Diritti

Elisa e tutte le altre: la procreazione assistita è un lusso?

La storia che vi raccontiamo sulla Svolta parla di tante donne e uomini alla ricerca di un figlio. Ostacolati per la sola colpa di essere residenti nella regione sbagliata
Credit: Nadezhda Moryak/Pexels
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
26 settembre 2022 Aggiornato alle 15:00

Dopo il nostro articolo dedicato ai problemi della procreazione medicalmente assistita, Elisa (il nome è di fantasia) ci ha contattati per condividere con noi la sua storia. Una storia che è comune a molte altre persone, donne, uomini, coppie, che sono alla ricerca di un figlio e che vengono ostacolati per la sola colpa di essere residenti nella regione sbagliata.

Come avevamo spiegato, infatti, la fecondazione assistita è stata inserita nel 2017 nei Lea, i livelli essenziali di assistenza; finché non verrà emanato il decreto attuativo e un relativo tariffario, però, continueranno a esserci differenze regionali enormi che si traducono in una enorme discriminazione a carico dei cittadini.

Ogni regione deve fare fronte alle proprie risorse economiche. Se io a esempio facessi la fecondazione assistita in Lombardia, pagherei 36 euro il ticket per la tecnica Icsi o Fivet (ovviamente sono esclusi esami, visite etc).

La stessa tecnica in Toscana ha un costo di 500 euro circa. In Sicilia, la stessa tecnica ha un costo di 2800 euro. Perché la Regione sostiene di non avere fondi.

La prima cosa che un paziente, me compresa, pensa è: non è un problema, spendo un po’ di più in spostamenti e hotel e vado in Lombardia.

Ho avviato questo percorso per poi scoprire che la Sicilia non solo non ti permette di curarti qui con una cifra sostenibile, ma ti impedisce soprattutto di curarti fuori. Tu non puoi scegliere dove curarti, devi curarti in regione.

Sono andata a chiedere in assessorato e mi hanno risposto «se tu puoi farlo, se gli ospedali offrono questo servizio, noi col cavolo che ti facciamo andare fuori».

Come spiega anche un post della deputata 5 Stelle Stefania Mammì, una circolare dell’assessorato alla Salute dello scorso 9 maggio diffida i medici di base dal rilasciare il nulla osta per la mobilità sanitaria verso altre regioni, in quanto questo tipo di metodiche non possono essere oggetto di compensazione interregionale.

Il motivo è proprio la mancata emanazione, da parte del ministero della Salute, del tariffario dei Lea: a oggi, di fatto la procreazione medicalmente assistita non rientra fra le prestazioni convenzionate con il Sistema sanitario nazionale.

Non solo: la sanità regionale siciliana è vincolata dal piano di rientro nazionale imposto dal ministero e non può quindi finanziare la mobilità dei propri cittadini per la Pma verso altri sistemi sanitari. Ogni regione, infatti, paga per i cittadini residenti, anche se si fanno curare fuori regione.

Se la Sicilia non ha i soldi per erogare la Pma in convezione nei suoi ospedali, evidentemente non potrà sostenerne i costi nemmeno in Lombardia.

Per andare a operarti negli ospedali delle altre regioni hai bisogno di una ricetta del medico curante.

I medici curanti in questi anni inconsapevolmente hanno fatto queste ricette, non sapendo che il trattamento fosse bloccato.

Il medico curante faceva queste ricette rosse per andarsi a operare, ma non essendo in convenzione, queste ricette rosse erano inventate. Sono per trattamenti di problemi all’utero, che non c’entrano niente con la fecondazione.

Io non sapevo nulla di questa situazione, come tutte le pazienti che sono finite in questo traffico.

Io sono andata da una ginecologa che mi avevano detto potesse far andare le pazienti lì (in Lombardia) a una cifra sostenibile e le chiesi: «Dottoressa, ma è possibile fare tutto questo, realmente costa 36 euro e qui 3000 euro?». Lei mi disse – come dice a tutte – :«Certo, non c’è nessun problema». Ma il problema c’era.

Quando sono andata dal mio medico, mi ha detto «Non posso farti questa ricetta, credo sia illegale». La dottoressa mi ha detto «Io ti avevo avvertito».

Ma io non avrei speso 1000 euro di esami se avessi saputo che era illegale.

La storia di Elisa riecheggia quella già raccontata da Isabella Faggiano su Sanità Informazione in giugno. Nell’articolo, Antonino Guglielmino, presidente nazionale della Siru, la Società Italiana di

Riproduzione Umana, spiegava con chiarezza il sistema che aveva permesso a molte coppie di curarsi in Lombardia nonostante il divieto regionale: «Le signore in questione andavano nei centri di Pma lombarda portando con sé due prescrizioni che non riportavano affatto la dicitura Pma, ma che comunque permettevano loro di accedere al percorso. Per fare degli esempi concreti la procedura di prelievo ovocitario veniva erogata con una prescrizione per “intervento di origine non neoplastico sulle ovaie” e il trasferimento degli embrioni con “intervento di origine non neoplastico sull’utero”».

Un risparmio per le coppie che, però, si traduceva in una spesa maggiore per la Regione Sicilia, che doveva rimborsare trattamenti che costano anche due, tre volte di più di una Pma, con un guadagno solo per le cliniche nel Nord Italia. Per questo, il 9 maggio l’assessore alla Sanità della Sicilia ha bloccato queste prestazioni extra regione.

Nel testo dell’assessorato riportato dall’articolo si legge: «Premesso che le prestazioni di Procreazione medicalmente assistita (Pma), … in mancanza della pubblicazione delle tariffe da corrispondere, non possono in atto essere oggetto di compensazione interregionale di mobilità sanitaria, si fa presente che la suddetta criticità non può essere aggirata attraverso la codifica di prestazioni diverse dalla Pma, inerenti diagnostica/interventi di natura ginecologica, al fine di recuperare i costi per le procedure di Pma effettuate in altre regioni in favore di assistiti residenti in Sicilia. Pertanto, in questa fase non saranno oggetto di compensazione interregionale le prestazioni riportanti codifiche opportunistiche, che possano celare l’erogazione di procedure di Pma a favore di assistite per le quali risultano a esempio erogazioni a carico del Ssn di farmaci soggetti alla nota Aifa 74.

L’eventuale riscontro di codifiche non corrispondenti alle effettive procedure eseguite, oltre a non dar seguito alla compensazione economica, sarà oggetto di opportuna segnalazione all’autorità giudiziaria competente».

Decine di coppie in Sicilia (solo Elisa è in contatto con almeno duecento) sono quindi nuovamente bloccate di fronti a costi insormontabili, che possono raggiungere anche i 5000 euro per un singolo tentativo se si considerano visite ed esami.

C’è anche chi si è ritrovato in una situazione paradossale, come chi ha crioconservato i propri embrioni in una struttura Lombarda e adesso non può procedere con l’impianto.

Una persona si dovrebbe sentire tutelata, sia dalla propria regione che dallo Stato. Invece ti rendi conto che ti ritrovi tante, tante porte sbattute in faccia. Ci siamo sentiti dire, da persone che lavorano nella sanità: fattene una ragione, se la natura non te l’ha dato magari è perché non lo devi avere.

Il punto che per noi è focale è che ogni regione ha dei fondi per aiutare le persone che fanno la Pma.

Dopo il decreto scritto da Stefania Mammì (decreto del 5 agosto 2021, attuato con la legge del 30 dicembre 2020) che ha distribuito 5 milioni di euro per anno per il 2021, 2022, 2023 per tutte le Regioni che avessero avuto bisogno di attingere a questi fondi per aiutare i pazienti affetti da infertilità, alla Regione Sicilia sono toccati 549.000 euro circa, come mostrano i documenti. Ma quando siamo andati in Regione ci hanno detto «noi non sappiamo assolutamente nulla di questi fondi, non esistono, ve li state inventando».

Siamo riusciti ad avere un verbale di una loro riunione, in cui si parla di questi fondi il giorno dopo in cui noi siamo stati in assessorato.

Loro i fondi ce li hanno, non solo per il 2021 come dicono, ma anche per gli altri anni e non hanno tirato fuori un solo centesimo.

Ora, dopo tutta la pressione che abbiamo fatto, stanno tirando fuori i fondi del 2021, ma 500.000 euro sono una cifra mortificante, che copre 150 coppie circa, e solo se parliamo di fecondazione omologa, non eterologa. Sarà una guerra tra poveri.

Anche se i fondi verranno distribuiti, non avremo comunque la possibilità di scegliere dove curarci.

Ci obbligheranno a farlo qui, dove i centri sono molto pochi, ci sono stati casi di malasanità come quello di una ragazza a cui hanno quasi tolto l’utero per sbaglio e, in generale, non c’è la stessa tecnologia che hanno nel Nord Italia.

Io voglio curarmi dove la tecnologia mi garantisce il massimo della sicurezza e dell’efficacia, ma sono costretta a farlo qui.

I centri convenzionati sono pochi e i tempi di attesa anche di 6, 7 mesi.

Ma il tempo per noi è oro.

Ogni mese che passa le nostre probabilità diminuiscono, e loro lo sanno.

Il ministro Sileri a dicembre 2021 aveva detto a Striscia la Notizia «il decreto è pronto, è qui, deve solo andare in Gazzetta».

Ci ha preso tutti pubblicamente in giro, magari in buona fede ma è così.

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