Bambini

Le ragazze iraniane camminano a testa alta e coi capelli al vento

Da qualche settimana, le ragazze dell’Iran, un Paese che sa di rosa e di pistacchi, stanno lottando per la loro libertà. Al loro fianco, un alleato benvenuto: i ragazzi
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1 ottobre 2022 Aggiornato alle 09:00

«Arrivo, arrivo, arrivo, / con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra, / e i miei occhi, l’esperienza densa del buio. / Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro. / Arrivo, arrivo, arrivo, / e la soglia trabocca d’amore / e io ad attendere quelli che amano / e la ragazza che è ancora lì, / nella soglia traboccante d’amore, io / la saluterò di nuovo».*

Queste parole piene di slancio, di amore e di capelli al vento, le ha scritte una poetessa iraniana, Forugh Farrokhzad, tanti ma non troppi anni fa. Anche Forugh aveva i capelli al vento, una folta criniera di capelli corti, e un sorriso pieno di pensieri.

Le sue parole risuonano forti in questi giorni perché in Iran, il paese da cui veniva Forugh Farrokhzad, sta succedendo qualcosa di fortissimo, una cosa al tempo stesso bella e tremenda che riguarda appunto slanci di vita, amore e capelli al vento.

L’Iran è un Paese gigante e bellissimo, pieno di montagne, che profuma di rosa e pistacchio. È incastrato in mezzo ad altri Paesi giganti: la Russia, l’Arabia Saudita e l’India. Fino a qualche anno fa, l’Iran era un Paese con un re, molto diverso da com’è oggi. Dal 1979, però, l’Iran è diventata una repubblica religiosa dove la gente - e soprattutto le femmine - deve seguire tante regole.

Le donne devono obbedire agli uomini e coprirsi la testa con un velo. La musica e l’arte sono viste di cattivo occhio. Basta poco per essere puniti severamente. Ovviamente, questo non impedisce alle persone di cercare ogni spiraglio di libertà, un po’ di nascosto e un po’ allo scoperto, e di essere felici.

Qualche settimana fa, una ragazza iraniana di etnia curda che si chiamava Mahsa Amini è stata arrestata perché i capelli le uscivano dal velo. Le hanno fatto tanto male, così male che, alla fine, Mahsa è morta. Era giovanissima e aveva solo i capelli “fuori posto”.

Le ragazze iraniane non ci hanno visto più. Non si può morire per una ciocca di capelli. E vivere incappucciate, senza arte, senza musica, senza tenersi per mano, non è vivere. Le ragazze iraniane allora sono scese per strada, si sono tolte il velo e lo hanno bruciato. Si sono tagliate ciocche di capelli davanti a tutti, come per dire: «Questa sono io, sono come sono e non come mi volete voi». La polizia e i governanti si sono arrabbiati un sacco e da varie settimane, le ragazze e i ragazzi iranianə stanno coraggiosamente resistendo, con la testa alta e i capelli al vento.

La polizia è molto manesca e sono già tante le persone che hanno pagato caro questo gesto per noi così normale. Ma la rivolta continua, una rivoluzione di vita voluta dalle ragazze ma abbracciata da tuttə. Perché in Iran sta succedendo una cosa bellissima, una cosa che si fatica a vedere da noi: i ragazzi si sono schierati con le ragazze.

In un Paese dove decidono i maschi è difficile, se sei un maschio, rinunciare alla tua fortuna. Ma i ragazzi iraniani sono diversi. Sono scesi in piazza insieme alle ragazze, gridando e cantando. Hanno composto canzoni bellissime per far volare lontano il loro messaggio di libertà, oltre i confini. Questa settimana, la Nazionale di calcio iraniana si è perfino vestita di nero durante l’inno in segno di protesta.

Cosa succederà nelle prossime settimane, nessuno può saperlo. Ma rispetto all’Italia, che è un Paese pieno di nonni, in Iran la maggior parte della gente ha meno di 35 anni. È giovane, quindi, e forte e ha la vita davanti. Una vita che vuole vivere a testa alta e coi capelli al vento.

E noi in tutto questo? Quando succede qualcosa di così importante lontano da casa, non sappiamo mai bene cosa fare per dire: «Bravə! Continuate così! Eccomi!». Se ai tuoi genitori va di farlo, qui c’è una petizione di Amnesty International da firmare per proteggere il diritto di protestare liberamente in Iran. Magari non cambierà le cose, ma servirà alle ragazze e ai ragazzi iranianə a sentirsi meno solə. E basta non sentirsi solə per ritrovare coraggio.

*Forugh Farrokhzad, La strage dei fiori. Cura, introduzione, traduzione e note di Domenico Ingenito, Napoli, Edizioni Orientexpress, “Le Ellissi” 2007.

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