Futuro

Stati disuniti e democrazie da salvaguardare

La repressione delle proteste antimonarchiche in Uk mostrano che il malessere viene dal profondo delle società. I sistemi occidentali sono percorsi da terremoti preoccupanti. Una risposta è possibile?
A Edimburgo, una donna è stata arrestata durante una protesta contro la monarchia alla proclamazione di Re Carlo III
A Edimburgo, una donna è stata arrestata durante una protesta contro la monarchia alla proclamazione di Re Carlo III Credit: Peter Byrne/PA Wire
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15 settembre 2022 Aggiornato alle 06:30

In un periodo nel quale le democrazie occidentali sono percorse da conflittualità violente e quotidiane, le celebrazioni per la morte della regina d’Inghilterra hanno segnato un momento di pacificazione, giusto? Sbagliato.

Secondo il Guardian che ha raccolto le notizie in materia, si moltiplicano i casi di proteste contro la monarchia. Il punto è che quelle proteste non alimentano un dibattito intorno all’istituzione, perché vengono represse. La polizia del Regno Unito, mostra il quotidiano britannico, arresta chi manifesta con cartelli contro la monarchia. Tanto che ora i manifestanti vanno in giro con cartelli bianchi per dire quello che pensano senza essere arrestati.

La conflittualità interna alle democrazie è un tema serio. Giuliano Amato nel suo discorso di congedo dalla Corte Costituzionale italiana ha sottolineato fortemente il fenomeno. «Sono aumentati i conflitti fra stati, dentro e fuori l’Unione Europea, sono aumentati i conflitti entro le nostre società statuali, dove i sistemi politici si sono radicalizzati in particolare sui temi valoriali e identitari, rendendo sempre più difficili soluzioni condivise attorno, in primo luogo, a quei temi».

Certo, non è la prima volta che le democrazie devono fronteggiare la protesta e la violenza. Negli anni Settanta, l’Italia è stata sconvolta dalla strategia della tensione realizzata a suon di bombe e attaccata da diverse forme di terrorismo sanguinario. Ma chi pensi che le proteste attuali siano meno gravi perché meno materiali e più confinate nella dimensione dell’espressione non tiene conto della loro efficacia divisiva. I media digitali sui quali tanta parte di queste conflittualità si comunicano e si alimentano hanno forse contribuito con i loro algoritmi orientati a moltiplicare la visibilità dei messaggi più “ingaggianti”, cioè spesso più divisivi.

Ma ovviamente le origini del malessere delle popolazioni che vivono nelle democrazie occidentali non è nella comunicazione ma nell’ineguaglianza, reale e percepita. Decenni concentrazione della ricchezza e del potere non hanno certo favorito la coesione sociale. E un sistema neoliberista sopravvissuto soprattutto promettendo un futuro radioso per tutti, a patto che il presente fosse deregolamentato, non poteva non terminare in una serie di delusioni, se le aspettative che aveva alimentato non erano soddisfatte. I media digitali sembrano perfetti per alimentare la protesta, ma ovviamente non ne sono la causa. Del resto, per quanto vada bilanciata con altri diritti umani, la libertà di espressione è pur sempre una delle caratteristiche distintive della democrazia costituzionale e non può essere repressa senza ridurre la salute della democrazia stessa. La repressione delle proteste antimonarchiche in effetti è una soluzione pragmatica per tenere insieme un Regno che non è del tutto Unito. Ma è una soluzione di breve termine, non è certo una soluzione strategica.

Un cambio di registro nella policy europea è con ogni evidenza in atto e risponde alle cause profonde del malessere democratico. Non è detto che vada alla velocità necessaria. Con tutti i Paesi che profittano ancora del neoliberismo e che non mollano i loro privilegi. Ma dovrà anche essere comunicata meglio, per far sentire il cambio di stagione. Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha spinto molto sulle promesse di aiuto all’Ucraina, ha dovuto mediare sull’intervento europeo per ridurre l’impatto della speculazione nei mercati dell’energia, ma ha sottolineato che almeno 140 miliardi di extra-profitti realizzati dalle compagnie dell’energia grazie alle dinamiche del mercato dovranno tornare alle famiglie e alle altre imprese che hanno sofferto di quelle stesse dinamiche.

«Nella nostra economia sociale di mercato i profitti sono giusti - ha detto von der Leyen - ma non possono essere accumulati sulle spalle dei consumatori: i profitti vanno condivisi e incanalati in modo che vadano a chi ne ha più bisogno». È necessaria una riprogettazione del mercato dell’energia, ha detto: il che significa che nella sua visione il mercato non è un sistema dal quale lo stato deve stare fuori, come volevano far credere i neoliberisti, ma una soluzione che viene protetta a migliorata dall’intervento della policy.

Il cambio di stagione è chiaro. Ma occorre vedere se si concretizzerà abbastanza velocemente. E se diventerà un sentire generalizzato. O se le forze della divisione riusciranno a soffocare la consapevolezza di ciò che conta per il bene comune. La diversità è un valore e non va repressa, ma accompagnata da un modo di discutere che la trasformi in ricchezza e non in divisione. È possibile.

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