Ambiente

Oliver Stone: «Rinnovabili? Meglio il nucleare»

Intervistato da La Svolta, il regista premio Oscar ci ha raccontato del suo ultimo film Nuclear. Perché le rinnovabili «son troppo care»
Oliver Stone alla premiere di "Nuclear" alla 79° Mostra del Cinema di Venezia
Oliver Stone alla premiere di "Nuclear" alla 79° Mostra del Cinema di Venezia
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15 settembre 2022 Aggiornato alle 13:00

«Non sono uno che si tira indietro nel dire quello che pensa, sono fatto in questo modo, parlo in libertà». Ed è proprio vero perché Oliver Stone non si sottrae alle domande, del resto non lo ha mai fatto, nonostante il suo difficile rapporto con i media. Controcorrente e fermamente anarchico, come ama definirsi, il regista premio Oscar, non usa mai mezze misure. È quello che si sente di essere a seconda dei temi che considera urgenti da affrontare nei suoi film e documentari, come è successo a Venezia 79, dove ha presentato fuori concorso, il documentario Nuclear, in cui il regista americano mostra l’unica possibile soluzione all’urgenza del cambiamento climatico: il ritorno al nucleare.

Complice il libro Bright future, di Joshua Goldstein e Staffan Qvist, Stone mette in piedi una tesi che fa discutere. In pratica invita a riaprire e a ricostruire le centrali con microreattori per riattivare l’energia più pulita ed economica possibile: il nucleare. Ma come? E Chernobyl? Fukushima? Stone, dati alla mano, è perentorio.

«Dentro quella centrale vennero compiuti errori, non c’è dubbio - risponde diretto il regista - ma a lavorarci c’erano tecnici molto esperti, tra cui uno che appare in Nuclear spiegando realmente cosa accadde. E comunque stiamo parlando di qualche decina di morti in Russia, nessuno in Giappone (furono terremoto e tsunami a provocare vittime) e negli Stati Uniti (lì gli impianti di sicurezza funzionarono come a Fukushima) in oltre 40 anni di nucleare, a fronte delle centinaia di migliaia di morti che miete continuamente, a esempio, l’industria del carbone».

Che tipo di approccio ha avuto con questo tema?

«Il metodo per realizzare questo documentario, è stato lo stesso che ho usato per JFK -Revisited. Abbiamo girato in Francia, in Cina mentre l’Italia si è tirata indietro. Siamo andati in questi Paesi incoraggiando risposte e studiando la situazione. Abbiamo cercato di capire tutto quello che le istituzioni, la politica, i cittadini, pensano sull’energia rinnovabile. Due anni di lavoro basato sui fatti, sulla ricerca, su un ampio ventaglio di opinioni, di documenti etc. C’è dentro quello che sappiamo del nucleare, quello che dicono gli scienziati, le paure della gente. Il nucleare è una forma di energia che viene respinta dalla maggior parte delle persone, in Italia il suo uso è stato abrogato da un referendum, giusto? E invece andrebbe ripreso in considerazione. Mi piacciono le rinnovabili, ma costano troppo, bisogna pensare anche all’aspetto sociale, e poi richiedono spazi, dipendono dalle condizioni atmosferiche, non offrono certezze e grandi volumi».

Nel documentario c’è anche una ricostruzione storica del nucleare.

«In Nuclear, ho ricostruito la storia dagli albori, ricordando i Curie, Einstein e Mattei, e il percorso della produzione del nucleare in occidente, e la spinta che avvenne negli Stati Uniti, a partire dal primo dopoguerra con Eisenhower e poi con JFK. A quel tempo erano le sette sorelle del petrolio a fomentare odio contro l’uso del nucleare per produrre energia, alimentando i conti in banca dei gruppi ambientalisti degli anni Settanta».

Una teoria confermata dalla testimonianza dell’ex fondatore di Greenpeace, Patrick Moore, e da una serie di dati e documenti.

«Vorrei chiarire che non direi mai qualcosa di non vero neanche inconsapevolmente. I vecchi cartelli del capitalismo dell’energia fossile orientano i loro investimenti e puliscono parte della loro coscienza sporca investendo nelle rinnovabili. Quando invece con gli scarti del nucleare si può desalinizzare l’acqua, gli scarti si possono usare come elettricità o per la produzione dell’acciaio. Gli ambientalisti antinuclearisti si metteranno a cercare tanti errorini in questo documentario e nel farlo andranno semplicemente contro il loro e il nostro interesse futuro».

Ma perché c’è tanta paura del nucleare?

«La nostra generazione è cresciuta con la paura del nucleare come arma offensiva. Spero che questo film possa aiutare a combattere queste paure. L’energia nucleare può servirci e farci progredire. Tutti sanno che tra vent’anni il cambiamento climatico sarà ancora più rapido. Abbiamo figli ventenni e ci stiamo preoccupando per il loro futuro. Tanti paesi stanno cambiando la loro politica dopo aver guardato fuori dalla finestra il cambiamento climatico. Non ci sono altre opzioni, l’energia nucleare è l’unica che può essere implementata rapidamente e per questo è così importante».

Cosa ne pensa delle sanzioni europee al gas russo?

«Non ci sono sanzioni per il nucleare. Ci sono tanti prodotti che non sono soggetti alle sanzioni. Io guardo nel lungo termine. Sono un ottimista e un idealista. Lo sono sempre stato e ho guardato finire in passato uno scontro terribile tra Stati Uniti e Russia. Sto parlando della fine della guerra fredda con Gorbaciov. È stato un periodo straordinario di cooperazione nello spazio tra gli Stati Uniti e la Russia che ha funzionato per anni. La guerra è un passo indietro importante per tutto il mondo. Dobbiamo imparare a cooperare».

La situazione ambientale è molto grave e sottovalutata.

«Siamo pieni di cattive notizie che peggiorano sempre di più: dall’inondazione in Pakistan all’ondata di calore in Europa, dalla siccità peggiorata enormemente negli ultimi 500 anni, ai fiumi che sono quasi a secco. Ci sono tempeste sempre più aggressive. Questi sono tutti avvertimenti per noi esseri umani. La situazione è completamente fuori controllo. I paesi occidentali stanno perdendo tempo e sprecando una quantità enorme di denaro in altro. In America l’armamento costa più del 50% per cento delle nostre spese. Invece di investire in una guerra contro il cambiamento climatico. L’unica guerra che approvo, l’unica in cui tutti i paesi dovrebbero impegnarsi. Il libro da cui ho preso spunto per Nuclear, ci dice che possiamo fare ancora qualcosa. Perché non siamo solo delle vittime.»

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