Economia

Tetto al prezzo del gas: Ue ancora divisa e la Germania si sfila

Da Bruxelles nessun accordo sul price cap, mentre il governo tedesco ha optato per uno scudo da 200 miliardi a favore di famiglie e imprese
Credit: Khara Woods/unsplash
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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2 ottobre 2022 Aggiornato alle 07:00

I 15 Paesi dell’Ue favorevoli all’introduzione di un tetto al prezzo del gas non si erano fatti illusioni. «Il price cap al gas non è sul tavolo oggi», aveva tagliato corto Jozef Sikela, ministro dell’Industria della Repubblica Ceca, poco prima del Consiglio straordinario sull’energia a Bruxelles.

In verità il price cap è sul tavolo da mesi, ma il rischio sismico con epicentro a Mosca basta a farne traballare il piano al punto che gli Stati membri non riescono a trovare la zeppa per tenerlo in equilibrio.

Per comprendere la dimensione di incertezza bastino le parole pronunciate al termine del vertice dalla commissaria Ue all’Energia Kadri Simson: «Un tetto del prezzo del gas all’ingrosso è un’opzione legittima, ma richiede un intervento radicale sul mercato, il quale richiede diverse condizioni non negoziabili che dovranno essere attuate prima che entri in funzione».

Traduce la stessa Simson: «Dobbiamo trovare una strada che sia accettabile per tutti gli Stati membri perché altrimenti l’approccio a livello Ue creerà divisioni». Ecco allora che il ministro italiano della Transizione ecologica Roberto Cingolani tira fuori dal cilindro il “tetto con forchetta”.

«Bisogna realizzare e trovare un range tra un minimo e un massimo in cui ci possa sempre essere una variazione - ha aggiunto Cingolani che da tempo si batte per raggiungere un’intesa - Dopo quello che è successo al Nord Stream si è rinforzata l’idea di un’Europa unita che deve dare una risposta chiara. Dopodiché ci sono circostanze nazionali che sono diverse e su questo va fatto il lavoro dei prossimi giorni».

A pesare di più sono in primo luogo le “circostanze nazionali” della Germania, che ha abbandonato il tetto comune rimpiazzandolo con uno scudo da 200 miliardi a favore di famiglie e imprese. Queste ultime continueranno a pagare l’energia a un prezzo calmierato. Il resto lo mette lo Stato di tasca sua.

«La Germania sbaglia», si è spazientito il premier italiano Mario Draghi. Secondo l’ex presidente della Bce la misura annunciata il 20 settembre dal cancelliere tedesco Olaf Scholz rappresenta un «triplice grave errore» in quanto «mina la solidarietà europea, distorce il mercato e farà esplodere il debito tedesco senza risolvere il problema».

Prudente anche la vicina Austria. «Sono consapevole che i vari membri dell’Ue hanno opinioni diverse sull’argomento, ma gli altri devono avere chiaro che l’Austria dipende dalle importazioni di gas naturale e dalle importazioni di gas russo», ha dichiarato la ministra austriaca dell’Energia Leonore Gewessler. «In tutte queste proposte – ha aggiunto – non ho visto alcuna certezza che i partner che ci riforniscono continueranno a fornire abbastanza gas all’Europa se non siamo disposti a pagare il prezzo richiesto».

Scettici o contrari al price cap sul gas anche Irlanda, Danimarca, Olanda, Ungheria, Repubblica Ceca, Svezia, Finlandia, Estonia e Cipro. «Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali, serve solidarietà», ha aggiunto Draghi. Gli fa eco la premier in pectore Giorgia Meloni: «Nessuno Stato membro può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo in assenza di una strategia comune, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario».

Strada in salita, quindi, per i 15 Paesi dell’Unione che spingono per il tetto al prezzo del gas, Italia e Francia in testa. Saranno loro, ora, a tentare di convincere i più renitenti in vista del prossimo vertice a Praga il 6 ottobre e del Consiglio europeo di fine ottobre a Bruxelles.

In compenso, secondo quanto dichiarato dalla presidenza del Consiglio Ue, «I ministri Ue dell’Energia hanno raggiunto un accordo politico sulle misure per mitigare i prezzi elevati dell’elettricità: riduzione obbligatoria della domanda di elettricità, tetto ai ricavi di mercato dai produttori di elettricità infra marginali (ovvero quelli che hanno realizzato extraprofitti utilizzando fonti alternative al gas come rinnovabili e nucleare, ndr) e contributo di solidarietà dai produttori di combustibili fossili».

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