuramente per la sinistra e non solo il Pd ma anche la sinistra culturale ed editoriale, di fare finalmente un vero mea culpa. Di rendersi conto degli errori, magari chiedere anche scusa. E capire che se si sono perse le elezioni, al di là di una legge elettorale veramente sbagliata, non è stato certo per colpa della destra ideologica, ma di una sinistra a-ideologica. Che, tra l’altro, non ha mai creduto nelle donne, negli scranni del parlamento come nei talk show.

Ora a governare sarà una donna, e se pure non femminista, si tratta di un passo avanti enorme per le donne italiane, tanto che è possibile che siano più rispettate.

Giorgia Meloni è abile, intelligente, molto più dei suoi colleghi. Diamole il beneficio del dubbio, diamole tempo, guardiamo prima di scrivere e gridare. Questo non ci precluderà dallo scendere in piazza al momento opportuno ma eviterà attacchi che creano inutile rumore e polemiche. Attacchi di cui al momento non abbiamo davvero nessun bisogno.

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