Diritti

Scendiamo in piazza per l’aborto sicuro

Oggi è l’International Safe Abortion Day: giornata fondamentale per continuare a denunciare tutti quei passi indietro che il mondo sta pian piano compiendo
Una protesta pro aborto a Indianapolis, Indiana, nel giugno 2022
Una protesta pro aborto a Indianapolis, Indiana, nel giugno 2022 Credit: Jeremy Hogan/SOPA Images via ZUMA Press Wire
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
28 settembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Oggi si celebra in tutto il mondo l’International Safe Abortion Day, la giornata internazionale dell’aborto sicuro.

Istituita come giornata di azione per la depenalizzazione dell’aborto in America Latina e nei Caraibi nel 1990 da parte della Campaña 28 Septiembre, nel 2011 è stata dichiarata giornata internazionale dal Women’s Global Network for Reproductive Rights (WGNRR, Rete mondiale delle donne per i diritti riproduttivi).

Mai come quest’anno, si dimostra una giornata fondamentale per ricordare non solo la necessità di garantire a tuttə la possibilità di abortire in modo sicuro, ma anche per denunciare la situazione di tutti quei Paesi in cui – dalla Polonia agli Usa , passando per l’Italia – si stanno facendo enormi passi indietro sui diritti riproduttivi e tutte quelle realtà in cui mai si sono fatti passi avanti.

Dibattiti, performance, proteste nelle piazze si susseguiranno per tutta la giornata in tutte le città d’Italia. Come le manifestazioni organizzate da Non Una di Meno, che scende in piazza al grido di “Siamo furiosə”: «in tutto il mondo non è possibile abortire in sicurezza e ciò significa la morte per 22 milioni di persone all’anno. […] Non ne possiamo più e vogliamo rilanciare un percorso che va verso e oltre il 28 settembre, per costruire insieme una lotta che sia davvero di tuttə e fare risalire insieme la marea».

Nel nostro Paese, l’aborto dovrebbe essere libero e sicuro dal 22 maggio 1978. Eppure, l’unica sicurezza sembra essere quella delle difficoltà che incontra chi vuole accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Con un numero di consultori che si contrae progressivamente e quasi il 70% di ginecologi obiettori – erano il 69,2% in giugno – l’aborto “sicuro e legale” come stabilito dalla legge 194 rimane spesso lettera morta. Gli aborti clandestini, dicono le stime, sarebbero ancora tra i 10.000 e i 13.000.

A negare la possibilità di accedere all’aborto sicuro non sono purtroppo solo le regioni a guida conservatrice, anzi: l’Abruzzo, per esempio, ha una sola ginecologa non obiettrice, mentre il numero di obiettori tocca punte dell’83% in regioni come la Campania.

Quando si parla di aborto sicuro, quello della pillola abortiva – la RU486 – è un punto particolarmente critico e dolente. In commercio dal 10 dicembre 2009, a differenza degli altri Paesi europei (dove è possibile interrompere una gravidanza con il metodo farmacologico fino al 63° giorno di amenorrea), può essere somministrata solo fino al 49° giorno (7 settimane dall’amenorrea).

Non solo: la stragrande maggioranza delle regioni italiane prevede l’effettuazione della procedura farmacologica in regime di ricovero ordinario e non in regime di Day Hospital né nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall’articolo 8 della legge 194.

Una di queste regioni è proprio le Marche, che nel gennaio 2021 ha respinto una mozione per permettere la somministrazione della pillola abortiva RU486 all’interno dei consultori, anche in quelli collegati agli ospedali. Una scelta in «aperto contrasto con le linee guida del Ministero della Salute, emanate da una apposita Commissione su richiesta del Consiglio Superiore di Sanità e aggiornate pochi mesi fa dal Ministro della Salute Roberto Speranza a distanza di dieci anni dall’ultima volta», secondo la Sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa.

A essere ostacolato, però, non è solo l’utilizzo della pillola abortiva, ma anche della “contraccezione di emergenza”, meglio conosciuta come pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo che, come dovrebbe essere evidente dal nome, con l’interruzione di gravidanza ha poco a che vedere.

Dal 2016 non è più previsto l’obbligo di prescrizione per il farmaco Norlevo per le donne italiane maggiorenni, mentre per quanto riguarda le ragazze minorenni è necessaria la prescrizione “non ripetibile”, cioè da rinnovare ogni volta che si rende necessaria. Eppure, molti farmacisti si rifiutano di vendere questo contraccettivo, nascondendosi dietro il diritto all’obiezione di coscienza che, però, la legge 194 non riconosce a questa categoria professionale.

In questo caso, tra l’altro, l’obiezione di coscienza non si applica nemmeno ai medici, che spesso la adducono come scusa per non prescriverla alle pazienti minorenni: l’obiezione di coscienza, infatti, è prevista solo e soltanto per l’interruzione volontaria di gravidanza.

Mentre da noi si lotta per vedere garantiti i diritti acquisiti ma negati – che molti vorrebbero nemmeno troppo segretamente smantellare – poco fuori dai nostri confini la situazione è drasticamente diversa. In Francia – che già nel 2014 aveva definito l’aborto un “diritto fondamentale di tutte le donne” – dal 2023 la contraccezione di emergenza sarà gratuita e acquistabile senza obbligo di ricetta da tutte le donne. A deciderlo è stata la ministra della Salute François Braun, che ha allargato a tutte le donne la legge che prevedeva la gratuità della pillola del giorno dopo senza prescrizione solo a chi aveva meno di 18 anni, mentre chi ne aveva meno di 26 doveva presentare la ricetta del medico e poteva avere il farmaco gratis.

In Italia, le uniche regioni che rendono disponibili gratuitamente i contraccettivi di emergenza sono l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte, la Puglia e la Toscana, ma solo alle minorenni.

Leggi anche
Gravidanza
di Chiara Manetti 4 min lettura
Aborto
di Giulia Blasi 4 min lettura