Economia

Finanza etica, perché nessuno ne parla?

È la grande assente del dibattito elettorale. Per questo, Banca Etica ha lanciato alcune proposte ai partiti in vista di uno sviluppo economico inclusivo. Scopriamole insieme
Credit: Clem Onojeghuo/Unsplash
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 settembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Se si ha la pazienza di leggere interamente i programmi elettorali dei vari partiti, è possibile constatare che qualunque argomento sia presente. Dai più noti e attira voti, sbandierati costantemente dai rispettivi leader, fino ai più fantasiosi e improbabili.

Tutto. O meglio quasi. Già perché a quanto pare esista una grande assente: la finanza.

Intendiamoci, non che non si parli di soldi, quelli sono citati più o meno in ogni pagina. Ciò che manca però è un’analisi complessiva del sistema finanziario italiano e di come debba muoversi, a seconda delle visioni di ogni schieramento politico, all’interno delle regole europee.

Pensare alla finanza come a un mondo a se stante che non intacca la vita delle persone a livello pratico è un grave errore. Banche, società di investimento, assicurazioni e fondi pensione hanno infatti un grande potere nell’indirizzare le economie e nel definire il modello di società in cui viviamo.

Il modo in cui gli operatori finanziari gestiscono il denaro affidato loro da risparmiatori e investitori non ha a che fare solo con i soggetti direttamente interessati ma impatta su ogni aspetto della vita sociale ed economica del Paese.

Dal tessuto produttivo, all’ambiente, passando per la lotta alle disuguaglianze e la tutela dei diritti. Nonostante ciò i temi finanziari appaiono spesso ostici e distanti e non è un caso siano ridotti ai minimi termini nei programmi elettorali e dibattiti pre voto. La strategia dei partiti, tutti, è molto chiara: si parla di quello che crea più appeal, non di ciò che è importante.

Se a molti grandi gruppi finanziari sta bene perché la poca visibilità consente grandi manovre, c’è anche chi non ci sta e decide di alzare la voce: il Gruppo Banca Etica, che ha sottoposto ai partiti politici in corsa per le elezioni del 25 settembre 2022 un pacchetto di proposte per una finanza al servizio di uno sviluppo economico pulito e inclusivo.

«Chiediamo alla politica di scrollarsi di dosso una certa subalternità nei confronti della finanza mainstream e di indirizzare l’intero sistema economico tramite misure pensate per uno sviluppo collettivo più sano, equo e sostenibile - afferma la presidente di Banca Etica, Anna Fasano - Benché negli ultimi anni si sia verificato un importante sforzo normativo, di livello europeo e nazionale per regolamentare la cosiddetta finanza sostenibile, a oggi l’esito di tale sforzo è un quadro iper complesso che non fissa paletti precisi, concentrato prevalentemente sugli impatti ambientali e poco su quelli sociali dei prodotti finanziari, trascurando sostanzialmente altre tematiche, come a esempio il contrasto alla speculazione finanziaria».

Se non esiste crescita senza finanza è legittimo chiedersi quale finanza. Non farlo espone al rischio di trovarsi di fronte a una crisi come quella del 2008, frutto proprio dall’eccessiva libertà d’azione di banche e fondi d’investimento. In tal senso nei programmi dei partiti si legge poco o nulla, se non qualche accenno all’appoggio o all’aumento della Minimum Global Tax, un’imposta globale sulle multinazionali proposta dall’Ocse, pensato a diversi livelli dalle forze di centro sinistra.

Ma oggi sul campo di battaglia della finanza a livello europeo le sfide sono soprattutto inerenti alla rivoluzione green e alla crisi energetica. Anche in questo caso però le idee sono poche e confuse, con quasi tutti i programmi che parlano prevalentemente di price-cap europeo, ovvero di un tetto al prezzo del gas, senza però specificare nulla di più specifico in termini di attuazione e misure alternative.

Qualche accenno alla finanza per il clima a volte spunta ma nulla che faccia pensare si tratti di una priorità.

Secondo Banca Etica invece, per far fronte a un’emergenza climatica che quasi ogni giorno mostra la propria feroce aggressività, la finanza deve fare la propria parte, incentivando a esempio il credito alle imprese con impatti ambientali e sociali positivi, tramite l’introduzione dei “green o social supporting factor” che riducano gli assorbimenti patrimoniali sui finanziamenti con orientamento Esg; e richiedendo maggiori assorbimenti patrimoniali per i finanziamenti ad attività con impatti ambientali e sociali negativi.

Raramente ci si pensa ma l’inclusione sociale passa anche dall’inclusione finanziaria. Le fusioni di grandi gruppi bancari che negli anni si sono intensificate hanno portato a una progressiva distanza, fisica e di conseguenza fattuale, delle banche con i territori e i cittadini che li abitano, in particolare nelle aree fragili e nel sud Italia. Una vera e propria esclusione finanziaria, che se non arginata può portare a quella sociale appunto.

Per evitarla, secondo Banca Etica è necessario difendere la biodiversità del sistema bancario, soprattutto alla luce del fatto che le banche cooperative e di territorio, oltre a mantenere meglio di altre una salda relazione con la clientela, rappresentano un presidio importante contro lo spopolamento delle aree difficili e le infiltrazioni criminali nei tessuti produttivi e sociali.

Anche il mondo del Terzo Settore è spesso lasciato ai margini degli interessi finanziari, nonostante per svilupparsi pienamente abbia bisogno di nuove regole per la concessione di credito. La proposta di Banca Etica è che le banche che vogliono dare credito ad associazioni e realtà non profit non debbano più essere penalizzate sul piano degli assorbimenti patrimoniali.

Infine, tra i punti principali sottoposti all’attenzione dei partiti ci sono il contrasto alla speculazione finanziaria, che impatta enormemente sui prezzi di beni primari come il cibo e l’energia; e ai paradisi fiscali.

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