Diritti

Forse avevamo ragione, con questa storia del maschile femminile?

Nella sua edizione 2022, Treccani è il primo vocabolario ad aver inserito parole finora registrate solo al maschile. Con l’obiettivo di favorire l’uguaglianza di genere, almeno letteraria
Credit: Amy Shamblen/Unsplash
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
13 settembre 2022 Aggiornato alle 15:00

Pensando ai dizionari spesso la mente evoca immagini di libroni enormi, il più delle volte impolverati, e infarciti di parole una in fila all’altra. Strumenti preziosi per lo studio ma quasi mai percepiti come emblema di innovazione e modernità.

Come a voler sovvertire un luogo comune mai come in questo caso errato, arriva però proprio da un vocabolario una novità importante, che ha come obiettivo accelerare la marcia, ancora lunga va detto, verso il raggiungimento della parità di genere e l’abbattimento degli stereotipi.

Treccani, infatti, nella nuova versione del suo dizionario presentata in questi giorni ha deciso di non privilegiare più il genere maschile ma di registrare anche il femminile di nomi e aggettivi, anche nei casi in cui fino a ora erano state usate parole al maschile per indicare la forma neutra.

Particolare attenzione ai mestieri, che non sono più solo avvocato ma anche avvocata, notaia, medica, soldata, architetta e via discorrendo.

Non mancherà nemmeno direttrice, con buona pace di Beatrice Venezi che ha sempre detto di volersi far chiamare direttore d’orchestra e che, forse, adesso dovrà arrendersi e abbracciare le nuove regole linguistiche. Così come dovranno fare molti uomini, restii a perdere l’esclusività linguistica delle proprie professioni.

Come si legge sul sito ufficiale, “Il vocabolario Treccani è lo specchio del mondo che cambia e il frutto della necessità di validare e dare dignità a una nuova visione della società, che passa inevitabilmente attraverso un nuovo e diverso utilizzo delle parole”.

Parole che per molti non sono altro che lettere una in fila all’altra prive di reale potere, ma delle quali, invece, sottovalutare la potenza è un grave errore perché forma e contenuto spesso viaggiano a braccetto. E se è vero che molte parole feriscono fino al punto di innescare episodi di violenza e bullismo, è anche attraverso un linguaggio corretto che possono prendere slancio piccoli o grandi cambiamenti culturali.

Proprio per questo, iniziative come quella della Treccani sono preziose, anche se la strada della vera uguaglianza è ancora costellata di ostacoli che la politica in primis dovrebbe cercare di rimuovere, invece di essere sistematicamente battuta sul tempo e sulla volontà da altri.

A farlo stavolta sono stati la linguista Valeria Della Valle e il linguista Giuseppe Patota, che hanno diretto l’edizione 2022 della Treccani inserendo tra le parole nuove anche ministra, assessora e senatrice, in contrapposizione alla decisione del Senato di qualche mese fa di non approvare l’emendamento presentato dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Alessandra Maiorino, che prevedeva l’introduzione nel linguaggio istituzionale scritto, proprio dei termini ministra, senatrice, e presidente.

Allora la richiesta di abbandonare il genere unico era apparsa ovvia e l’esito della votazione scontato visto che donne che ricoprono quelle cariche già esistono da tempo. Non è stato però così ma mentre il Parlamento pensa di poter ancora chiamare una ministra ministro, chi di linguaggio e delle sue evoluzioni se ne intende ha manifestato il proprio disaccordo decidendo fortunatamente di andare nella direzione opposta.

Il Treccani è il primo vocabolario della storia della lessicografia italiana a non privilegiare il genere maschile e oltre ai nomi delle professioni ha cambiato anche il modo di registrare gli aggettivi. «Cercando il significato di un aggettivo come bello o adatto – si legge sempre sul sito - troveremo lemmatizzata, ovvero registrata e quindi visualizzata in grassetto, anche la sua forma femminile, seguendo sempre l’ordine alfabetico; bella, bello; adatta, adatto».

Il contenuto del dizionario punta anche a smantellare gli stereotipi di genere, evitando di descrivere le donne come angeli del focolare divise tra fornelli e prole; e gli uomini businessman sempre impegnati e con giacca e cravatta d’ordinanza.

Per spiegare il significato di alcune parole non sono quindi più usate frasi come «La mamma stira», «Il papà va al lavoro», «La mamma cucina», «Il papà legge il giornale» spesso tristemente riportati anche in molti testi scolastici tuttora in dotazione alle scuole elementari. «Saranno invece presenti nuovi esempi di utilizzo e contestualizzazione e sarà evidenziato il carattere offensivo di tutte le parole e di tutti i modi di dire che possono essere lesivi della dignità di ogni persona».

Passi avanti importanti che registrando i cambiamenti della società nella quale viviamo puntano a smantellare pregiudizi e luoghi comuni e a crescere nuove generazioni, a cui il dizionario è principalmente rivolto, più consapevoli e libere.

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