Diritti

A.D. 2022: 50 milioni di schiavi

Molti sono donne e bambini: per i più piccoli, 1 su 5 è costretto ai lavori forzati. A denunciarlo, il report Onu dell’International Labour Organization
Credit: Antonio Dillard/pexe
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
14 settembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Le persone costrette a lavori e matrimoni forzati stanno aumentando: si attesterebbero attorno ai 50 milioni secondo il rapporto dell’International Labour Organization (ILO) delle Nazioni Unite.

In sostanza, 1 persona su 150 nel mondo versa - al momento - in condizioni di schiavitù, perché “non può rifiutare o non può andarsene a causa di minacce, violenze, inganni, abusi di potere e altre forme di coercizione”.

I buoni propositi dell’Onu di estirpare le moderne forme di schiavitù entro il 2030 sembrano un miraggio lontano, visto il trend negativo degli ultimi anni: una crescita di circa 10 milioni tra il 2016 e il 2021.

L’emergenza pandemica ha aggravato un panorama già di per sé non roseo: alla situazione sanitaria si devono aggiungere infatti i conflitti armati e gli effetti drammatici del cambiamento climatico, che ogni anno costringono centinaia di migliaia di persone a emigrare dal proprio Paese.

La schiavitù è un fenomeno latente in qualsiasi società, anche negli Stati più ricchi. «Sarebbe un errore credere che il lavoro forzato sia solo un problema dei Paesi poveri», ha detto il direttore generale dell’ILO Guy Ryder all’agenzia di stampa francese AFP.

Ovviamente, di questi 50 milioni molti sono donne e bambini: per i più piccoli, 1 persona su 5 nei lavori forzati e più della metà, secondo il report, è vittima di sfruttamento sessuale.

Le forme della schiavitù moderna sono più subdole di quelle passate. Il 14% di coloro che sono sottoposti a lavori forzati, vengono costretti dalle autorità statali: l’abuso del lavoro carcerario obbligatorio è un problema in molti Paesi, anche - come mette in guardia la ricerca - gli Stati Uniti.

Sotto stretta osservazione anche Corea del Nord e Cina. In particolare, quest’ultima anche in ragione del rapporto pubblicato dall’ufficio per i diritti della Nazioni Unite il 31 agosto, in cui si affermava che in Cina erano state commesse gravi violazioni dei diritti umani e la detenzione degli uiguri. Pechino da parte sua ha respinto con forza le accuse e proprio il mese scorso ha ratificato ben due convenzioni contro il lavoro forzato.

Ciò significa che «cominceranno a riferire sulla situazione degli uiguri e questo ci darà nuove opportunità per avere accesso e per approfondire la situazione al riguardo», ha detto Ryder all’Agence France-Presse.

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