Ambiente

Raccontare il cambiamento

Le conoscenze a disposizione ci possono aiutare a fare scelte importanti che riguardano l’ambiente, l’economia e i nostri rapporti con gli altri?
Credit: Javier Allegue Barros
Tempo di lettura 5 min lettura
3 gennaio 2022 Aggiornato alle 10:00

Come si parla delle cose che stanno cambiando?

Come si può fare informazione sulla transizione che stiamo vivendo? E sul Covid-19, sul cambiamento climatico, sull’ambiente?

È una questione delicata perché l’informazione, soprattutto quella a carattere scientifico, mostra una reputazione sempre più altalenante e ogni giorno sembra guadagnare o perdere improvvisamente credibilità a seconda di quello che si discute.

In realtà a monte c’è un grande equivoco che riguarda quello che possiamo o non possiamo domandare alla scienza.

Distratti da una sovrabbondanza di informazione self service, che offre notizie puntuali e risposte precise su qualunque cosa, ci siamo abituati all’idea che la competenza consista nella capacità di dare certezze. E pensiamo quindi che anche gli scienziati, se sono davvero competenti, debbano dare risposte rapide e sicure sciogliendo tutti i nostri dubbi.

Quest’idea della scienza che offre certezze, attraverso l’esattezza dei suoi strumenti, è cresciuta verso la fine dell’Ottocento, sull’onda dei successi tecnici e industriali, quando gli ingegneri costruivano monumenti alla razionalità, come la Tour Eiffel, Jules Verne immaginava di andare dalla terra alla luna sparati da un cannone e si riteneva che qualunque fenomeno avesse cause razionali che, una volta indagate, lo rendevano perfettamente governabile.

E poi è arrivata la doccia fredda. Da circa cento anni a questa parte quella rassicurante architettura di certezze è andata in fumo e, a partire dalla fisica, tutte le scienze hanno cominciato a fare i conti con criteri più sfuggenti (indeterminazione, relatività, probabilismo, falsificabilità, sistemi complessi, caos) perdendo la loro capacità di dare risposte univoche.

O meglio, abbiamo ottime informazioni su una serie di fenomeni ben circoscritti, sappiamo come funziona un muone e possiamo tracciare la traiettoria di una sonda da qui a Marte, ma è diventato chiaro che per prevedere e governare i fenomeni più complessi – a esempio il mutamento climatico – occorre che la scienza si doti di una nuova “intelligenza sistemica” di cui siamo ancora agli albori.

Ma allora, mentre si muovono tutti i cambiamenti e si moltiplicano le incertezze, che domande possiamo fare alla scienza per avere risposte che ci aiutino a guardare il futuro? Le conoscenze a disposizione ci possono aiutare a fare scelte importanti che riguardano l’ambiente, l’economia e i nostri rapporti con gli altri? E come facciamo a esserne informati in modo efficace?

In realtà un criterio guida ce l’abbiamo. Si tratta di quella che chiamiamo convenzionalmente “intelligenza” cioè la particolare capacità della nostra specie di cogliere la complessità, osservare un fenomeno e “capirlo” nel suo insieme, senza farci distrarre dai suoi dettagli.

Sembra una dote particolare, riservata a pochi, ma in realtà la utilizziamo ogni giorno a prescindere dal nostro curriculum di studi. È quello che succede quando capiamo che un nostro collega oggi è di cattivo umore, o quando guardiamo il cielo intuendo che il tempo (lì dove siamo) si mette al brutto.

È uno strumento straordinario in dotazione a tutti, anche alla nonna che a Natale intuisce nella nostra faccia la vibrazione di panico con cui accogliamo il suo golfino a losanghe appena regalato e aggiunge preoccupata: “carino vero?”. Attenzione: la nonna non fa un’analisi scientifica dei nostri gesti, non misura i millimetri di distorsione del nostro sorriso agli angoli della bocca, semplicemente “intuisce” il nostro imbarazzo facendo una rapidissima sintesi delle relazioni tra una miriade di elementi che non sarebbe in grado di dettagliare, e ne trae la diagnosi – non certa ma sufficiente probabile da essere allarmante – che quel golfino non lo porteremo mai.

In pratica la nostra intelligenza, quando funziona bene, ci mette nella condizione di decifrare fenomeni complessi interpretando non “le cose” ma “le relazioni tra le cose”. E poiché le relazioni sono sempre dinamiche e articolate, quello che ne viene fuori non è una certezza ma piuttosto un orientamento, un’intuizione, una previsione, insomma qualcosa che riteniamo più probabile di qualcos’altro.

La cosa interessante è che attualmente il nostro sistema di conoscenze, scientifiche e tecniche, sta andando nella stessa direzione.

Per secoli abbiamo suddiviso il sapere in discipline distinte, sempre più indipendenti le une dalle altre (separando quelle scientifiche da quelle sociali), ma oggi le cosiddette “scienze della complessità” stanno compiendo una trasformazione straordinaria: stanno facendo su grandissima scala un’operazione analoga a quella della nonna di cui sopra.

L’informatica e l’economia, l’ingegneria genetica e la robotica, la climatologia e le scienze sociali si scambiano metodi e visioni. In pratica, queste nuove linee di studio – con l’aiuto dell’innovazione tecnologica e di una capacità impressionante di analisi dei dati – inventano nuove combinazioni tra i diversi saperi, per riuscire ad affrontare questioni che le vecchie discipline, da sole, non sarebbero mai riuscite a risolvere.

Ma dobbiamo scordarci quelle vecchie e rassicuranti certezze sulle quali abbiamo tentato per anni di disegnare il nostro futuro.

Oggi è tutto in velocissima transizione. Non c’è una sola strada da percorrere ma ce ne sono molte da combinare. Chi propone troppe semplificazioni, cercando scorciatoie, non è di nessun aiuto.

Quando parliamo di ambiente, di grandi mutamenti sociali, di innovazione e di futuro dobbiamo sapere che ogni novità che interviene è solo una tessera del mosaico che ci aiuta a capire, caso per caso, quali saranno le scelte da fare. Si può sbagliare, e l’importante è cambiare subito strategia. Con intelligenza.

L’informazione giornalistica può fare la sua parte.

La fa ogni volta che lega le notizie tra loro, rende trasparenti i rapporti tra i diversi problemi, accetta il contraddittorio, non cede alle semplificazioni facili e accoglie le idee dei più giovani.

La Svolta comincia oggi questo percorso. Molti auguri per il 2022.