Diritti

Abbandono scolastico: 3 regioni superano il 15%

Secondo dati Eurostat, nel 2021 il 12,7% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola. I dati più allarmanti riguardano il Mezzogiorno
Credit: David Pisnoy/ Unsplash
Tempo di lettura 4 min lettura
12 ottobre 2022 Aggiornato alle 15:30

“Assenteismo, abbandono, frequenza passiva o accumulo di lacune che possono inficiare le prospettive di crescita culturale e professionale dello studente”. Così l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza definisce la dispersione scolastica, un fenomeno che in Italia tocca ogni anno 110.000 alunni: lo 0,64% (pari a 10.938 alunni) per la scuola secondaria di I grado e il 3,79% (pari a 98.787 alunni) per la scuola secondaria di II grado. Una cifra che nel complesso ammonta al numero di abitanti di Vicenza, per avere un’idea in termini concreti.

Un dato importante, che si aggiunge a quelli forniti da Eurostat, l’ufficio statistiche dell’Unione Europea, secondo cui nel 2021 il 12,7% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola, fermandosi alla licenza media e da cui emerge che l’Italia è uno dei Paesi con il tasso più alto di abbandono scolastico, seguita da Spagna (13,3%) e Romania (15,3%), ben lontano dalla media europea del 9,7%, fissata al 9% dal Consiglio Ue da raggiungere entro il 2030.

In Italia l’obbligo scolastico, in base alla legge 296/2006, dura 10 anni e va dai 6 ai 16 anni di età.

Vi è inoltre un percorso finalizzato al successivo raggiungimento o di un titolo di scuola superiore oppure di una qualifica professionale, almeno triennale, entro i 18 anni.

In ogni caso, anche per chi ha assolto l’obbligo scolastico, vi è un obbligo formativo: il diritto-dovere di frequentare attività di formazione fino ai 18 anni.

Tuttavia, così non è, soprattutto nelle maggior parte delle regioni del Mezzogiorno dove l’abbandono scolastico supera la media nazionale: 21,1% in Sicilia, 17,6% in Puglia, 16,4% in Campania e 14% in Calabria, come attesta il rapporto della organizzazione Save the Children che scorpora i dati Eurostat, considerando degli indicatori strutturali dei servizi educativi (pagina 11 rapporto Save Children) e confermando l’analisi Istat 2021, secondo cui “laddove la povertà minorile - pari a 1.346.000, ben 209.000 in più rispetto all’anno precedente – è più alta, e sarebbe dunque importante un’offerta formativa di qualità, la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre”.

Si lascia dunque la scuola principalmente per contribuire al reddito del proprio nucleo familiare. Eppure la legge 977 del 1967 prevede che gli adolescenti possano lavorare non prima di aver compiuto i 15 anni e solo dopo aver ottemperato all’obbligo scolastico. Chi impiega ragazzi e ragazze prima dei 16 anni commette un’illegalità. Anzi due, poiché non è possibile stipulare un regolare contratto e questi minori andranno quindi a ingrandire il bacino del lavoro nero.

Reclutamento da parte di organizzazioni criminali e inadeguatezza formativa per chi entra nel mondo del lavoro sono altri effetti dell’abbandono scolastico, causa e insieme conseguenza di mancata crescita, di deficit democratico perché in alcune regioni e in alcuni quartieri è più complesso concludere il percorso di istruzione e indicatore di una deficienza nel sistema in termini di equità, in un Paese che non fa figli.

Se ne sta parlando nel dibattito pubblico, in un anno che si annuncia più difficile dei precedenti, segnati dai grandi disagi psicologici che questa fetta di popolazione - 7,2 milioni tra i 6 e i 18 anni - ha manifestato nel corso della pandemia, con cui inevitabilmente continuerà a fare i conti anche oggi. A cui si aggiungono le questioni sistemiche che da molti anni minano l’offerta formativa, come l’alta mobilità dei docenti, le pluriclassi composte da alunni di età diverse e le scuole sottodimensionate.

Leggi anche
Foto di Oleg Ponomarev, premiata al World Press Photo 2021
Diritti
di Redazione 1 min lettura
Futuro
di Simone Spetia 2 min lettura