Bambini

Mammadimerda: «Poco coraggio nell’immaginare una scuola diversa»

Intervistate da La Svolta per l’iniziativa ScuolaNOSeggio, Sarah Malnerich e Francesca Fiore ci spiegano l’importanza e l’urgenza di ripensare il nostro sistema scolastico. Perché in campagna elettorale nessuno ne parla
Credit: Profilo Instagram Mammadimerda
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20 settembre 2022 Aggiornato alle 16:00

Sarah Malnerich e Francesca Fiore aka Mammadimerda hanno lanciato da pochi giorni, insieme a WeWorld Onlus, la campagna ScuolaNOseggio in risposta alla grande assente di questa campagna elettorale: la scuola. In questi giorni di campagna elettorale, abbiamo analizzato tutti i programmi elettorali e, purtroppo, la scuola non è tra le priorità di chi si candida a governare il Paese.

«Leggendo le proposte dei vari partiti – commenta Francesca Fiore a La Svolta – è evidente come ci sia poco coraggio nell’immaginare una scuola diversa, migliore. Si leggono sempre le solite proposte, si promette di stabilizzare tutti i precari o aumentare lo stipendio dei docenti. Tutte proposte condivisibili, le istanze sono tante e sicuramente c’è molto da fare ma ai nostri figli chi ci pensa? Come ogni anno la scuola riparte a singhiozzo. Mancano insegnanti, l’orario è ridotto, la mensa non c’è e per il tempo pieno bisognerà aspettare almeno un mese. Tra poco si andrà a votare e le scuole chiuderanno di nuovo. Tutto questo continua a essere poco rispettoso nei confronti degli studenti e delle famiglie già stremate dai tre mesi di pausa estiva».

Secondo un’indagine svolta da Cittadinanzattiva, ad oggi circa l’88% delle sezioni elettorali si trova nelle scuole. A spostare i seggi elettorali dagli istituti sono stati 471 Comuni nel 2020 mentre lo scorso anno, grazie a un fondo di due milioni di euro, hanno fatto istanza per accedervi 117 Comuni, potendo così liberare più di 500 seggi, a beneficio di circa 30.000 studenti. Cittadinanzattiva ci dice che le sedi alternative individuate sono state le sale municipali, le palestre comunali, in alcuni casi è anche stato possibile utilizzare le palestre o altri spazi interni agli istituti scolastici dotati di ingressi e percorsi indipendenti, senza alcuna interferenza con le attività didattiche.

«Sono ancora pochi i Comuni lungimiranti che si sono attrezzati in vista di queste elezioni ma spostare i seggi elettorali dalle scuole non è solo possibile, si deve fare – continua Sarah Malnerich – è una forma di rispetto verso i ragazzi e il loro diritto all’apprendimento. Utilizzare le scuole come sede di seggi elettorali è una cattiva pratica, una tradizione quasi solo italiana, soprattutto dopo i due anni di Dad che abbiamo trascorso. La scuola non può continuare a essere sacrificata in questo modo, è un servizio pubblico essenziale».

L’intento di questa campagna è duplice, Fiore e Malnerich da tempo raccolgono con il loro blog Mammadimerda le istanze di tantissime famiglie che, stremate dai tre mesi di pausa estiva, chiedono a gran voce la rimodulazione del calendario scolastico.

«Fino a non troppo tempo fa la scuola finiva a maggio e riprendeva a ottobre. Seguiva il ciclo del grano per permettere anche ai figli dei contadini, che durante l’estate dovevano andare ad aiutare la famiglia nei campi, di frequentare le lezioni. Ci siamo evoluti da allora, no? – chiede Francesca, scherzosamente – Il nostro calendario prevede ancora una pausa estiva di 14 settimane. Se ci confrontiamo con gli altri Paesi scopriamo che il nostro calendario è quello con la pausa estiva più lunga (comune a tutti gli ordini di scuola). In Francia sono previste 8 settimane di pausa estiva; la Danimarca, la Germania e il Regno Unito ne fanno 6; per non buttarla sulle “temperature differenti”, la Croazia ne fa 10; Malta 12 e la Grecia dalle 10 alle 12. La Spagna varia da un minimo di 8 a un massimo di 14. Siamo anche l’unico sistema scolastico che non prevedere pause nella stagione autunnale e al termine del primo quadrimestre. Per evitare le solite polemiche sul caldo vorrei ricordare a tutti che i bambini dell’asilo vanno già a scuola dal primo settembre fino al 30 giugno. È quindi possibile farlo anche per gli studenti più grandi, magari immaginando tempi più distesi durante l’anno e metodologie didattiche diverse rispetto alla classica lezione frontale».

Il vero problema – racconta Sarah – è che la nostra scuola non segue i ritmi della vita o del lavoro. Se un tempo si cercava di andare incontro alle esigenze delle famiglie oggi non ci si prova nemmeno: «Modificare il calendario scolastico riducendo le vacanze estive da tre a due mesi, tenendo quindi luglio e agosto, e redistribuendo in modo più uniforme le vacanze durante l’anno scolastico garantirebbe una maggiore continuità didattica e relazionale. I pedagogisti ci dicono che questo aiuterebbe a prevenire la perdita di competenze e l’abbandono scolastico. Come dice WeWorld, i tre mesi di pausa estiva accrescono ulteriormente le disuguaglianze, la possibilità di iscrivere i propri figli ai centri estivi o ad altre attività culturali/sportive dipende, oltre che dall’offerta del territorio, anche dalle possibilità economiche e dal livello di istruzione della famiglia. Inoltre, l’offerta gratuita di servizi educativi, pensiamo a quelle organizzate dalle parrocchie o dal volontariato, durano tendenzialmente un mese. Questo significa che solo le famiglie benestanti sono in grado di coprire la spesa per il tempo restante».

C’è un altro punto fondamentale che Francesca e Sarah vogliono sottolineare: «i bambini e le bambine con disabilità troppo spesso non vengono accettati ai campi estivi perché mancano le attrezzature e il personale qualificato per seguirli». Per chi ha figli con disabilità l’estate è eterna. La scuola dovrebbe essere presidio sociale, soprattutto per i più fragili, la socialità e l’integrazione è fondamentale per il loro sviluppo. Chiudere la scuola per tre mesi consecutivi significa ledere un loro diritto.

Non è compito di Sarah e Francesca trovare una sintesi politica, loro raccolgono istanze, lo fanno da tempo, e la campagna #ScuolaNOseggio vuole portare alla luce le diverse problematiche che riguardano le famiglie, ma soprattutto le madri che troppo spesso sono costrette a lasciare il loro posto di lavoro per occuparsi dei figli.

Per un’ultima battuta sulla proposta della “settimana corta” avanzata in questi giorni dal Ministro Bianchi per far fronte al caro energia: «È una proposta illogica – rispondono – da qualsiasi punto di vista la si guardi. Lo Stato forse riuscirebbe a risparmiarci qualcosa chiudendo la scuola il venerdì e il sabato (per i più grandi) ma ancora una volta sarebbero le famiglie ad accollarsi questo costo. Inoltre si continua a dare per scontato che a casa con i figli in Dad ci sia qualcuno che può occuparsene. Rimettiamo i congedi per far risparmiare sulle bollette della scuola? Che risparmio è esattamente?»

«Non possiamo più risparmiare sulle nuove generazioni ed è inaccettabile pensare di farlo dopo tutto quello che i nostri figli hanno passato in questi due anni di pandemia».

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