Futuro

La “guerra” tecnologica fra Cina e Stati Uniti

Prosegue, senza sosta, la competizione per la supremazia planetaria fra le due superpotenze, soprattutto nelle componenti tecnologiche più avanzate. Come quelle dei chip
Credit: Umberto/Unsplash
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13 settembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Le multinazionali hi-tech americane che vorranno accedere ai fondi federali dovranno rispettare le nuove linee guida da parte della presidenza Biden, che vietano di costruire nuovi centri di produzione e/o ricerca & sviluppo sul suolo cinese: «Abbiamo intenzione di implementare una serie di barriere per assicurarci che chiunque riceva i fondi del “Chips Act” non possa compromettere la sicurezza nazionale… non sono autorizzati a usare questi soldi per investire in Cina, non possono sviluppare tecnologie all’avanguardia in Cina… per un periodo di 10 anni. Le compagnie che riceveranno il denaro potranno solo espandere le loro strutture già radicate in Cina per servire il mercato cinese», ha dichiarato il Segretario del Commercio Gina Raimondo.

Questo è solo l’ultimo atto di una serie di contromosse sviluppate dalle amministrazioni statunitensi, a partire dalla precedente presidenza di Donald Trump, per tentare di fermare l’ascesa tecnologica della Potenza cinese in procinto di superare il rivale americano. Specialmente nel campo dei semiconduttori, dove nel mese di luglio il Congresso ha approvato il “Chips and Science Act”, un provvedimento dal valore complessivo di 280 miliardi di dollari, con una parte dei fondi, 52 miliardi, destinati specificatamente alla produzione dei semiconduttori americani. «Mirerà alla carenza nazionale di chip per semiconduttori, abbasserà i costi per i consumatori americani e incrementerà l’innovazione scientifica e i posti di lavoro», ha sostenuto Chuck Schumer, leader del Partito Democratico della maggioranza del Senato.

Per lungo tempo gli Stati Uniti hanno sottovalutato i progressi della Cina e la perdita di quote di mercato, tanto che la produzione “made in Usa” è scesa dal 37% del 1990 al 12% del 2021.

Disattenzione, scarsi investimenti sul suolo nazionale e gli effetti delle delocalizzazioni incentivate dalla Globalizzazione degli anni ‘90, hanno favorito sul lungo termine il regime di Pechino, mentre gli Stati Uniti sono diventati fortemente dipendenti da una vasta rete di aziende internazionali non necessariamente legate agli interessi americani.

Questi errori potrebbero essere stati potenzialmente fatali, secondo Nicolas Chaillan, ex Cso (Chief software officer) dell’Air Force americana: «La Cina ha avuto l’enorme vantaggio, in netto contrasto con l’Occidente, del suo sistema autoritario, con una popolazione patriottica e generalmente obbediente quando si tratta della perdita della privacy, e un settore aziendale legato dalla fusione “militare-civile”».

L’intensificarsi dello scontro con la Potenza cinese e il tentativo di disaccoppiamento dalle sue strutture tecnologiche-industriali, sono anche dettati da ragioni di sicurezza nazionale che riguarda la rete 5G. Un campo dove il regime di Xi Jinping, con la multinazionale Huawei, ha acquisito notevoli vantaggi a livello globale, ma che rappresenta un vulnus inaccettabile per l’Occidente, vista l’importanza di questa tecnologia nel campo delle IA, delle smart factories e delle smart cities.

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