(Brooke Cagle)
Futuro

“Guarda che ci osservano” e non sono solo paranoie

Come proteggere allora la nostra privacy quando siamo circondati da più telecamere di quelle che possediamo
di Redazione
Tempo di lettura 3 min lettura
6 gennaio 2022 Aggiornato alle 16:00

Chi non ricorda la scena del film di Oliver Stone su Edward Snowden in cui il giovane ex informatico della CIA viene osservato dalla telecamera del computer mentre è con la fidanzata in camera da letto. Anche senza fare un sondaggio, scommettiamo che la maggior parte degli spettatori - una volta visto il film - abbiano cambiato l’orientamento della webcam del computer o semplicemente coperto l’occhio indiscreto. Ma è sufficiente per preservare le proprie immagini private?

Per farci sentire più tranquilli quindi, un post-it o un adesivo sulla telecamera potrebbe essere quello che fa per noi. La questione oggi però è un’altra: le telecamere dei nostri laptop, telefoni e tablet sono solo alcune delle tante telecamere in grado di registrare le nostre attività. Presto, le fotocamere su dispositivi cosiddetti indossabili - da poco disponibili sul mercato gli occhiali da sole Ray-Ban Stories di Facebook realizzati con Luxottica che rendono invisibile la tecnologia - potrebbero catturare ogni momento delle nostre giornate. Più di quanto non lo facciano già. Come proteggere allora la nostra privacy quando siamo circondati da più telecamere di quelle che possediamo?

Prima di tutto, un modo per facilitare agli hacker l’accesso alle telecamere sono i sistemi operativi obsoleti come software che non vengono aggiornati da tempo. Gli aggiornamenti software di solito includono correzioni per le vulnerabilità della sicurezza, quindi più tempo passa tra un aggiornamento e un altro, più è probabile che il sistema contenga bug che gli hacker potrebbero usare per accedere all’interno dei dispositivi.

Come ha raccontato a The Washington Post Asaf Ashkenazi, direttore operativo della società di sicurezza Verimatrix, la maggior parte delle volte gli hacker che sono in grado di entrare nei sistemi operativi di Apple o Microsoft, vendono le informazioni ai governi invece di usarle per spiare individui di basso profilo. Un’indagine del Washington Post insieme a 16 testate giornalistiche ha rivelato come la società israeliana NSO Group abbia venduto spyware che potrebbero compromettere iPhone e altri dispositivi Apple a governi stranieri, i quali hanno utilizzato il software per sorvegliare giornalisti, funzionari governativi e attivisti.

Per quanto riguarda le applicazioni, “ogni volta che diamo a un’app il permesso di utilizzare la fotocamera, mettiamo la nostra privacy nelle mani dell’azienda sviluppatrice”, ha aggiunto Ashkenazi, spiegando come attraverso dei semplici passaggi gli hacker possano ottenere facilmente l’accesso alla webcam.

Utilizzando un computer di lavoro, anche l’azienda può utilizzare un software che gli consente di accedere alla webcam, anche se come ha sottolineato Ashkenazi, nonostante le aziende in genere non usino questa opzione, non significa che qualcuno del dipartimento IT non lo abbia mai fatto.

Infine, la persona dietro la webcam potrebbe anche non essere una vera spia in carne e ossa: gli hacker possono infatti anche utilizzare l’automazione e l’intelligenza artificiale per “prelevare” i dati dai computer compromessi, inclusi quelli dalla fotocamera. Dati che potrebbero non avere mai un pubblico.

L’adesivo per le nostre telecamere sembra quindi tenere a distanza i “ficcanaso” del web, ma è sempre più evidente non sia la soluzione per il futuro. Dovremmo convivere con l’idea di avere tanti spettatori? Forse, già lo facciamo.