Diritti

Nizza: il processo al “folle camionista” parte solo ora, dopo 6 anni

Nel 2016 un uomo alla guida di un camion investì e uccise 86 persone, ferendone altre 400. Alle 13:30 inizia il processo a Parigi, ma l’autore materiale della strage non ci sarà
15 ottobre 2016: un'immagine dalla cerimonia nazionale per le 86 vittime dell'attentato terroristico di Nizza alla Colline du Château. Il Presidente francese François Hollande presenzia insieme a molti ministri e politici davanti a circa 2000 presnti, tra cui le famiglie delle vittime e le forze di soccorso.
15 ottobre 2016: un'immagine dalla cerimonia nazionale per le 86 vittime dell'attentato terroristico di Nizza alla Colline du Château. Il Presidente francese François Hollande presenzia insieme a molti ministri e politici davanti a circa 2000 presnti, tra cui le famiglie delle vittime e le forze di soccorso. Credit: Shootpix/ABACAPRESS.COM
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
5 settembre 2022 Aggiornato alle 13:10

Erano le dieci e mezza di sera del 14 luglio 2016 quando l’affollatissima Promenade des Anglais, la passeggiata che costeggia il lungomare di Nizza, venne invasa da un camion guidato da un uomo, Mohamed Lahouaiej Bouhlel. Morirono 86 persone quella sera, bersagli di una furia omicida impegnata a fare più vittime possibili, e ne rimasero ferite altre 400. Oggi, a 6 anni di distanza, inizia il processo per l‘attentato che sconvolse la Francia e l’intera Europa in soli 4 minuti.

Andranno a processo 7 uomini e 1 donna, ma non l’autore materiale della strage: il trentunenne franco-tunisino venne ucciso a colpi di arma da fuoco dalla polizia che intervenne quella drammatica sera di mezza estate. Secondo l’accusa gli imputati, tra i 27 e i 48 anni di età, conoscevano le intenzioni dell’attentatore e gli avrebbero fornito supporto logistico e armi.

In particolare, Ramzi Kevin Arefa, Chokri Chafroud e Mohamed Ghraieb devono rispondere del reato di associazione a delinquere a scopo terroristico; Maksim Celaj, Endri Elezi, Artan Henaj, Brahim Tritou e Enkeledja Zace, invece, saranno giudicati per traffico d’armi, quelle con cui l’omicida sparò dall’abitacolo del camion mentre procedeva a zig zag in mezzo alla folla. Nessuno di loro sarà processato per complicità per mancanza di prove a carico.

Anche se 36 ore dopo l’attacco lo Stato islamico reclamò la strage, secondo i gip si trattò di un atto di “pura opportunità”: in 4 anni di indagini non sono mai stati trovati legami o tracce di affiliazione tra l’organizzazione terroristica e Mohamed Lahouaiej Bouhlel, la cui corsa venne interrotta da un guasto meccanico.

Il processo senza autori né complici del crimine si tiene nell’aula bunker costruita nel Palazzo di Giustizia di Parigi per le udienze relative agli attentati di matrice islamica del 13 novembre 2015: per gli attacchi che terrorizzarono 6 luoghi diversi della capitale francese, tra cui il Bataclan, lo storico locale parigino nell’XI arrondissement, sono stati condannati 19 dei 20 imputati, tra cui l’unico sopravvissuto Salah Abdeslam. Quello di Nizza è stato il secondo attentato più sanguinoso del Paese, dopo quelli di Parigi in cui morirono 137 persone, inclusi 7 attentatori.

La delibera del giudice Laurent Raviot, che come riporta il quotidiano francese Libération è un “grande specialista in contenzioso terroristico”, è prevista per il 16 dicembre 2022. I numeri di questo processo, spiega il quotidiano, “sono da capogiro: 64 giorni di udienze, 865 parti civili costituite in questa fase e circa 2.500 vittime risarcite dal Fondo di Garanzia, 133 avvocati, di cui 14 in difesa, e un centinaio di media accreditati”.

Sophie Hébert, del collettivo 14-7 Lawyers, che riunisce una trentina di professionisti di Nizza e Parigi, ha spiegato a Libération che «alcune vittime hanno difficoltà a trovare un senso in questo processo, proprio per l’assenza del principale colpevole». Ma sarà anche un’occasione per ricostruire i ricordi e le vite spezzate sei anni fa, trovarsi faccia a faccia con gli accusati, far sentire la voce di chi è sopravvissuto a quella notte spaventosa.

«Voglio parlare di mia madre, per dire chi era - ha detto al quotidiano Célia Viale, parente di una delle vittime - La caratteristica dei crimini di massa è che dimentichiamo che sono stati uccisi individui con la identità e storie uniche».

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