Economia

Federal Reserve: i tassi volano a +0,75%

Mai così alti dal 2008: dalla Banca centrale americana arriva il quinto rialzo dell’anno, ma per combattere l’inflazione - sostiene - «non vi è altro modo»
Credit: Adam Śmigielski
Tempo di lettura 4 min lettura
22 settembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Dalla FED (Federal Reserve System) arriva il quinto rialzo di quest’anno che porta i tassi al +0,75% per la terza volta consecutiva, traghettandoli al livello più alto dal 2008.

Per la Banca Centrale Usa non vi è altro modo per combattere l’inflazione e soprattutto, non vi sono modi indolori. Nuovi rialzi sono già stati annunciati: è prevista una stretta ancora più intensa rispetto a quella di giugno. La durata di questa manovra dipenderà solo dal tempo di reazione necessario perché l’inflazione scenda (più facile a dirsi che a farsi).

I dati che sono emersi dalla fine della riunione mostrano una FED compatta che ha preso la decisione di aumentare nuovamente i tassi all’unanimità. Il presidente, Jerome Powell, ha affermato che «i recenti indicatori puntano a una modesta crescita della spesa e della produzione. Il tasso della disoccupazione resta basso e quello dell’inflazione invece resta elevato, riflettendo gli squilibri tra domanda e offerta legati alla pandemia, ai prezzi del cibo e dell’energia».

Nel comunicato diffuso dalla Banca Centrale è riportato che: «la guerra in Ucraina sta creando ulteriori pressioni al rialzo sull’inflazione e sta pesando sull’attività economica globale». L’obiettivo principale della FED ora è quello di riportare l’inflazione al 2% e Powell ha affermato di avere sia gli strumenti che la determinazione per farlo, ricordando anche al resto del mondo che la stabilità dei prezzi è alle fondamenta di una crescita stabile, duratura e sostenibile.

I tassi hanno raggiunto un intervallo tra il 3% e il 3,25%, mentre solo a giugno si aspettava per fine anno un livello compreso tra 3,25% e 3,5%. Ora invece le carte in tavola sono cambiate, e la FED si aspetta un livello del costo del denaro compreso tra il 4,25% e 4,5%, il che significa nuovi rialzi di 1,25 punti percentuali. Occhi puntati su novembre, quando si terrà la prossima riunione, che porterà un nuovo rialzo dello 0,75% (anche per l’incontro di dicembre si prevede un +0,5%).

La FED ha anche rivisto al ribasso le stime da qui al 2024. La cornice macroeconomica è preoccupante, poiché il 2022 si chiuderà con una crescita dello 0,2% rispetto a quella stimata a giugno pari all’1,7%. Le previsioni sull’inflazione, attualmente al rialzo, mostrano una riduzione nel 2023 e anche nel 2024, fino ad arrivare progressivamente all’obiettivo del 2%.

La Banca Centrale USA punta sul legame inverso tra inflazione e disoccupazione per combattere il carovita, e quindi crede che il rialzo farà scendere l’occupazione e i salari, con conseguente diminuzione dei prezzi. Per ora però il piano di contrastare questi prezzi che continuano ad aumentare è quello di agire una politica monetaria sufficientemente restrittiva con il tentativo di calmierarli.

Le decisioni della FED sono state prese sulla base di dati economici riunione per riunione e Powell afferma che nessuno sa se questa politica monetaria porterà effettivamente a una recessione.

Il problema dell’aumento dei tassi esercita forti ripercussioni anche sugli equilibri politici. La senatrice democratica Warren ha duramente criticato il presidente della FED per due motivi, rimproverandogli da un lato di aver sottovalutato l’inflazione e dall’altro di aver sovradimensionato la risposta, spingendo gli Usa verso la recessione. Con la conseguenza che il partito di Biden rischia di pagare il prezzo due volte: alle midterm di novembre e alle presidenziali del 2024.

Leggi anche
Gas
di Luca De Biase 4 min lettura
Sostenibilità
di Giovanna Paladino 7 min lettura