Ambiente

Come stanno i ghiacciai italiani?

Non bene secondo i dati dell’ultima Carovana di Legambiente in alta quota. L’associazione parla di «cambiamenti irreversibili e scomparsa sempre più imminente»
Credit: Legambiente
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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8 settembre 2022 Aggiornato alle 11:00

La Carovana dei ghiacciai, la terza edizione della campagna itinerante promossa da Legambiente col supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano, dal 17 agosto al 3 settembre ha toccato con mano le conseguenze della crisi climatica in alta quota.

Drammatico il bilancio dell’associazione ambientalista, che a esperienza conclusa parla di «cambiamenti irreversibili e scomparsa sempre più imminente» per i ghiacciai «in piena emorragia» dell’interno arco alpino, nei quali Legambiente ha riscontrato «perdita di superficie e spessore».

A partire da quello della Marmolada, la Regina delle Dolomiti che il 3 luglio ha visto una parte della sua superficie rovinare a valle a una velocità superiore a 300 km/h provocando 11 morti e 7 feriti.

«Lo scenario è quello di un ghiacciaio che tra 15 anni potrebbe scomparire del tutto – sottolinea il rapporto – registrando nell’ultimo secolo una perdita di più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume».

A rischio anche i ghiacciai del Monte Bianco. Come il Miage, l’himalayano della Valle D’Aosta che in 14 anni ha perso circa 100 milioni di m³di ghiaccio – pari a tre volte il volume dell’idroscalo di Milano) –, e il Pré de Bar, che dal 1990 a oggi registra mediamente 18 metri di arretramento lineare l’anno.

Stessa sorte per il Monte Rosa con il Ghiacciaio di Indren, che in 2 anni ha registrato un arretramento frontale di 64 metri – 40 solo nell’ultimo anno –, dato mai registrato negli ultimi 50 anni e «fortemente preoccupante», secondo Legambiente, per un ghiacciaio al di sopra dei 3.000 metri di quota.

E ancora il Ghiacciaio dei Forni in Lombardia. Nell’ultimo anno il secondo gigante italiano dopo l’Adamello ha registrato un arretramento della fronte di oltre 40 metri lineari, per un totale di circa 400 metri negli ultimi 10 anni, perdendo la sua qualifica di himalayano per effetto della frammentazione in 3 corpi glaciali.

«Inimmaginabile quanto tutto sia cambiato in soli 2 anni, ritornando sui ghiacciai monitorati dalla prima edizione della Carovana», ha commentato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente.

Fa eccezione il Ghiacciaio Occidentale del Montasio in Friuli-Venezia Giulia. Pur avendo subito una perdita di volume del 75% circa e una riduzione di spessore pari a 40 metri in un secolo, dal 2005 questo ghiacciaio «piccolo ma resistente» risulta stabilizzato in controtendenza rispetto agli altri compagni alpini.

«I dati raccolti richiedono in maniera inequivocabile un cambio di rotta immediato – osserva Giorgio Zampetti, direttore nazionale Legambiente –. Il Paese smetta di inseguire l’emergenza. Occorre accelerare piuttosto nelle politiche di mitigazione, riducendo drasticamente l’utilizzo di fonti fossili, e attuare un concreto piano di adattamento al cambiamento climatico».

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